E quindi, leggendo questo suo appassionato appello alla migliore Sicilia di cui lui è parte e testimone, ho pensato che anche in questo caso possa avere ragione, che se si desse una possibilità alla parte NON rappresentata di quella bella e travagliata terra, forse le cose potrebbero cambiare.
Certo, a Napoli sono stati capaci di scegliere ,dopo l'era Bassolino, uno come De Magistris, mostrando una insana e insuperabile predisposizione a credere alla fole, alle figure simil Masaniello (il neo sindaco ha risolto il problema dei rifiuti urbani spedendoli con le navi in Germania e Olanda. Pagando ovviamente. Altro che raccolta differenziata.), ed è forte il timore che a Lombardo, un uomo veramente tragico per la Sicilia, succeda un suo epigono. Del resto a Palermo, i siciliani hanno preferito l'"usato sicuro", rieleggendo come sindaco, dopo decenni, Leoluca Orlando, che per essere "usato", lo è eccome, ma "sicuro".....
Però, ripeto, Giacalone assicura che la Sicilia non è solo fatta da persone convinte che l'unico destino dell'isola sia il rassegnarsi alle ragioni dell'assistenzialismo e dell'economia criminale.
Credergli è l'unica cosa giusta da fare, se non ci si vuole arrendere definitivamente.
Impegno siciliano
La Sicilia è
ostaggio del delirio clientelare e spartitorio, praticato dai suoi
amministratori, capitanati da un Raffaele Lombardo oramai prossimo alla fine.
Non è una questione esclusivamente morale, ma direttamente economica e civile,
sicché faccio una proposta: chiunque vinca le prossime elezioni, che si tengano
a scadenza naturale o anticipatamente, s’impegni, fin da ora, a smontare quel
sistema di potere e a revocare nomine che pesano sulle spalle della gente
onesta e delle vere vittime: i pagatori di tasse.
Lombardo è arrivato
alla presidenza grazie all’appoggio del centrodestra e c’è rimasto grazie a
quello del centro sinistra. Un esempio di trasformismo cui non è estraneo il
coinvolgimento in giunta della procura della Repubblica. Un esempio pessimo,
che interpreta l’elezione non come servizio alla collettività, ma come viatico
per porre la collettività al proprio servizio. Il tutto in una regione
devastata, con potenzialità di prima grandezza ma umiliata e offesa dal
crescere insostenibile dell’economia assistita. Con politici che interpretano
la specialità regionale quale strumento per sperimentare ogni cosa consenta
loro di prolungare, fosse anche di qualche settimana, il profittare e il
depauperare.
Conosco l’obiezione:
alla vigilia di una campagna elettorale nessuno è disposto a posizioni così
impopolari. Ma siamo sicuri che siano impopolari? Chi paga? Chi glielo racconta
ai siciliani che ci rimetteranno e che non avranno mai nulla? La società sana,
in Sicilia come in Italia, è assai più vasta di questa metastasi, solo che non
ha coscienza di sé, non crede che la realtà possa essere differente, è
assuefatta a perdere. Si tratta di comunicare che tale sconfitta li consegna
alla povertà, a sua volta madre della disperazione e del degrado. La domanda
corretta, quindi, è: chi ha il coraggio, andando alle urne, di dire ai
siciliani che tale sarà la loro sorte, solo per garantire alle clientele quel
che a loro sarà sottratto? Un programma che merita il più solenne dei
pernacchi.
Pertanto vogliamo
sapere, da chi si candiderà, da chi oggi è consigliere regionale, dai gruppi
dirigenti del Pdl, del Pd e dell’Udc, da chi fa politica e da chi fa
giornalismo: quanti sono disposti a promettere che, se avrà responsabilità
democratiche, lo sconcio lombardiano sarà azzerato? Pochi o tanti che siano, ci
sarà un modo per dividere chi merita ascolto da chi merita la condanna. Per ora
politica, per il resto si vedrà.
Infine: i partiti
siciliani sono a pezzi, a destra come a sinistra. La colpa è tutta loro, del
loro avere associato viltà a inettitudine, del loro essersi scelti dirigenti
intenti a dirigersi verso il personale tornaconto. Non pensino di uscirne
stipulando alleanze ardite o candidando presunti indipendenti, da divorare il
giorno appresso alle elezioni. Così facendo si contenderanno tutti lo stesso
elettorato, ovvero la base sociale dell’economia assistita, divenendo
l’incarnazione partitica della Sicilia senza avvenire. Occorre, invece, dare
voce alla Sicilia che sa competere ed eccellere, come a quella degli esclusi, e
si deve farlo parlando la lingua del buon senso, formulando proposte che
giustifichino l’impegno delle persone per bene. I travestimenti non servono. Le
trovate propagandistiche sono patetiche. Non ci sarà vittoria seria se non di
chi è pronto a rompere i confini sterili di un presente che non merita e non
può essere conservato. L’impegno che ho proposto è solo un primo passo, chi non
saprà compiere neanche quello non merita d’essere preso in considerazione dai
siciliani non caduti nel delirio, nel cinismo e nella rassegnazione.
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