Con grande piacere ho constato che Piero Ostellino è giornalista molto apprezzato anche dai lettori del Camerlengo, che posta con discreta regolarità la sua rubrica del sabato sul Corriere della Sera, denominata "Il Dubbio". Non sempre, anche se più spesso, condivido il pensiero di Ostellino, un grande liberale e conoscitore di storia e filosofia moderna, e questo mi accade soprattutto quando si scaglia a testa bassa contro l'attuale Premier. Io, l'ho scritto più volte, sono un deluso di Renzino, e non lesino critiche né la pubblicazione di commentatori autorevoli perplessi, molto, del modus operandi del capo del governo. Però nessuno arriva al fuoco polemico di Ostellino, che francamente, in certi termini, mi pare esagerato.
L'articolo odierno però non parla del presidente del Consiglio, e invece parte dal giusto biasimo per una pronuncia di un giudice impegnato, invece che ad applicare la legge - anche concedendo le attenuanti del caso - a fare "giustizia sociale".
Che ovviamente non è il suo ruolo. Ma il problema è più generale, e il caos crescente, con relativa insicurezza, può portare, teme Ostellino, a scenari antidemocratici pericolosi. A dire il vero, Pansa questo allarme lo ha lanciato già da tempo.
Pessimismo di giornalisti famosi ma in là con gli anni ? C'è da augurarselo.
Se lo Stato «protegge»
le occupazioni abusive
di Piero Ostellino
Una cittadina italiana va all’estero, temporaneamente, per ragioni di studio. Torna e trova la sua villetta occupata abusivamente da una famiglia di romeni. Si rivolge alla polizia e la vicenda finisce davanti a un giudice. Che assolve i romeni «perché bisognosi».
Dunque. Con una sentenza, un magistrato populista — che, probabilmente, si ritiene depositario di una giustizia (sociale?) superiore a quella che dovrebbe amministrare — ha cancellato alcuni princìpi a fondamento dello Stato moderno e della convivenza civile: nessuno, neppure nell’indigenza più nera, ha diritto di farsi giustizia da sé; compito dello Stato è tutelare libertà e diritti dei cittadini, compresi quelli che attengono alla proprietà privata. A raccontare il fatto è il Giornale , quotidiano «di destra» per il populismo politicamente corretto. Perché nessun procuratore, nessun magistrato — sempre solleciti a denunciare per diffamazione chi si chieda in che razza di mani sia finita la giustizia italiana — ha aperto un fascicolo contro una tale violazione della legge, della storia, del senso comune che infanga l’Italia? E che ci sta a fare il Consiglio superiore della magistratura se non prende provvedimenti disciplinari? Lo fa in nome dell’autonomia di giudizio del giudice? Non facciamo ridere...
La sensazione è che non solo lo Stato di diritto, ma anche il senso comune si stiano progressivamente dissolvendo in questo nostro Paese, che corre sistematicamente appresso alle mode e che è perciò diventato terreno di scorribande legittimate da una malintesa idea della giustizia sociale. I disordini, gli attacchi a polizia e carabinieri che fanno il loro mestiere sgombrando le case occupate — disordini e attacchi provocati, non a caso, da centri sociali, che di sociale hanno solo l’inclinazione a violare la legge — ne sono la prova. Il ceto medio, che finora ne ha fatto prevalentemente le spese, tace. Ma il giorno in cui aprisse bocca saremmo, per ragioni di forza maggiore, alla vigilia di una nuova forma di ordine imposto da un qualche governo autoritario. Come nel ’22, quando comparve Mussolini di fronte ai disordini del dopoguerra e agli echi della Rivoluzione d’ottobre. Il rischio aumenta e, quel che è peggio, a tacerne, o ad accrescerlo, sono spesso gli sproloqui degli intellettuali cosiddetti progressisti, proprio coloro i quali dovrebbero denunciarlo e condannarlo. Forse, dovremmo rifletterci su, prima che sia troppo tardi...
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