giovedì 24 maggio 2012

IL DIALOGO TRA LE PERSONE? UCCISO DALL'IPHONE


Sarà capitato di vederlo anche a voi : una coppia al tavolo di un bar o di un ristorante, dove entrambi sono impegnati in vivaci conversazioni al cellulare. Magari lo avrete fatto a vostra volta.
Senza arrivare a queste performance, comunissimo è lo smanettare , sempre a tavola o mentre si fa finta di ascoltare l'altro/a, il proprio Iphone, o Tablet, o Ipad.
Sappiamo tutti di essere altamente maleducati mentre facciamo tutto questo, ma è più forte di noi.
Questo bisogno di essere sempre in contatto, ma a distanza, che vuol dire? Che significato profondo ha?
Capisco chi in auto, o camminando da un luogo ad un altro, telefoni o messaggi....incapace di stare solo anche per un minuto, di osservare ciò che ha intorno o semplicemente stando con se stesso. Troppo noioso, si può capire, visto il vuoto di tante teste : meglio passare il tempo parlando o twittando.
Ma quando si è di fronte ad un'altra persona? Possibile che non ci sia MAI un momento in cui siamo in grado di dedicarci interamente ad un altro?
Oppure il problema sta in una curiosità crescente e momentanea, per cui vogliamo essere sempre aggiornati senza approfondire mai nulla?
C'è poi l'altra faccia della luna : quanto in realtà il cellulare, o il tablet, rappresentano la fuga da una conversazione che è diventata ormai insopportabilmente noiosa?
Di questo tratta l'articolo comparso sul Corsera qualche giorno fa, a firma Elvira Serra.
Leggiamolo insieme.


 Sono giovani, sono belli. Si parlano appena. C’è della musica in sottofondo. La candela accesa promette intimità. Ma non è l’unica luce, sulla tovaglia candida. Si illumina l’iPhone, lampeggia il blackberry. Gli sguardi passano rapidi dagli occhi del partner allo schermo del telefonino. Quei due sono soli, insieme. Alone Together, il saggio di Sherry Turkle, un grido di allarme rilanciato di recente sul New York Times dalla psicologa e docente al Massachusetts Institute of Technology.
«Ci stiamo abituando a stare con una persona e contemporaneamente a essere da un’altra parte. Ormai ci aspettiamo più dalla tecnologia che dagli altri, non sappiamo più conversare, essere pazienti, ascoltare rispettando i tempi del nostro interlocutore. Stiamo perdendo la profondità».
La ricercatrice  andrebbe presa sul serio. E non soltanto perché ha dedicato gli ultimi quindici anni della sua vita a studiare l’impatto psicologico delle nuove tecnologie sulle nostre relazioni interpersonali (ed è passata dall’entusiasmo allo sconforto). Ma dovrebbe insospettirci anche l’intervista del capo mondiale del design di Nokia, Marko Ahtisaari, sul nuovo numero di Wired America: ha esordito raccontando di una coppia che festeggiava San Valentino al ristorante.
«Erano assorbiti dal touch screen del proprio smartphone anziché l’uno dall’altra. Il continuo evolversi dei telefonini, con schermi sempre più grandi e innumerevoli contenuti, catturano completamente la nostra attenzione isolandoci da ciò che ci circonda e facendoci vivere un’esperienza mobile completamente “immersiva”. Per me, invece, è importante che le persone si guardino negli occhi sempre, non perdano un solo istante di socialità. Qualcosa va migliorato».
 Mea culpa o brillante operazione di marketing? Basta restare ai fatti. Il sessuologo Marco Rossi racconta di quella paziente che per capire cosa pensasse il marito sbirciava i suoi post su Facebook. 
«L’assenza di comunicazione interna era controbilanciata da un eccesso di interazioni virtuali. Molte persone sono continuamente proiettate all’esterno della relazione. Io proporrei di dedicare al partner la metà del tempo che si dedica ai social network: succederebbero cose meravigliose».
Il rischio di distrarsi non riguarda soltanto coppie longeve e fisiologicamente stanche. Nicoletta Alessi, 35 anni, milanese, è sposata da un anno con Cristiano. «In questa fase abbiamo molta voglia di stare insieme e di dedicarci l’uno all’altra. Però anche così capita che lui mi rimproveri di preferirgli il blackberry. È una cosa odiosa, di cui non mi rendo conto. Lui, d’altra parte, dopo cena si fissa con il tablet: e io lo sapevo che nel momento in cui l’avesse comprato sarebbero cominciati i guai».
La parola parlata sta diventando sempre più sconosciuta: è frammentata, interrotta, depotenziata. «Quando comunichiamo in una chat il nostro assetto emotivo cambia rispetto all’ordinario. Internet, social network e cellulari sono diventati dei facilitatori emozionali, ci fanno dire cose che a voce, di persona, non diremmo mai. Ma le emozioni così non si consolidano. Ecco allora la dispersione relazionale e l’incapacità di vivere rapporti profondi e stabili», spiega Daniele La Barbera, docente a Palermo e presidente della Società italiana di psicotecnologie e clinica dei nuovi media.
L’americano Meredith Parents Network ha appena pubblicato una ricerca su mille mamme nate tra il 1977 e il 1994, rivelando che il 12 per cento non rinuncia a usare il cellulare neppure in un momento privato come il rapporto sessuale (????!!!). Non è questo ciò a cui pensiamo quando diciamo che telefonini e Internet sono entrati a far parte della vita quotidiana. Però è vero: «È cambiato il nostro modo di essere presenti e assenti ogni giorno. Si è moltiplicata la nostra possibilità di interagire con persone lontane, ma stiamo anche resettando i rapporti con chi abbiamo vicino», interviene Federico Tonioni, responsabile dell’ambulatorio per le dipendenze da Internet del Policlinico Gemelli, 450 pazienti visitati in tre anni. Giuseppe Riva, docente dei nuovi media alla Cattolica di Milano, aggiunge: «La tecnologia è passata molto rapidamente da una impostazione pc-centrica, che aveva il personal computer come mezzo ed era delimitata in uno spazio fisico, la scrivania, e in un orario, quello di lavoro, a uno scenario mobile che non ha più nessun limite».
Una volta per salvaguardare la coppia si raccomandava di non mettere la tivù in camera da letto. Adesso gli esperti ci suggeriscono di spegnere il telefonino. Speriamo che basti.
 

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