mercoledì 2 gennaio 2013

LE BUGIE CARITATEVOLI DI NAPOLITANO

Sul discorso del Presidente Napolitano, l'ultimo del suo settennato, ho scritto ieri, pubblicandone anche il testo per ampi stralci ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/01/il-discorso-lultimo-del-presidente.html ).
Oggi sui giornali, tornati in edicola, ci sono i commenti dei vari opinionisti e tra questi, come spesso, uno delle analisi  più argute ho trovato sia stata quella di Davide Giacalone.
Intanto due rilievi critici di non poco momento, in ordine al problema del debito pubblico e della crescita.
Poi il ricordo, che è bene sia ripetuto sempre perché in Italia di sordi e ciechi, veri o finti che siano, ce ne  sono anche troppi, di come Monti sia servito al massimo da sponda al lavoro VERO svolto da Draghi e la BCE per frenare la speculazione.
Infine, la delusione Montiana, figura su cui tanto il presidente aveva scommesso.
Buona Lettura




Debito Napolitano

Il messaggio presidenziale di fine anno è una tradizione introdotta da Luigi Einaudi. Difficilmente quel presidente, economista e liberale, sarebbe incorso nell’errore che è capitato a Giorgio Napolitano. Se, difatti, alcune delle considerazioni contenute in quel discorso non fossero incontestabilmente inesatte, più che gli auguri sarebbero state le congratulazioni a un Paese che ha svoltato. Purtroppo, non è così. Riferendosi al costo del nostro debito pubblico il presidente ha detto che ammonta a 85 miliardi l’anno. Esatto. Poi ha aggiunto: “se questo enorme costo potrà nel 2013 e nel 2014 non aumentare ma diminuire, è grazie alla volontà seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello Stato, e di abbattere decisamente l’indebitamento”. E questo è doppiamente sbagliato: primo, perché il debito è cresciuto e crescerà, sia in valore assoluto che in rapporto al prodotto interno lordo; secondo perché il bilancio pubblico è (da prima dell’arrivo di Monti) in avanzo primario, vale a dire che le spese non pareggiano le entrate, ma sono inferiori, salvo il fatto che quando si somma, come non potrebbe non sommarsi, il costo del debito ecco che torna in deficit. Non so come un errore così grossolano sia potuto arrivare agli italiani, partendo da un così alto livello istituzionale e senza che nessuno sia intervenuto a correggere il testo.
Pochi minuti dopo, con riferimento all’avvenire dei giovani, Napolitano ha sostenuto che non ci si deve limitare “ad attendere che nella seconda metà del 2013 inizi una ripresa della crescita in Italia”. Limitarsi a quello sarebbe sbagliato, anche perché, sia secondo le previsioni del governo che internazionali, l’anno appena iniziato si chiuderà in ulteriore recessione. E un rallentamento della caduta, peraltro assai lieve e spalmato nel tempo, come Mario Draghi non si stanca di ricordare, non è affatto assimilabile alla ripresa.
Sono due punti rilevanti. E se non manco di mettere in luce gli errori presidenziali non è certo per desiderio polemico, che lascia il tempo che trova, ma perché da quelli dipenderà moltissimo del nostro futuro. Sono convinto che se vi fosse piena consapevolezza di quanto bigia sia la sorte che ci attende si troverebbe il coraggio di serie e profonde rotture capaci, quelle sì, di rimettere le ali al Paese. Per questo corre l’obbligo di contestare le camomille consolatorie e la falsificazione dei dati.
La mia personale impressione è che il Signor presidente sia arrivato molto stanco al suo ultimo appuntamento con gli auguri. Ho avuto l’impressione che la registrazione sia avvenuta in più tempi, come non era in passato. E penso che quella stanchezza derivi da amarezza politica. Napolitano deve constatare il fallimento dell’operazione Monti, e mentre ne prende atto politicamente cerca di dire, forse a sé stesso, che non lo è fattualmente. Invece la questione è invertita: era perverso pensare che il governo commissariale cambiasse l’Italia, mentre ha potuto fare argine contro la speculazione internazionale e offrire una sponda alla Bce quando quella, e non il nostro governo, compiva le scelte capaci di bloccarla. Almeno per ora. Un bilancio non negativo. Un bilancio disastroso, invece, se si pretende d’identificare in quel governo la somma degli interessi nazionali, contrapposti all’insipienza dei politici, salvo poi lanciarlo nella competizione elettorale e predisporlo a una raccolta di voti contenuta, per giunta in compagnia dei più longevi rappresentanti dell’incapacità politica.
Di questo Napolitano si rende conto e, difatti, ha cercato d’impedirlo. Mi ha molto colpito una sua riflessione, che trovo esatta e affilata: Monti non poteva certo candidarsi, perché è già membro del Parlamento. Riferendosi al “Parlamento”, quindi alla somma di Camera e Senato, Napolitano ha voluto mostrare quanto inappropriato fosse il precedente tentennare, quanto deludente così poca sensibilità istituzionale. Il fatto che a rilevarlo, del resto, siano i leaders della sinistra quanto quelli della destra, non dimostra la forza dirompente del Monti elettorale, ma l’attitudine lacerante di una simile scelta. L’intera operazione era stata concepita e covata, al Colle, con intenti assai diversi. Comprensibile l’amarezza.
Il governo che sarà insediato dalle urne, fra due mesi, non s’annuncia forte. Meglio che non creda sia già stato abbattuto il debito e pronta la via della ripresa. Nulla di questo accadrà, se non facendo il lavoro cui nessuno, ancora, ha messo mano

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