mercoledì 5 dicembre 2012

INGROIA POCO SERENO. SPERIAMO SI CONSOLI PRESTO IN PARLAMENTO



Avevo riportato ieri (http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/12/lo-schiaffo-della-corte-ai-pm-di.html )  la notizia dello schiaffone mollato alla Procura di Palermo, e segnatamente ad Antonio Ingroia e i suoi colleghi (il Dr. DI Matteo in primis ) dalla Corte Costituzionale che investita dalla Presidenza della Repubblica del conflitto di attribuzione sorto tra la massima istituzione dello Stato con la Magistratura palermitana, ha pienamente accolto il ricorso del Capo dello Stato, ordinando l'immediata distruzione delle intercettazioni illegittimamente conservate dai PM. Le motivazioni arriveranno forse a gennaio, ma intanto già nel dispositivo si leggono parole nette e trancianti, che molto feriscono e indispettiscono il Torquemada italiano e i suoi fedeli (Travaglio in primis ). La decisione è stata presa all'unanimità e nemmeno questo è particolare da poco. Perché non ha torto Ingroia quando adombra il fatto che da noi la Corte Costituzionale ha suggestioni politiche ( e ti credo, visto come sono scelti i membri !! ), però questo normalmente comporta delle spaccature, delle divisioni (cosa non  bella in considerazione del ruolo fondamentale  di questa Corte, chiamata a decidere sul rispetto della Costituzione, e che auspicabilmente dovrebbe avere vedute omogenee se non sempre unanimi ). Così stavolta non è stato. Nessuno ha accolto la tesi della Procura, che aveva messo in guardia la Corte di considerare il Presidente della Repubblica alla stregua di un RE, non soggetto alla Legge.
Visto il non basso profilo dato allo scontro, la sconfitta è ancora più bruciante, e la reazione lo conferma.
Per Ingroia la "ragione politica" della decisione è palese. Non è accusa da poco, oltretutto fatta da un magistrato. Se poi questo è un PM che ai tempi, lui come altri con lui, gridava alla scandalo quando era Berlusconi a inveire contro le toghe rosse , presenti anche nella Corte più Alta, allora si passa alla legge del contrappasso, di dantesca memoria.
Sulla questione, riporto due commenti letti nel gruppo di discussione degli avvocati penalisti della UCPI, riportati da due carissimi amici, i colleghi Manuel Sarno e Riccardo Cattarini. Di orientamenti politici diversi (un liberale - conservatore, come me, il primo, Liberal di sinistra, infatti sostenitore attivo di Renzi, il secondo ) , avvocati stimatissimi e galantuomini assoluti, stigmatizzano entrambi severamente il buon guatemalteco , il cui rosicamento (termine romano che rende molto bene l'idea della persona a cui rode tanto....) in queste ore è a livelli pericolosi per la salute.
Li riporto integralmente (il primo in realtà riporta  la posizione   della Camera penale di Milano ).
Buona Lettura




Bizzarro, furore di Dio

“Definirei bizzarra questa decisione…già scritta per ragioni politiche”, così Antonio Ingroia, dal Guatemala, ha sintetizzato il proprio pensiero sulla decisione con la quale ieri la Consulta ha risolto il conflitto di attribuzione sollevato la scorsa estate dal Quirinale.

Ed in realtà, ci avrebbe sorpreso un commento diverso.

C'è, infatti, molto da riflettere su questo inquietante e novello eroe dei due mondi, che da missionario sotto l'egida dell'ONU non disdegna interviste che poco hanno a che vedere con la funzione della quale ha avuto il privilegio di essere investito.

Così come non esita ad attraversare l'oceano pur di essere presente al battesimo di una nuova formazione politica alla quale non basterà certo tingersi di arancione per attribuirsi il sapore della novità.

La novità, appunto.

La novità di un pubblico ministero che strumentalizza la propria funzione per costruire la propria carriera politica, come se la storia di questo Paese non abbia già conosciuto simili acrobazie.


Un tempo, non molto distante da questi giorni, con la locuzione paese sudamericano si faceva riferimento a forme di stato dove la democrazia non era certo di casa o, nel migliore dei casi, era il frutto di un autoritario populismo che spesso generava il culto della personalità.

Ebbene il disegno politico di Ingroia e dei suoi sostenitori sembra proprio muoversi in quel contesto così lontano dalle democrazie liberal-democratiche.

Non stupisce, pertanto, l'indispettita e velenosa reazione nei confronti di una sentenza della Corte costituzionale che, sottolineando e rafforzando il principio della separazione dei poteri, ha fatto chiarezza sulla delicata questione relativa all'illegittimità dell'attività di intercettazione di conversazioni del Capo dello Stato.

Leggeremo con interesse le motivazioni di quella sentenza ma non possiamo che essere rassicurati dal fatto che dinnanzi ai poteri della Magistratura oggi ci sia un Capo dello Stato che non possa essere indebitamente condizionato e menomato nel suo prestigio.

Al nostro eroe dei due mondi consiglieremo la visione del bel film di Herzog, Aguirre, furore di Dio, nel quale un magnifico Klaus Kinsky interpreta Lope de Aguirre, uno dei conquistadores che nel 1560, attraversando la foresta amazzonica, si mossero alla ricerca del mitico El Dorado: siamo, infatti, certi che troverà spunti di riflessione su come l'incondizionata ricerca del mito possa generare mostri.



 Riccardo Cattarini
Ennò, dott. Ingroia, commentare una sentenza della Corte Costituzionale esattamente come le commentava un certo cavaliere non mi piace! L'autorità delle decisioni giudiziarie, tutte, ma in particolare quelle del massimo organo giudiziario del Paese, è sacra in qualsiasi paese democratico, e va rispettata a prescindere. E l'altro sostituto procuratore Di Matteo, che dice, secondo i giornali "so di avere rispettato la legge" quando la Corte Costituzionale dice il contrario mi piace ancora meno. Mi piace invece Luciano Violante, quando afferma che alcuni magistrati, in particolare requirenti, stanno sfiorando il limite della correttezza istituzionale. Per me sono anche oltre. Come lo sarebbe un magistrato requirente che, seguendo note teorie ottocentesche, fosse convinto che la proprietà sia un furto, e assolvesse i ladri, dimenticandosi che i magistrati debbono applicare la legge, non ciò che detta loro la coscienza o le convinzioni personali. Spero sia un forte argomento negli imminenti programmi elettorali per le politiche, anche nel Partito Democratico, che nel dibattito sul gravissimo scontro istituzionale che la Corte Costituzionale ha risolto ieri qualche volta ha dato l'impressione di fare ... il pesce in barile.


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