Sulla cosa in sé sarei anche d'accordo. Un 4 ben può sanzionare sufficientemente l'impreparazione dello studente. Però sono le motivazioni del Preside che mi hanno lasciato perplesso...il fatto che questi ragazzi "Non sono come noi" intendendo evidentemente che sono più "fragili", e vanno più rapidamente in crisi.
La perplessità non deriva dalla non condivisione. Anche io penso che i ragazzi di oggi siano più fragili. Però credo che questo derivi da un "eccesso di comprensione".
Siamo passati da genitori distratti, dove i figli erano una cosa "normale", da tirare su secondo regole non dico spartane ma certo non "montessoriane", a degli autentici SOVRANI, preziosi come porcellane, che molto spesso diventano piccoli dittatori.
Devo dire che qualcosina, ma poco, sta cambiando, almeno nella letteratura psico-pedagogica, dove finalmente in diversi si sono accorti che i genitori "amici" sono una colossale MENZOGNA, di gran moda negli anni 70, 80 e tuttora resistente, ma DELETERIA per l'educazione di un figlio. Per non parlare delle mamme chiocce, che però ci sono sempre state, ancorché in misura meno vasta e asfissiante, a cui si sono aggiunti i papini orsetti, vera razza di invertebrati molto orgogliosi dell loro saper essere anche "madri" e dimenticandosi del tutto cosa significhi essere padri.
Da questo binomio di gente incapace di dire pochi NO, ma fermi, certi, di dare poche regole, ma sicure, stabili, ecco venire su questi ragazzi informatissimi, tecnologissimi, viziatissimi e, naturalmente, fragilissimi.
Gente che i genitori innamorati vorrebbero proteggere da ogni intemperia, da ogni dolore, sconfitta, come se questo nella vita potesse essere mai possibile. Però loro pensano sia cosa buona e giusta RITARDARE quanto più si può il momento dell'incontro-scontro con la realtà, regalando anni "sereni e felici". Magari ci riusciranno pure, a occhio non direi, ma POI ??
Qualcuno di questi dementi pensa che nella vita ci saranno professori universitari da portare avanti al TAR? o imprenditori, capi ufficio da denunciare perché trattano "male" la nostra preziosa ma purtroppo maggiorenne creatura? Certo, per i bamboccioni raccomandati magari una porta aperta si troverà sempre...ma nei sentimenti? Come li proteggiamo, questi esseri di vetro fatti, dalle delusioni, dagli abbandoni, dalle batoste che TUTTI abbiamo conosciuto nelle relazioni con gli altri ? Facendogli sapere che la porta di papino e mammina sarà sempre aperta per loro??
Certo, non sono tutti così. Ma tanti, troppi, decisamente si.
E quindi caro Preside, lei ha ragione, non sono come noi. Ma è bene che un pochino, solo un po', ci diventino. Perché se no i loro coetanei, di altre etnie ed educazioni, se li MANGERANNO!!.
Ecco la notizia
IL CASO DEL BERCHET DI MILANO: «NON DIAMO MENO DI 4»
Se un liceo abolisce i voti bassi
Umiliazione o insegnamento?
Umiliazione o insegnamento?
Il preside: «Ho visto troppi ragazzi andare in crisi. Sono diversi da come eravamo noi. Cerchiamo di capirli»
MILANO - Martedì 27 marzo, seduta pomeridiana, il collegio docenti è quasi concluso. Dopo le solite discussioni, il piano di offerta formativa, i programmi e i precari, il preside - siamo al liceo classico Berchet, storico istituto milanese con decine di diplomati eccellenti, da Luchino Visconti ad Andrea De Carlo fino a Giuliano Pisapia - lancia la proposta: «Vorrei escludere, in sede di scrutinio, i voti inferiori al 4. I due e i tre creano troppa frustrazione nei ragazzi. Che cosa ne pensate?». I professori ammutoliscono. Poi, superato lo choc, cominciano a discutere. Ma è troppo difficile dire sì o no subito. «Ne riparliamo dopo Pasqua».
Punire con un due chi non termina la versione di latino o dare un quattro che non lasci troppe ferite? Rimandare con un tre (quasi una condanna a ripetere l'anno) o limitarsi a un'insufficienza più digeribile? Il votaccio fa solo male o fa crescere? Dibattito che divide. E divisi sono gli insegnanti del liceo di via Commenda - il primo dei classici statali nella classifica milanese della Fondazione Agnelli - dopo la proposta di Innocente Pessina, dirigente storico che crede nell'«educare senza punire», che non si è mai vantato - anzi - dei troppi ragazzi che lasciano il ginnasio «perché non ce la fanno», che ha sempre sostenuto la necessità di valutare anche i docenti, preside compreso.
L'arringa di Pessina raccontata da chi c'era: «Ho visto troppi ragazzi andare in crisi per una raffica di due. Alcuni smettono di mangiare, altri abbandonano la scuola distrutti. Sì, sono diversi da come eravamo noi. Cerchiamo di capirli». Mai meno di4 in pagella. Proposta choc. Messa ai voti durante il collegio dei docenti della scorsa settimana. Tra favorevoli e contrari ha prevalso la terza via: decisione rinviata alla prossima riunione. Meglio aspettare. Anche se tra gli insegnanti una discreta parte sembra contraria. «Prima di tutto - avverte una docente - la norma dice che i voti vanno dall'uno al dieci. Secondo: il giudizio in sede di scrutinio è espresso dal consiglio di classe, non dal singolo prof. Terzo, dire che in questo modo si riduce la depressione dei ragazzi è un alibi». Prosegue un collega: «La frustrazione è un'esperienza che va fatta proprio da adolescenti. In realtà il problema sono gli adulti».
I genitori, appunto. Spesso accusati di esagerare nel proteggere i loro «cuccioli», di delegare alla scuola tutto il «pacchetto educativo», di essere troppo presenti o assenti. Attacca una professoressa: «I ragazzi non vogliono soluzioni edulcorate. Il problema sono gli adulti e la loro incapacità di giustificare un giudizio severo». Sentenza a difesa del dirigente: «Noi docenti dobbiamo cambiare. E sforzarci di accompagnare i giovani nel loro difficile percorso di crescita». Rimpallo di responsabilità. E controproposta della fazione che non accetta lo «sbarramento del 4»: «Invece di fare la campagna del voto al ribasso, ripensiamo ai valori dall'uno al dieci». Tesi dei «pessiniani» che difendono la posizione del dirigente: «Inutile accanirsi. Che senso ha umiliare gli studenti con un 2-- (due meno meno)?».
Il valore di un numero. E le conseguenze sui minorenni. Alessandro Generali, ex berchettiano, fino allo scorso giugno rappresentante nel consiglio di istituto e ora consigliere del movimento «Milano Civica» (il popolo arancione vicino al sindaco Pisapia), commenta: «Dare quattro al posto di due a chi ha presentato un compito praticamente inclassificabile non risolve il problema della preparazione dello studente. Al contrario, lo illude semplicemente di essere in una condizione diversa da quella in cui realmente si trova».
Troppa indulgenza può far male, insiste l'ex allievo. Ma c'è un altro aspetto, comune a molte scuole, che Generali sottolinea: «Mi pare che il problema maggiore non siano i voti troppo bassi, ma la mancanza di omogeneità ed equità nelle valutazioni: è un classico, a parte rare e benemerite eccezioni, che i giudizi più generosi siano riservati agli studenti che rafforzano gli insegnanti nel loro ruolo, approvandone metodi e punti di vista. Trattamento opposto, invece, tocca a chi mantiene la propria libertà di giudizio e non si presta a un simile gioco». Esperienza diretta? Il ragazzo sorride: «Certamente».
Punire con un due chi non termina la versione di latino o dare un quattro che non lasci troppe ferite? Rimandare con un tre (quasi una condanna a ripetere l'anno) o limitarsi a un'insufficienza più digeribile? Il votaccio fa solo male o fa crescere? Dibattito che divide. E divisi sono gli insegnanti del liceo di via Commenda - il primo dei classici statali nella classifica milanese della Fondazione Agnelli - dopo la proposta di Innocente Pessina, dirigente storico che crede nell'«educare senza punire», che non si è mai vantato - anzi - dei troppi ragazzi che lasciano il ginnasio «perché non ce la fanno», che ha sempre sostenuto la necessità di valutare anche i docenti, preside compreso.
L'arringa di Pessina raccontata da chi c'era: «Ho visto troppi ragazzi andare in crisi per una raffica di due. Alcuni smettono di mangiare, altri abbandonano la scuola distrutti. Sì, sono diversi da come eravamo noi. Cerchiamo di capirli». Mai meno di
I genitori, appunto. Spesso accusati di esagerare nel proteggere i loro «cuccioli», di delegare alla scuola tutto il «pacchetto educativo», di essere troppo presenti o assenti. Attacca una professoressa: «I ragazzi non vogliono soluzioni edulcorate. Il problema sono gli adulti e la loro incapacità di giustificare un giudizio severo». Sentenza a difesa del dirigente: «Noi docenti dobbiamo cambiare. E sforzarci di accompagnare i giovani nel loro difficile percorso di crescita». Rimpallo di responsabilità. E controproposta della fazione che non accetta lo «sbarramento del 4»: «Invece di fare la campagna del voto al ribasso, ripensiamo ai valori dall'uno al dieci». Tesi dei «pessiniani» che difendono la posizione del dirigente: «Inutile accanirsi. Che senso ha umiliare gli studenti con un 2-- (due meno meno)?».
Il valore di un numero. E le conseguenze sui minorenni. Alessandro Generali, ex berchettiano, fino allo scorso giugno rappresentante nel consiglio di istituto e ora consigliere del movimento «Milano Civica» (il popolo arancione vicino al sindaco Pisapia), commenta: «Dare quattro al posto di due a chi ha presentato un compito praticamente inclassificabile non risolve il problema della preparazione dello studente. Al contrario, lo illude semplicemente di essere in una condizione diversa da quella in cui realmente si trova».
Troppa indulgenza può far male, insiste l'ex allievo. Ma c'è un altro aspetto, comune a molte scuole, che Generali sottolinea: «Mi pare che il problema maggiore non siano i voti troppo bassi, ma la mancanza di omogeneità ed equità nelle valutazioni: è un classico, a parte rare e benemerite eccezioni, che i giudizi più generosi siano riservati agli studenti che rafforzano gli insegnanti nel loro ruolo, approvandone metodi e punti di vista. Trattamento opposto, invece, tocca a chi mantiene la propria libertà di giudizio e non si presta a un simile gioco». Esperienza diretta? Il ragazzo sorride: «Certamente».
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