Parole entrate nel lessico quotidiano.
Poi si prova a metterle in pratica, e si scopre che anche
avendo come Capi i sobri tecnici arruolati da Mario Monti, i burocrati
dei Ministeri sono lì a sostenere , di fronte alle ipotesi di riduzioni
dei costi, a partire dal personale, che "loro hanno già
dato".
E questa è una nenia che non si può ascoltare più, e che
invece ricorre SEMPRE.
Abbiamo un debito pubblico di 2.000 miliardi. Una spesa
pubblica di 800. Le entrate fiscali, con un livello di tassazione ASSURDO e
recessivo,ammontano a circa 350 miliardi. C'è l'evasione fiscale, d'accordo.
Tre piccole osservazioni al riguardo:
1) L'economia sommersa porta comunque redditività. Per certi
comparti, sottrarsi, parzialmente o totalmente, alla tassazione è l'unico modo
di esistere. E' giusto pertanto che scompaiano, ma questo, mettiamocelo bene in
testa, significherà ANCHE un calo del PIL, che comunque si vale, anche
indirettamente, del volano di questi settori (gente occupata che comunque poi
SPENDE grazie a salari che invece poi cesseranno, fornitori di queste aziende
che vedranno finire le commesse, società di servizi che avranno meno clienti).
Ripeto, per i sordi o dislessici : NON difendo il sommerso. Dico che
abbattendolo non avremo più entrate fiscali ma meno. O comunque non certo il
recupero dei 120 miliardi che da anni Befera & Co indicano come evasi.
Insomma saremo più virtuosi, più giusti, ma non più ricchi.
2) Ipotizziamo, per miracolo, che gli italiani paghino per
intero tutte le tasse e supponiamo - abbiamo già visto che NON sarebbe così -
che da questo prodigio venissero recuperati ben 120 miliardi. Come verrebbero
utilizzati ? Per abbattere il debito o PER PAGARE le spese correnti? Cambia.
Eccome. Perché nel primo caso potrei sperare che, diminuendo il debito,
diminuirò anche la necessità di avere soldi dai cittadini e quindi potrò
ABBASSARE LE TASSE (lo dicono no ? se pagassero tutti, le tasse
diminuirebbero.....). Se invece il maggiore introito servisse solo a lasciare
le cose come sono, senza alcun taglio al debito ma avendo semplicemente trovato
altri soldi per mantenere gli sprechi italici, è evidente che quelle tasse non
diminuiranno MAI
3) A riprova del punto che precede, ripropongo il solito
conto aritmetico. La spesa pubblica ammonta a 800 miliardi e le entrate che io
riesco ad ottenere non superano - mettendoci anche i famosi 120 miliardi
dell'evasione - i 500 (in realtà sono meno ma arrotondiamo con larghezza)
miliardi. In seconda elementare mi direbbero che mancano sempre 300
miliardi . In che modo, di grazia, potremmo diminuire le Tasse??
Tornando quindi ai Ministeri che dicono di "avere
già dato" , vorrei chiedere, agli amici che giustamente puntano
il dito accusatorio sulla classe politica - partitica italiana, che si mostra
colpevolmente e vergognosamente arroccata su posizioni di difesa di prerogative
e privilegi del tutto incompatibili con la situazione economica nazionale,
quanto invece mostrino comprensione della gravità i tecnocrati e burocrati, per
non parlare di soggetti pubblici importanti (ahinoi) come i sindacati.
Hanno "già dato" .
Peccato che nessuno se ne sia accorto.
Ecco la notizia sul Corsera
I ministeri pronti a resistere
Che qualche mugugno ci sarebbe stato lo si era capito
subito. Quando a metà giugno Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia aveva
annunciato i tagli dalla loro pianta organica del 20% per i dirigenti e del 10%
per gli altri dipendenti era stato Vittorio Grilli a mettere pressione sui
colleghi: «Noi dobbiamo essere come la moglie di Cesare - aveva detto il
viceministro dell'Economia - al di sopra di ogni sospetto. Ma ci aspettiamo che
entro la fine del mese le altre amministrazioni seguano l'esempio».
La fine del mese è arrivata ma quell'esempio non è stato
seguito da tutti. Anzi, più di un ministero ha chiesto di lasciare quella
regola fuori dai propri uffici. Primi fra tutti l'Istruzione e la Giustizia,
che pure hanno qualche ragione. La loro pianta organica è meno squilibrata
rispetto ad altre amministrazioni, piene di dirigenti come gli eserciti
affollati di generali e senza soldati semplici. Per questo le osservazioni dei
due ministeri non sono state subito catalogate tra le resistenze corporative,
che pure ci sono state. Ma il problema resta perché anche fare un'eccezione
significa dare un esempio. Con il rischio di innescare un processo a catena,
spingendo gli altri ministeri a chiedere a loro volta l'esenzione dalla regola
del 20 e del 10%. E siccome i ministeri bruciano quasi un miliardo al giorno,
basta spostare una virgola per non far tornare più i conti della spending
review . Per questo il governo sta cercando il modo di tagliare lo stesso la
pianta organica di Istruzione e Giustizia, limitando al massimo le deroghe e
cercando un difficile compromesso.
A prima vista il problema non ci dovrebbe essere per
un'altra amministrazione pesante come organico, la Difesa. La linea del
ministro Giampaolo Di Paola è nota. I militari la loro parte l'hanno già fatta
perché, prima ancora che la discussione sulla spending review entrasse nel
vivo, il governo ha presentato una riforma delle forze armate che taglia il
numero dei militari. Ne avremo 33 mila di meno, altri 10 mila tagli riguardano
il personale civile. Numeri importanti, verrà eliminato un posto su cinque. Ma
il processo sarà graduale, serviranno dieci anni per andare a regime. E la
Ragioneria generale dello Stato ha avuto qualche dubbio sugli effetti positivi
della riforma sui conti pubblici. È vero che ci sarebbero meno stipendi da
pagare ma i soldi risparmiati verrebbero dirottati alla voce investimenti. E le
casse pubbliche perderebbero anche il gettito delle tasse che, con una partita
di giro, arrivano proprio dalle paghe dei soldati. Alla fine lo Stato non ci
guadagnerebbe, anzi rischierebbe di perderci, anche se va considerato che pure
gli investimenti verso il privato, se aggiuntivi e sul mercato italiano,
portano gettito.
In ogni caso, tra i colleghi di governo c'è una certa
freddezza verso una riforma arrivata al Senato con la sola firma del ministro
Di Paola, fatto insolito per un testo presentato dall'esecutivo.
C'è poi la sanità, il settore al quale è stato chiesto il
sacrificio più pesante visti i suoi volumi di spesa. Anche qui c'è qualche
dubbio, in particolare sulla reale possibilità di applicare in tutti i casi la
logica ferrea degli acquisti centralizzati. Così come il ministero degli Esteri
aveva (ed ha) qualche perplessità sul taglio delle proprie rappresentanze, il
ministero dell'Interno sulla razionalizzazione delle prefetture, le Regioni e
gli enti locali sui paletti più stretti per le società. Sarà anche per questo
che adesso la spending review è diventata un'opera in tre atti?
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