venerdì 28 giugno 2013

LETTA , CHIAMARE UN PRELIEVO PARI AL AL 100% DELLA FUTURA TASSAZIONE "ACCONTO" E' DA IGNORANTI O DA IMBROGLIONI. FORSE ENTRAMBI.

 
Come accadde per il suo predecessore, Monti, anche per Letta vale la premessa : non è colpa del suo governo se stiamo messi così (anche se , a differenza di SuperMario e i suoi tecnici, l'attuale Premier e gli altri ministri non è che possono dire "io non c'ero", venendo quasi tutti dal PD e dal PDL, vale a dire le due formazioni che in Italia si sono alternate alla guida del paese negli ultimi 20 anni).
Però, esattamente come Monti, è colpevole di quello che fa o non fa. Di Monti ormai parlano tutti così male - o al massimo si sono zittiti i corifei dell'agenda omonima - che il povero presidente della Bocconi si lamenta dicendo che all'estero tutti lo apprezzano mentre in Italia....Nemo profeta, caro professore, si consoli così.
DI Letta si inizia, dopo questo teatrino di rinvii stucchevoli e provvedimenti sconcertanti.
Io non sono un estimatore di Sergio Rizzo e nemmeno del suo collega e sodale Gian Antonio Stella, i fortunati coautori del libro denuncia La Casta, non per quello che segnalano ma per l'assenza o , all'opposto, l'eccessivo semplicismo delle soluzioni. Però come dargli torto quando oggi sull'editoriale in prima pagina del Corsera ricorda che "spendere meno  non è proibito " ? 
E ricordava qualche numero :  fra il 2001 e il 2011 è salita di 197 miliardi portando la pressione fiscale a livelli insostenibili, senza peraltro che la crescita forsennata sia riuscita ad arrestare il calo del Pil pro capite reale, franato nell'arco di quegli undici anni in Italia (unica nell'Eurozona) del 3,8 per cento.  lo Stato ha ripreso a dilagare nell'economia con la proliferazione di migliaia di società di capitali controllate dalle amministrazioni locali che hanno garantito poltrone, gettoni e stipendi a un esercito di 38 mila fra amministratori, sindaci e alti dirigenti scelti dai partiti. Incalcolabile è lo spreco di risorse, mentre ogni tentativo serio di liberalizzazione è stato sempre respinto e il costo dei servizi pubblici ha battuto ogni record continentale. I famosi prezzi standard del servizio sanitario, ricordate? Nessuno ne parla più. Così come la concentrazione degli acquisti pubblici che potrebbe far risparmiare 30 miliardi l'anno è vanificata, rimarca la Corte dei conti, dalla polverizzazione allucinante delle stazioni appaltanti: oltre 23 mila. Neppure la revisione della spesa, avviata nel 2007 da Tommaso Padoa-Schioppa e ripresa da Mario Monti nel 2012, ha dato esiti concreti. Magra consolazione, la miglior conoscenza dei mille meccanismi di uso inefficiente, quando non di sperpero, del nostro denaro.
 Francamente non vedo nulla da obiettare.
A queste considerazioni critiche possiamo tranquillamente aggiungere quelle di seguito riportate da Davide Giacalone, nel suo intervento su Libero.
Prima di lasciarvi alla sua lettura, una chiosa sull'affermazione di Letta, che dichiara "non ho aumentato le tasse". A parte che non deve scoraggiarsi, sta lì da nemmeno tre mesi, ancora un po' di tempo ce l'ha...ma non è che lui sta lì per non aumentarle, bensì per provare finalmente ad abbassarle ! Allo stesso tempo riducendo il fabbisogno attraverso la lotta agli sprechi di cui parlava Rizzo. Certo, c'è sempre santo Befera che promette di reperire 10 miliardi dalla lotta all'evasione, ma sono due anni di seguito che ne recupera anche di più (almeno a parole ), ma riduzioni fiscali non se ne vedono...
In realtà, come abbiamo scritto (e non certo solo noi, che nulla contiamo, ma ben altri esperti ed opinionisti) un governo di larghe intese ha senso in un periodo di crisi straordinaria proprio perché eccezionali devono essere le misure da prendere, ed è necessario che ci mettano la faccia le principali forze rappresentative della Nazione. Invece così non è, non accade.
E allora, la domanda è al Capo del Quirinale, a che serve ?
Buona Lettura

Pianeta Papalla

I (non) provvedimenti del governo sono un danno per l’Italia. Le sue (non) scelte servono solo a consegnare la sovranità economica nelle mani di chi ci commissarierà. Così procedendo ci accingiamo a un tonfo profondo, con grandi aziende che si accartocciano e piccole che scappano o restano sotto le macerie.
Abbiamo bisogno di meno spesa pubblica e quella invece cresce, perché dalle parti del governo nessuno la conosce, nessuno sa da che parte aggredirla, in compenso tutti hanno paura d’essere aggrediti dagli ipotetici danneggiati. Non sapendo tagliare taglieggiano, così c’è bisogno di meno pressione fiscale e quella, invece, aumenta. La compensazione della sospensione, per tre mesi, del punto d’Iva con i maggiori acconti non è solo violenza carnale nei confronti della lingua italiana (giacché un acconto che pareggia o supera il saldo può esistere solo in una neolingua adatta a ignoranti o imbroglioni), è aumento delle tasse. Il gettito del punto d’Iva era del tutto teorico, mentre quello degli anticipi è reale, quindi i secondi non compensano il primo, per larga parte inesistente, ma introducono nuova sottrazione di ricchezza. C’è bisogno di maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e il governo premia la rigidità, per giunta in un modo così scombiccherato (giovani, meglio se meridionali, disoccupati da tempo, con familiari a carico e non istruiti, che già l’idea che i disgraziati abbiano gente a carico la dice lunga sulla lucidità dell’idea) che sarà una stabilizzazione fasulla. Dicono che quegli incentivi creeranno occupazione. Se gli incentivi non creano lavoro, ma occupazione, se il mercato non crea ricchezza, ma usa gli incentivi per mascherare insuccessi, alla fine dei conti ci sarà solo recessione. Recessione&tassazione.
Nessuno, sano di mente e intellettualmente onesto, può rimproverare al governo in carica le molte cose che non riesce a fare. Il guaio è che va condannato per quelle che fa. Spiace dirlo, perché esistevano le condizioni per impostare una storia del tutto diversa, ma questi sono mestieranti del galleggiamento, politicanti di terza fila, sprovveduti spocchiosetti. L’unica cosa che li tiene in piedi è proprio quello che si crede potrebbe farli cadere: il giuoco e gli interessi dei partiti, nonché dei loro capi. Si dice che la stabilità è un pregio, lo stesso presidente della Repubblica s’è in tal senso speso. Ma se questi sono i risultati della stabilità, meglio la crisi.
Questi scolari che anelano d’essere rimandati a settembre, sapendo per certo che la promozione è esclusa e che l’alternativa è la bocciatura secca, questi sopravvenuti per collasso altrui ci portano dritti nelle mani della Bce e del Fmi. E festeggeranno anche, perché sono stati ricevuti a palazzo, perché hanno rivolto la parola a quelli che contano, e perché a quel punto le riforme saranno fatte. Con la pistola puntata alla tempia, impoverendoci e senza sovranità. Stiamo correndo verso questa meta.
Alternative? Dopo le elezioni di febbraio sostenemmo che questa era l’unica maggioranza possibile. Confermo. Ma questo non è l’unico modo possibile d’interpretarla. Anzi, è il peggiore. Letta e Alfano sembrano due marziani. Provino a guardare nel banco a fianco, scopiazzando il compito che sta svolgendo il governo inglese: taglio (non lineare e profondo) della spesa, taglio dei dipendenti pubblici, taglio degli sprechi del welfare quale unica condizione per poterlo salvare. Può darsi che sul loro pianeta, il Papalla, queste cose siano considerate impossibili. Nel qual caso, però, i terrestri potrebbero ragionevolmente considerare loro inutili.

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