Oggi sui giornali, tornati in edicola, ci sono i commenti dei vari opinionisti e tra questi, come spesso, uno delle analisi più argute ho trovato sia stata quella di Davide Giacalone.
Intanto due rilievi critici di non poco momento, in ordine al problema del debito pubblico e della crescita.
Poi il ricordo, che è bene sia ripetuto sempre perché in Italia di sordi e ciechi, veri o finti che siano, ce ne sono anche troppi, di come Monti sia servito al massimo da sponda al lavoro VERO svolto da Draghi e la BCE per frenare la speculazione.
Infine, la delusione Montiana, figura su cui tanto il presidente aveva scommesso.
Buona Lettura
Debito Napolitano
Il messaggio presidenziale di
fine anno è una tradizione introdotta da Luigi Einaudi. Difficilmente quel
presidente, economista e liberale, sarebbe incorso nell’errore che è capitato a
Giorgio Napolitano. Se, difatti, alcune delle considerazioni contenute in quel
discorso non fossero incontestabilmente inesatte, più che gli auguri sarebbero
state le congratulazioni a un Paese che ha svoltato. Purtroppo, non è così.
Riferendosi al costo del nostro debito pubblico il presidente ha detto che
ammonta a 85 miliardi l’anno. Esatto. Poi ha aggiunto: “se questo enorme costo
potrà nel 2013 e nel 2014 non aumentare ma diminuire, è grazie alla volontà
seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello
Stato, e di abbattere decisamente l’indebitamento”. E questo è doppiamente
sbagliato: primo, perché il debito è cresciuto e crescerà, sia in valore
assoluto che in rapporto al prodotto interno lordo; secondo perché il bilancio
pubblico è (da prima dell’arrivo di Monti) in avanzo primario, vale a dire che
le spese non pareggiano le entrate, ma sono inferiori, salvo il fatto che
quando si somma, come non potrebbe non sommarsi, il costo del debito ecco che
torna in deficit. Non so come un errore così grossolano sia potuto arrivare
agli italiani, partendo da un così alto livello istituzionale e senza che
nessuno sia intervenuto a correggere il testo.
Pochi minuti dopo, con
riferimento all’avvenire dei giovani, Napolitano ha sostenuto che non ci si
deve limitare “ad attendere che nella seconda metà del 2013 inizi una ripresa
della crescita in Italia”. Limitarsi a quello sarebbe sbagliato, anche perché,
sia secondo le previsioni del governo che internazionali, l’anno appena
iniziato si chiuderà in ulteriore recessione. E un rallentamento della caduta,
peraltro assai lieve e spalmato nel tempo, come Mario Draghi non si stanca di
ricordare, non è affatto assimilabile alla ripresa.
Sono due punti rilevanti. E
se non manco di mettere in luce gli errori presidenziali non è certo per
desiderio polemico, che lascia il tempo che trova, ma perché da quelli
dipenderà moltissimo del nostro futuro. Sono convinto che se vi fosse piena
consapevolezza di quanto bigia sia la sorte che ci attende si troverebbe il
coraggio di serie e profonde rotture capaci, quelle sì, di rimettere le ali al
Paese. Per questo corre l’obbligo di contestare le camomille consolatorie e la falsificazione
dei dati.
La mia personale impressione
è che il Signor presidente sia arrivato molto stanco al suo ultimo appuntamento
con gli auguri. Ho avuto l’impressione che la registrazione sia avvenuta in più
tempi, come non era in passato. E penso che quella stanchezza derivi da
amarezza politica. Napolitano deve constatare il fallimento dell’operazione
Monti, e mentre ne prende atto politicamente cerca di dire, forse a sé stesso,
che non lo è fattualmente. Invece la questione è invertita: era perverso
pensare che il governo commissariale cambiasse l’Italia, mentre ha potuto fare
argine contro la speculazione internazionale e offrire una sponda alla Bce
quando quella, e non il nostro governo, compiva le scelte capaci di bloccarla.
Almeno per ora. Un bilancio non negativo. Un bilancio disastroso, invece, se si
pretende d’identificare in quel governo la somma degli interessi nazionali,
contrapposti all’insipienza dei politici, salvo poi lanciarlo nella
competizione elettorale e predisporlo a una raccolta di voti contenuta, per
giunta in compagnia dei più longevi rappresentanti dell’incapacità politica.
Di questo Napolitano si rende
conto e, difatti, ha cercato d’impedirlo. Mi ha molto colpito una sua
riflessione, che trovo esatta e affilata: Monti non poteva certo candidarsi,
perché è già membro del Parlamento. Riferendosi al “Parlamento”, quindi alla
somma di Camera e Senato, Napolitano ha voluto mostrare quanto inappropriato
fosse il precedente tentennare, quanto deludente così poca sensibilità istituzionale.
Il fatto che a rilevarlo, del resto, siano i leaders della sinistra quanto
quelli della destra, non dimostra la forza dirompente del Monti elettorale, ma
l’attitudine lacerante di una simile scelta. L’intera operazione era stata
concepita e covata, al Colle, con intenti assai diversi. Comprensibile
l’amarezza.
Il governo che sarà insediato dalle urne, fra due
mesi, non s’annuncia forte. Meglio che non creda sia già stato abbattuto il
debito e pronta la via della ripresa. Nulla di questo accadrà, se non facendo
il lavoro cui nessuno, ancora, ha messo mano
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