Io la vedo dura, leggendo come anche sotto l'egida dei capi
tecnici, i Ministeri sono lì a sostenere, di fronte alle ipotesi di Tagli, che
loro" hanno già dato" ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/07/i-tagli-dei-ministeri-hanno-gia-dato.html )
.
Comunque Giavazzi, dopo l'incontro di Bruxelles, riprende il
discorso e chiarisce alcune cosucce che forse ci erano sfuggite:
1) Dal convegno il paese che ha tratto vere utilità
potrebbe essere semmai la sola Spagna, che pare essere riuscita ad
ottenere che l'aiuto alle SUE banche, possa non gravare sul proprio debito
pubblico. Però anche qui, l'operatività di questa misura non si sa quando si
realizzerà effettivamente.
2) Ancora peggio va per lo scudo salva spreadm che è stato
ammesso forse come principio generale, ma in concreto è di là da venire. Per il
momento, gli unici organi preposti ad aiuti in questo settore hanno le armi
(leggi FONDI) spuntate, e quelli con le armi vere , BCE in testa, restano
diffidate dall'entrare in campo.
3) I Mercati hanno reagito bene alle "buone
intenzioni" ma se non vedranno almeno l'inizio di passi concreti , sia da
parte delle istituzioni europee sia dei singoli paesi , faranno prestissimo a
ritornare alle loro dannose inquietudini
4) Anche le banche tedesche guardano con ostilità ad una
Banca centrale europea che le possa controllare.
5) La soluzione, per Giavazzi, ma per molti altri politici e
osservatori, passa per dei rapidi progressi verso l'integrazione europea dal
punto di vista politico ed economico, non solo monetaria (come è oggi).
Fino a quando questo non accadrà, "gli
argini rimangono fragili e le nostre debolezze le stesse di una settimana fa,
perché non vi era nulla che il vertice potesse fare per risolverle"
Non male no?
Buona Lettura
MERKEL E LA MONETA UNICA
L'europa vista da Berlino
I risultati del vertice europeo della scorsa settimana
potrebbero segnare un punto di svolta nella lunga crisi dell'eurozona. E
tuttavia essi rendono ancor più urgente accelerare le riforme. Perché fra gli
annunci di Bruxelles e le azioni concrete che ora dovranno seguire trascorrerà
molto tempo, e i mercati si interrogano se alla fine tutto andrà come il
comunicato di venerdì scorso ha lasciato intendere. In questa incertezza è solo
la determinazione di ciascun Paese a fare i propri «compiti a casa» che può
tranquillizzare gli investitori.
La novità più interessante emersa nel vertice è la strategia
della Germania. Solo poche settimane fa Angela Merkel non aveva consentito l'uso
diretto di fondi europei per ricapitalizzare le banche spagnole. Venerdì invece
ha detto sì, ma a condizione che il potere di vigilare sulle banche di ciascun
Paese sia trasferito alla Banca centrale europea. Sarebbe una decisione
storica: neppure la Federal reserve americana ha poteri tanto ampi. Ma non sarà
facile.
Innanzitutto non è chiaro se lo si può fare senza modificare
i trattati europei (l'articolo 107 consente il trasferimento alla Bce solo di
«alcuni compiti» di vigilanza). In secondo luogo perché proprio in Germania le
Casse di risparmio - feudo dei politici che comandano nei Länder - hanno già
detto che non intendono farsi vigilare da un'istituzione europea, e che se ciò
fosse loro imposto ricorrerebbero alla Corte costituzionale. Insomma, ci vorrà
del tempo prima che la condizione tedesca sia soddisfatta, e nel frattempo la
ricapitalizzazione delle banche può solo avvenire a carico dei già debolissimi
conti pubblici spagnoli.
Sulla possibilità di usare fondi europei per acquistare
titoli pubblici e quindi ridurre gli spread (la richiesta dell'Italia durante
il vertice a Bruxelles), Angela Merkel ha per ora di fatto detto no. La
Germania ritiene che per arrivarci sia necessario un altro passo avanti
nell'integrazione, cioè un'ulteriore cessione di sovranità. Ad esempio
accettare che, se un Paese non rispetta gli impegni che ha preso sui propri
conti pubblici, la nuova legge finanziaria che si renderà necessaria non sia
scritta dal suo governo e approvata dal suo Parlamento, ma scritta dalla
Commissione di Bruxelles e approvata dal Parlamento europeo.
Un simile passo, che sarebbe infinitamente più
rivoluzionario dell'inutile battaglia sugli eurobond, potrebbe essere meno
lontano di quanto si pensi. L'idea di un meccanismo antispread ha avuto il
merito di affermare che divari troppo ampi nel costo del denaro sono
incompatibili con la moneta unica. Ma allo stato attuale interventi sui titoli
appaiono improbabili. Chi li potrebbe fare, infatti, non ha le risorse
necessarie per essere credibile: lo European financial stability fund ha solo
poche decine di miliardi di liquidità, e il nuovo European stability mechanism
(Esm) ha solo il suo capitale (80 miliardi, che riceverà poco alla volta). Come
abbiamo imparato nel settembre del 1992, durante la crisi dei cambi fissi
rispetto al marco tedesco, solo disponendo di risorse teoricamente illimitate
si possono stabilizzare i prezzi.
Allora solo la Bundesbank era in grado di difendere i cambi
fissi: nel momento in cui non fu più disposta a farlo il sistema crollò. Oggi
solo la Bce potrebbe impegnarsi a limitare gli spread: acquistando essa stessa
i titoli o finanziando l'Esm. La Germania (fortunatamente) si oppone a un
simile uso improprio (e inutile) della politica monetaria: infatti non ha
consentito che all'Esm fosse data una licenza bancaria. Gli interventi quindi
non sarebbero credibili, e perciò sarebbero controproducenti.
Con buona pace di coloro che da settimane accusano Angela
Merkel di essere un'irresponsabile, il vertice ha chiarito che la cancelliera
non ha alcuna intenzione di lasciare fallire l'unione monetaria. È l'unico
leader europeo ad avere una strategia chiara e che potrebbe funzionare. Non
salti nel buio, proposte inutili e irrealizzabili, come gli eurobond, ma una
progressiva cessione di sovranità all'Europa, cioè una transizione graduale ma
concreta verso un'unione politica.
Nel frattempo però gli argini rimangono fragili e le nostre
debolezze le stesse di una settimana fa, perché non vi era nulla che il vertice
potesse fare per risolverle.
L'unica strada è continuare a fare ciascuno i propri compiti.
Nel nostro caso una riduzione drastica della spesa pubblica (e quindi il prima
possibile delle imposte), vere privatizzazioni (non trasferimenti di azioni da
un braccio dello Stato ad un altro), il completamento degli interventi (finora
troppo timidi) volti ad aprire i mercati.
Il tempo sta per scadere. La campana potrebbe suonare già il
7 agosto, quando si conosceranno i dati sulla crescita del secondo trimestre
dell'anno, purtroppo, temo, non buoni.
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