venerdì 20 giugno 2014

IL SOLITO SABELLI PICCATO REPLICA ALL'EDITORIALE DI PIERLUIGI BATTISTA (CHE GLI RISPONDE PER LE RIME)

Ieri avevi pubblicato l'editoriale di Pierluigi Battista che esortava i magistrati a non sfruttare eccessivamente - e fuori luogo - il solito scudo dell'indipendenza.
Puntuale arriva la replica piccata di Sabelli, presidente del sindacato (loro non vogliono che si chiami così, ma questo è ) dei magistrati denominato ANM, che seccato fa una serie di domande retoriche e  negando, come sempre, l'evidenza : che i magistrati sono una corporazione, ormai gonfia di privilegi, e per questo difendono strenuamente lo status quo, perché qualsiasi riforma vera e seria NON può prescindere dal loro ridimensionamento, che non significa vessarli, ma riportarli nei loro confini, da tempo travalicati. 
L' Editoriale contestato da Sabelli lo trovate qui http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/06/linvocazione-continua-dellindipendenza.html
mentre di seguito sia l'intervento della Camusso in veste togata che la succinta, ma efficace replica di Battista


Anm: magistrati e responsabilità civile

«Soltanto lo Stato, ove abbia dovuto concedere una riparazione, può richiedere l’accertamento di una responsabilità civile del giudice attraverso un’azione innanzi ad un tribunale». Non è una dichiarazione dell’Anm ma è quanto si legge nella Raccomandazione n. 12/2010 del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa. Purtroppo, mi accorgo che si fatica a trascinare la discussione relativa ai temi della giustizia fuori da quel clima da «derby ideologico» (l’espressione è del presidente del Consiglio), che si alimenta di una deprimente superficialità e di pregiudizi diffusi, che trasmettono, della magistratura, l’immagine di una casta conservatrice, di una corporazione privilegiata e autoprotettiva. Dunque, è mai possibile che Pierluigi Battista, nel suo articolo «Ora Vostro Onore pagate per l’errore» (Corriere, 16 giugno), possa ignorare la differenza fra azione diretta (della cui illegittimità, in realtà, pochi dubitano) e disciplina della responsabilità civile? Possibile che non colga le conseguenze paralizzanti e distorsive di un’azione civile diretta contro il magistrato, per le incompatibilità che genera e per il condizionamento che produce? Possibile che la discussione su temi così delicati e così seri – responsabilità, indipendenza, giurisdizione – tanto spesso degradi a un tifo di parte che trasforma il confronto in una rissa confusa delle idee? In questi giorni, il tema della responsabilità si intreccia con quello della riduzione dell’età pensionabile dei magistrati. Sono questioni diverse, che vanno tenute distinte. Non voglio approfondire qui l’argomento della responsabilità civile; basti ricordare che esso tocca la nostra indipendenza e attinge il cuore della giurisdizione. La riforma dell’età, invece, incide sulla buona organizzazione e sull’efficienza e dunque sulla qualità della giustizia che rendiamo ai cittadini. Qui l’indipendenza non c’entra. In realtà, l’Anm non si oppone affatto alla riduzione dell’età massima di servizio, tanto più che, nel 1992 e nel 2002, la magistratura non richiese e anzi ne criticò l’aumento. Non può, però, non mettere in guardia dai rischi di un eventuale intervento effettuato in via di urgenza, senza un’adeguata gradualità; senza considerare attentamente gli effetti che il pensionamento contemporaneo di oltre 300 o 400 magistrati produrrebbe sulla Cassazione e sui vertici degli altri uffici giudiziari; senza tenere conto, in concreto, dei tempi necessari per coprire le vacanze e ripianare gli organici; senza valutare quali sarebbero gli effetti sui processi; senza agevolare ai giovani laureati l’accesso al concorso in magistratura. Dunque, è fuori luogo ridurre tale invito alla ponderazione a una difesa corporativa, come Battista suggerisce nell’articolo del 14 giugno «Se tagliare gli stipendi e anticipare la pensione per i giudici è un attacco all’indipendenza» e come ripete nell’altro del 19 giugno «La mescolanza dei princìpi». Caro Battista, i magistrati hanno troppo rispetto del principio di indipendenza per farne lo scudo pretestuoso di un privilegio e ancor meno possono accettare insinuazioni sulla loro fibra morale allorché si affronti il tema delle retribuzioni. E’ così difficile comprendere che la riduzione unilaterale degli stipendi è un’arma con cui si può condizionare una (qualsiasi) categoria e che se ciò riguarda la magistratura si mettono in pericolo almeno un paio di principi costituzionali? Possibile che io debba ripetere ancora una volta che, invece, la magistratura associata non ha mai, dico mai, affermato che un tetto massimo alle retribuzioni, imposto per ragioni di equità sociale, sia un attentato all’indipendenza? Una magistratura che non sapesse ragionare di se stessa e cogliere le necessità di cambiamento espresse dalla società in cui opera sarebbe destinata a perdere di autorevolezza e di ruolo. Dunque, la magistratura è aperta alle riforme ma queste non possono che svolgersi nel rispetto dell’attuale assetto costituzionale della giurisdizione. La magistratura associata è meno corporativa di quanto si creda e di quanto la si voglia fare apparire e intende contribuire alle buone riforme, ma in un confronto senza pregiudizi, fuori da quella notte in cui tutte le idee, come le vacche, diventano bigie .
Rodolfo Sabelli, presidente Anm



Possibile che il presidente dell’Anm tenga in così palese disprezzo i princìpi della democrazia da ignorare la volontà dell’80 per cento degli italiani che si è espresso a favore della responsabilità civile dei giudici? Possibile che continui a non deplorare chi, affiliato alla sua organizzazione sindacale, ha commesso un’ingiustizia per «dolo» e «colpa grave»? Possibile che non capisca che la parola «indipendenza» andrebbe bandita quando si parla di retribuzione ed età pensionabile?

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