venerdì 21 febbraio 2014

UCRAINA : IL NAZISMO CHE NON C'ENTRA


Sempre in ordine alla questione Ucraina, su cui personalmente mi sono espresso nel post " Ucraina, una situazione complessa, dove i cattivi superano i buoni", ho trovato molto interessante e anche utile ad una maggiore comprensione della crisi politica e nazionale di quel paese l'articolo riportato oggi sul Corriere della Sera di Anne Applebaum, editorialista del Washington Post e vincitrice di un premio Pulitzer. 
Intanto Adriano Sofri sulla sua pagina FB posta : " Secondo qualcuno, è di sinistra interpretare la rivolta di Kiev come una riedizione di Stalingrado: ucraini nazisti contro patrioti russi. Poi ci vediamo a Yalta."
Buona Lettura 

"Da «assistenza» a «nazisti». Lessico (con traduzioni) per interpretare la crisi"
 

La crisi ucraina può sembrare oscura a chi non conosce l’argomento — in realtà anche a chi lo segue da molti anni. Gli ucraini hanno un presidente, Viktor Yanukovich, che si è conferito e poi revocato poteri dittatoriali; ha annunciato e rotto una tregua; afferma di applicare la legge ma ingaggia delinquenti che trascinano i giornalisti fuori dalle auto e gli sparano. Intanto, l’opposizione ucraina ha tre leader diversi che, in qualunque momento, possono o meno controllare realmente la protesta ucraina. Tale opacità contribuisce a spiegare come mai l’Ucraina, dopo anni di stabilità, è diventata improvvisamente violenta e imprevedibile. Aiuta anche a spiegare perché molti, dentro e fuori il Paese, usano cliché storici per descrivere la situazione. Spesso, quei cliché servono a fare gli interessi di chi li usa. A volte sono solo cattive semplificazioni. In ogni caso, quella che segue è un’agile guida ai termini, parole e frasi da trattare con profondo scetticismo.
Assistenza fraterna
E’ un’espressione sovietica, utilizzata in passato per giustificare l’invasione sovietica di Praga nel 1968 e dell’Afghanistan nel 1979. «L’assistenza fraterna» serviva a evitare la rivolta, violenta o pacifica, degli Stati fantoccio. A dicembre, il presidente russo, Vladimir Putin, ha definito l’Ucraina un Paese «fraterno», indicando che la considera come uno Stato fantoccio. Questa settimana, un importante parlamentare russo ha dichiarato che lui e i suoi colleghi sono «pronti a dare tutta l’assistenza necessaria, qualora la fraterna popolazione ucraina dovesse chiederla». Questo potrebbe essere lo spunto per le organizzazioni filo-russe in Ucraina per chiedere l’intervento russo.
Operazione antiterroristica
E’ un’espressione dell’era Putin, utilizzata per giustificare l’invasione russa della Cecenia nel 1999. «Operazione antiterroristica» significa che è permesso tutto: il termine dava carta bianca ai russi di distruggere Grozny, la capitale cecena. É per questo che ha provocato orrore il monito del ministro della Difesa ucraino, secondo cui l’esercito «potrebbe essere impiegato in territorio ucraino per operazioni antiterroristiche».
«Colpo di Stato»
Questa espressione più universale è stata usata da novembre sia dal governo ucraino che dai commentatori russi per descrivere le proteste di strada a Kiev e altrove. Può voler dire qualunque cosa da «proteste pacifiche che non gradiamo» a «manifestanti che usano violenza contro la polizia» ma in entrambi i casi è un termine usato per giustificare una «operazione antiterroristica», e non necessariamente per descrivere un vero colpo di Stato.
«Nazisti» o «fascisti»
Questi termini storici sono stati usati per mesi da funzionari russi e ucraini per descrivere un’ampia schiera di leader e gruppi di opposizione. Su internet sono circolate foto false di inesistenti poster di Hitler a Kiev; recentemente il ministro degli Esteri russo ha rimproverato i suoi colleghi tedeschi di appoggiare i simpatizzanti di Hitler. C’è sicuramente un’estrema-destra in Ucraina, sebbene sia molto più piccola di quella francese, austriaca o olandese, e i suoi membri sono effettivamente diventati più violenti sotto la pressione dei manganelli, dei proiettili e degli attacchi della polizia. Al contempo, chi diffonde questi termini dovrebbe ricordare che in questa regione la più accesa retorica antisemita, omofoba e xenofoba non viene dall’estrema destra ma dalla stampa russa, e, in fin dei conti, dal regime russo. Come ha scritto lo storico Tim Snyder «il governo ucraino racconta a se stesso che i suoi oppositori sono ebrei e a noi che sono nazisti». Le macchie rimangono: Romano Prodi, già presidente della Commissione Europea ha appena scritto un blando articolo critico verso gruppi di estrema destra ucraini, come se fossero il problema maggiore.
Divisioni etnolinguistiche o «situazione jugoslava»
Questi termini sono ancora più subdoli, usati sia in Occidente sia in Russia, per spiegare che il conflitto in Ucraina è atavico, inspiegabile, generato dall’odio profondo. In realtà, questo non è affatto un conflitto etnico. E’ un conflitto politico e — malgrado la sua attuale opacità — fondamentalmente non così difficile da capire. Contrappone gli ucraini — di lingua russa e ucraina — che vogliono vivere in una democrazia «europea» garante dei diritti umani e dello Stato di diritto, contro gli ucraini — anche qui sia di lingua russa che ucraina — a favore di un regime non democratico, oligarchico, capitalista, dipendente dalla Russia. Alcuni simpatizzanti del regime possono credere di combattere i fascisti e gli omosessuali europei militanti; altri possono semplicemente temere che le riforme radicali costeranno i loro stipendi. In ogni caso, questa non è una battaglia per una lingua o una chiesa. È una controversia profonda, fondamentale sulla natura dello Stato, le alleanze internazionali del Paese, il suo sistema legale, la sua economia, il suo futuro. Considerata la posta in palio per l’Ucraina, il minimo che noi osservatori esterni possiamo fare è di evitare sciocchi stereotipi quando discutiamo del suo destino.

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