Quando ero giovane, parliamo di una trentina di anni fa, la Magistratura era, insieme all'Arma dei Carabinieri e al Capo dello Stato l'istituzione di cui gli italiani si fidavano di più. L'87% era l'indice di apprezzamento dei cittadini. Qualcosa deve essere accaduto se è scesa poco sopra il 40%...
Se chiedi a loro, ti dicono che è colpa della delegittimazione dell'era berlusconiana, se chiedi ad altri, è colpa della loro calata massiccia in politica, con la formazione di un gruppo, magistratura democratica, che ha staturiamente stravolto il ruolo del giudice, non più soggetto alla legge ma semmai ispirato, nell'esercizio di un ruolo che diveniva potere, ai soli principi della Costituzione, che in quanto principi, sono concetti ampi e soggetti ad amplissima interpretazione. Che peraltro NON spetta al singolo magistrato. Il giudice infatti che ritiene che una legge che è chiamato ad applicare NON sia conforme al dettato costituzionale, non può ignorarla e sentenziare come se la stessa non ci fosse, ma deve sollevare la questione all'apposita Corte istituita a questo scopo, sospendendo il processo. Molti giudici lo fanno, altri, di questa genia, no.
Non è l'unico aspetto, e presto dedicherò almeno un paio di post (uno non basterebbe) alla approfondita analisi della saldatura tra magistratura (parte di essa, nemmeno maggioritaria, ma è quella che decide) e la sinistra politica fatta da Cerasa nel suo bel libro "Le Catene della Sinistra". Del resto il numero di ex magistrati passati alla politica attiva è divenuto imbarazzante negli ultimi tempi, tanto da alimentare il sospetto che fin dall'inizio la vocazione di molti di loro non fosse quella giuridica, ma fu (ben) valutato come la toga potesse essere un buon trampolino di lancio per gente che altrimenti sarebbe rimasta assolutamente sconosciuta ( e quindi priva di appeal elettorale, anche per le segreterie partitiche). Tenete d'occhio Woodcock.
Pierluigi Battista, nel suo editoriale odierno sul Corsera, mette l'indice sulle resistenze sindacali e di casta dei magistrati , che si lamentano se il governo vuole estendere il tetto retributivo adottato anche per le altre alte cariche della PA, si oppongono strenuamente se un parlamentare (il coraggioso Giachetti, che prova a battersi pure per la responsabilità civile di questi signori ! figuriamoci !) cerca di mettere un limite allo scandalo dei fuori ruolo, e adesso si sentono le grida fino al cielo per la proposta di ridurre di due anni il tetto per l'età pensionabile, estesa fino ai 75 anni.
C'è da chiedersi come mai questi signori sono così attaccati al loro ruolo...Cosa analoga l'ho vista accadere in pochi altri casi, tra questi, guarda un po', i baroni universitari.
La cosa insopportabile, osserva giustamente Battista, è l'invocare sempre e comunque la loro indipendenza sacrale, come se guadagnare 240.000 euro, e non di più, la minacciasse, o se due anni di prepensionamento, con salutare, diciamelo, svecchiamento, fossero un attentato alla stessa.
Ma in realtà per loro, divenuti tra i conservatori più retrivi della repubblica, qualsiasi cambiamento di una posizione di privilegio sconosciuto a qualsiasi altra categoria sociale nazionale, è un attentato.
Come mi ripete spesso il mio amico Annetta (che lo ripeta a me però serve pochino, magari se fa una passeggiata dalle sue parti, di domenica, quando il suo amico a volte torna in famiglia...), dopo anni di ebbrezza , dove l'influenza forte sulla politica si è accompagnata anche a privilegi economici e di carriera, non ci sarà un modo soft per farli rientrare nelle caserme da cui sono usciti 'sti qui.
Buona Lettura
La mescolanza
dei princìpi
di PIERLUIGI BATTISTA
La riforma della Pubblica amministrazione annunciata dal governo rischia di incagliarsi. Ne stanno rallentando l’ iter le proteste dei magistrati. I quali contestano con ardore l’abbassamento dell’età pensionabile che consentirebbe l’avvio del turnover nel pubblico impiego e l’immissione di forze giovani nei gangli dello Stato. Il governo ha già dichiarato che modulerà i tempi di attuazione del provvedimento per non lasciare traumaticamente sguarniti gli uffici giudiziari. Ma i magistrati insistono. E cercano di frenare, sinora con relativo successo. Bollano un normale avvicendamento come un attentato all’integrità della magistratura. Prefigurano conseguenze apocalittiche su un provvedimento di snellimento burocratico e generazionale. Resistono e ostacolano l’azione del governo. E nella trincea corporativa non esitano a scomodare princìpi sommi come «l’indipendenza» della magistratura: tutto questo solo per due anni di pensione anticipata.
Ovviamente, come del resto è già stato fatto, si può criticare un provvedimento che capovolge la ratio di una riforma delle pensioni che posticipava l’età pensionabile anche per arginare le spese dello Stato. Così come non c’è niente di male che l’organo sindacale dei magistrati, l’Anm, si disponga a difesa delle tasche e delle condizioni di lavoro di chi ha il diritto alle tutele che ogni lavoratore deve avere dalla sua in uno Stato democratico. Ma i magistrati non sono lavoratori come tutti gli altri. Lo sanno anche loro. E per non prestare il fianco alle critiche di chi li accusa di attestarsi in una difesa meschina dei propri interessi, mettono in campo in modo magniloquente allarmi sulla democrazia in pericolo e sulla magistratura calpestata. Le cronache raccontano che anche nel 2002 e nel 2006 i magistrati gridarono all’«indipendenza» minacciata: ma in quei due casi il pericolo veniva dalla proposta di alzare l’età pensionabile, non già di abbassarla. L’«indipendenza» non c’entrava niente, allora come adesso. Ma una potente corporazione ha fatto ricorso ai sacri valori della convivenza democratica per difendere lo status quo . Anche qualche mese fa, quando il governo Renzi per finanziare alcuni sgravi fiscali ha esteso ai magistrati il rispetto del tetto di 240 mila euro di retribuzione annua, l’Associazione nazionale magistrati ha invocato una sentenza della Corte costituzionale in cui veniva dichiarata perentoriamente una connessione molto apprezzata dal «partito dei giudici»: «L’indipendenza degli organi giurisdizionali si realizza anche con l’apprezzamento di misure di garanzia circa lo status dei componenti concernenti, oltre alla progressione in carriera, anche il trattamento economico». La mescolanza indebita di princìpi altisonanti con questioni più prosaiche di trattamento sindacale non alimenta certo le simpatie dell’opinione pubblica per una categoria che con la sua coriacea difesa di corpo rischia di iscriversi nel fronte della conservazione che paralizza l’Italia e le riforme di cui ha bisogno. E una riforma della Pubblica amministrazione non può inabissarsi per due anni di pensione anticipata. Che con l’indipendenza della magistratura non c’entra niente.
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