Io sono stato un grande ammiratore di Eugenio Scalfari. Al punto che, pur essendo io un liberale di destra e La Repubblica un giornale evidentemente di sinistra, ancorché certo non comunista, e anzi con l'ambizione di "decomunistizzare" il PCI ( in realtà ci riuscì Gorbaciov, consentendo la caduta del muro), sono stato fedele lettore del suo quotidiano per circa 30 anni. Non me ne pento, perché su quel giornale hanno scritto grandi giornalisti, come Ronchey, Ottone, Berselli e tuttora ci scrivono Pirani, Diamanti, Mura, Turani, Valli, Audisio. Zucconi, Galimberti, Sofri. Ho imparato leggendo da queste persone, che comunque mi hanno fornito lo stimolo di un confronto, il vedere le cose da una prospettiva diversa. Guai a parlare solo coi propri "simili", Si perde la capacità di vedere la "foresta" , fissandosi sempre su un albero, il proprio.
Il sopravvento dell'ossessione antiberlusconiana, con l'arrivo di Mauro (non che Scalfari non fosse d'accordo, anzi, il primo ossessionato è stato lui), e giornalisti come Giannini, Spinelli, Boeri, Merlo , Maltese, Larner, De Gregorio (tornata dopo il fallimento all'Unità), firme esterne come Cordero e Schiavone, mi hanno reso alla fine impossibile continuare a leggere quel quotidiano.
Però, come ogni matrimonio durato a lungo, non ci possono non essere ricordi belli e io ce li ho.
Credo anche che un mio certo modo di scrivere sia stato influenzato dalla trentennale lettura degli editoriali domenicali di Barbapapà (soprannome di Scalfari), nonché dei suoi libri (come spesso accade, il migliore per me rimane il primo: "passeggiavamo per via Veneto " una sorta di autobiografia giovanile, in cui riporta tanti aneddoti . Incisiva, illuminante direi, un'altra considerazione letta in un altro dei suoi libri "Incontri con Io", dove lo Scalfari Volterriano e sacerdote dell'età dei lumi, l'Illuminismo, del trionfo della Ragione, ammetteva che TUTTI noi, anche quelli più razionali, sono "agiti" dal proprio inconscio, o anima.
La "Ragione" è il vestito "bello" che noi mettiamo ai nostri moti più istintivi.
Leggerlo da uno come lui, fu veramente stupefacente.
Per Scalfari il giornalismo non è dare notizie, ma esercitare una missione : educare i lettori ad una visione etico sociale. Non si legge Repubblica per informarsi, ma per FORMARSI. E comunque per appartenenza ad una Chiesa, quella dei MIGLIORI.
E così, se il governo è inviso a Repubblica, tutto è lecito per abbatterlo. E quando si dice tutto, vuol dire proprio TUTTO. Il fine giustifica qualsiasi mezzo. E si è visto con Berlusconi.
Se viceversa il Governo è amico, e allora non lo si deve disturbare, pubblicando per esempio cattive notizie o brutti sondaggi.
Insomma, non si disturba il "manovratore".
Mentana, nel dare attenzione al fenomeno Grillo, invece lo fa, e si becca l'autentica scomunica dell'ultimo grande vecchio del giornalismo italiano.
La risposta del direttore del telegiornale di La Sette è arrivata su FB, ed è stata garbata ma netta.
Oltreché assolutamente condivisibile.
Eccola
L’articolo di Scalfari non mi ha sorpreso: Eugenio, che è e
resta un grande giornalista, ha messo nero su bianco concetti critici che da
qualche tempo mi accade di ascoltare. In sostanza: andava bene
un’informazione completa e senza sudditanze finchè c’era Berlusconi, ma ora
bisogna essere tutti «responsabili» e «sobri», per non disturbare il tentativo
di salvataggio di Monti e l’opera di ri-legittimazione dei partiti
tradizionali.
Valore delle notizie Io penso invece, da sempre,
che le notizie siano le notizie, e nient’altro. Se un partito di maggioranza
prende un’iniziativa meritevole è doveroso darne conto, ma se fa una fesseria è
altrettanto doveroso raccontarla. Se ora nei nostri sondaggi (che erano così
graditi quando il premier Berlusconi perdeva consensi) l’astensione si fa
sempre più alta e Grillo continua a crescere a scapito dei «soliti noti», è
inutile prendersela col sondaggista o con chi lo manda in onda: forse sarebbe
invece più produttivo chiedersi perchè una fetta sempre maggiore
dell’elettorato fa scelte punitive rispetto al quadro tradizionale dei
partiti. Mentre leggevo l’articolo di Scalfari, la trasmissione Agorà, su
Raitre, diffondeva i risultati dell’ultimo sondaggio della società Swg: il Pd
primo partito al 24%, il Movimento 5 stelle al 21%, il Pdl al 15%.
Difesa del lavoro Ecco, Eugenio, tu che hai
potuto votare fin dalle prime elezioni repubblicane, hai mai visto un simile
fenomeno di crescita (per ora solo potenziale, anche se suffragata dai dati
delle amministrative)? E davanti a questa esplosione come si dovrebbe
comportare un telegiornale che vuole raccontare quel che succede senza tifare
per nessuno? Mettere la sordina? Stigmatizzare? Se Casini o Vendola fossero
arrivati al 20% nei sondaggi, quanto ne avrebbero parlato i grandi giornali,
compreso quello che hai fondato? E quale "share of voice" avrebbero
in tutti i tg? La libertà di informare va esercitata e rispettata anche quando
chi governa e chi lo sostiene non organizzano festini nè rispondono con il dito
medio e le pernacchie ai giornalisti. E la realtà non va sfumata per carità di
patria; in questi giorni la stampa economica internazionale profetizza sventure
al confronto delle quali le notizie del mio tg sembrano corrispondenze da
Disneyland.
Impossibile negare boom di Grillo Per chi vuole
usare il telecomando c’è sempre qualcun altro che sa indorare la pillola o -
com’è legittimo - raccontare delle ultime creme anti-scottatura. Ma io ogni
sera devo e voglio raccontare i fatti che ritengo importanti per un pubblico
che vuole essere informato: ho cominciato a farlo su La7 quando c’era uno
schieramento imponente di tg filo-governativi benedetti dal Cavaliere, non vedo
perchè dovrei cambiare ora. Credo che Giorgio Napolitano abbia fatto qualcosa
di grande per questo paese in una fase di eccezionale delicatezza, e gliene
dovremo essere grati per sempre. Nonostante quel che scrive Grillo, è stato a
mio parere il miglior presidente di questi 65 anni di storia repubblicana. Ma
quando ha negato il boom elettorale del Movimento 5 Stelle ha commesso un
errore, e la libera stampa aveva il dovere di rimarcarlo.
Quanto agli interessi dei giovani: oggi il
Corriere della Sera pubblica l’intervista a uno degli uomini più potenti
d’Europa, il presidente della Bundesbank: ha 13 anni meno di me e - se posso
permettermi - la metà degli anni di Scalfari. In Italia, come è noto, la
situazione è sconfortante: l’unico vero risultato di diciott’anni di
contrapposizione militare tra berlusconiani e antiberlusconiani è che gli uni
si sono retti in piedi appoggiandosi agli altri, come fanno gli ubriachi: il
risultato è che a casa non ci è andato nessuno. E lo stesso è successo in tutti
gli altri settori di una società bloccata, in cui nessun posto si libera per
garantire quel ricambio che è stato la salvezza di altri paesi. Così ci siamo
giocati un’intera generazione, in politica, nell’imprenditoria,
nell’università, nel giornalismo. Credo che si possa parlarne, e cercare
strumenti anche urgenti, anche di rottura per cambiare la situazione. Per
averlo scritto non credo di dover rischiare addirittura di «diventare il
pericolo pubblico di tutti i democratici di questo Paese»... Che “Repubblica
delle Idee” sarebbe?
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