domenica 11 agosto 2013

RENZI SCARTA A SINISTRA, PERDENDO DI VISTA IL CENTRO. SCELTA AZZECCATA ?


Mi trovo senz'altro d'accordo con l'analisi di Pierluigi Battista, noto e bravo editorialista del Corsera, in ordine all'apparente "involuzione" di Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze è diventato famoso essenzialmente per due cose (a parte la piacevolezza del giovanotto dovute a giovinezza e spigliatezza tipicamente toscana) : la rottamazione della vecchia classe dirigente post PCI, e la fine della demonizzazione degli elettori di centrodestra. 
Un'idea diversa della politica e dell'Italia, col superamento di certo conservatorismo di sinistra, basato soprattutto su un eccesso di statalismo e sindacalismo, poteva suonare bene alle orecchie dei "moderati" italiani, e lo sdoganamento di parole come MERITOCRAZIA, rapidità nelle decisioni,  superamento della conceertazione come metodo imprescindibile, erano altri elementi che rendevano Renzi una novità gradita non solo dal settore più liberal e riformatore del centro sinistra, ma anche per le deluse schiere del centrodestra.
Anche l'andare oltre l'ossessione Berlusconiana, il denunciare che grazie a questo mantra la sinistra progressista non si era più presa la briga di immaginare un Paese nuovo, che tanto bastava dare addosso al Cavaliere che tutti da quella parte erano contenti, sembrava una novità fantasmagorica e seducente.
Poi ci sono state le elezioni, Bersani sorprendentemente le ha perse, e da lì a poco il gian burrasca fiorentino ha come perso la bussola, quasi stordito del terrore di perdere l'occasione di essere lui, in una situazione di obiettiva difficoltà a dare vita ad un esecutivo valido e forte, l'unica speranza di cambiamento. 
A quel punto, pur di fare cadere il governo Letta - a cui si dichiara quotidianamente leale, come fan tutti del resto, che non si capisce perché  poi unanimamente gli diamo pochi mesi di vita... - ha riscoperto temi più cari al popolo della sinistra e, of course, l'antiberlusconismo.
LO ricordate il Renzi che andava sempre dicendo che la sinistra deve battare Berlusconi alle urne e non per via giudiziaria ?
Beh, scordatevelo, che adesso il sindaco si è aggiunto al coro di quelli che "le sentenze vanno rispettate ed eseguite". La prima è una fesseria, se s'intende con quella espressione l'impossibilità a criticare la decisione di un Giudice, talmente palese che non ha bisogno di commenti particolari. La seconda è un'ovvietà, in generale. Un pochino più complesso quando si parla del leader del centrodestra e l'esecuzione della sentenza significa appunto realizzare ( quantomeno cercare seriamente) l'azzeramento , proprio mediante iter giudiziario, del principale avversario politico, nonchè consocio nel sostegno al premier Letta.  Insomma, obiettivamente un problema.
Non è il primo "sgarbo" dell'uomo di Firenze, Già all'epoca dell'elezione del Presidente della Repubblica aveva bocciato Marini, scelto dalla maggioranza del PD nell'ottica di partorire un capo dello stato accettato anche dall'altra parte (la Costituzione auspica un Presidente ampiamente condiviso in quanto rappresentativo dll'unità del Paese e garante della stessa) , con la scusa che fosse "vecchio" politicamente parlando (anche anagraficamente, ma questo non è delicato sottolinearlo ) . Bene, quale l'alternativa allora ? PRODI !! Un ragazzino, una novità...Piuttosto un uomo inviso al centrodestra e quindi la conseguente impossibilità di un governo di coalizione, e con ogni probabilità il ritorno al voto, che è quello che Renzi disperatamente vuole.
Per carità, tutte scelte assolutamente legittime !
Però, come rileva appunto Battista nell'articolo che segue, tutte azioni che manifestano uno scarto a "sinistra" di Renzi che non credono lo facciano apprezzare tanto di più da quella parte del PD che lo detesta, e che di lui continua a NON fidarsi, in compenso lo fanno gradire molto di meno a quelli di centro e ai liberali che invece guardavano a lui come una novità da valutare assai seriamente.
I sondaggi che hanno sempre dichiarato Renzi colui che, al posto di Bersani, avrebbe vinto le elezioni di febbraio, e che lo danno per favorito in caso di ritorno alle urne, iniziano a registrare questo fenomeno : Renzi conquista meno consensi a sinistra di quanti non ne perda al centro.
Esattamente quello di cui l'avverte Battista.


 

  "La partita di Renzi che si scopre al centro" 

Uno dei punti di forza, forse addirittura il principale punto di forza, di Matteo Renzi sta nel fatto che è l'unico leader del Pd capace di sfondare nell'elettorato in fuga dal centrodestra e di attrarre il voto «moderato» diffidente se non ostile nei confronti del Pd. Ma la troppa fretta e le tinte aggressivamente antiberlusconiane che stanno dando vigore alla polemica renziana contro l'immobilismo delle «larghe intese» rischiano di dilapidare questo capitale di potenziale consenso. Il moderato che si fa incendiario forse servirà a piegare le resistenze di un Pd in perenne crisi di identità e a sottrarlo alla delegittimazione della parte più oltranzista e conservatrice della sinistra, ma può allontanare chi, già elettore di Berlusconi, vorrebbe votare per la prima volta il candidato del Pd. I nemici di Renzi hanno sempre guardato con sospetto alla sua capacità di parlare a un popolo che non è quello tradizionale dell’insediamento a sinistra. Talvolta si è sentita, greve, la vecchia attitudine di considerare un potenziale «traditore» chi rompe gli schemi più consunti della tradizione. Nel fuoco della battaglia delle primarie, c’è chi si è spinto a dipingere Renzi come un alieno, se non una quinta colonna del «berlusconismo». Hanno accusato il sindaco di Firenze di aver messo piede nella fortezza nemica di Arcore. Perfino una sua lontana partecipazione alla Ruota della fortuna con Mike Bongiorno venne usata come prova della sua accondiscendenza verso il modello berlusconiano. Una sua cena elettorale con gente della finanza alimentò e ingigantì il sospetto di un atteggiamento peccaminoso di Renzi nei confronti della ricchezza e del denaro, simboli della «destra» e del «liberismo selvaggio». E l’apparato del Pd allestì una rete soffocante di regole e di limitazioni per impedire che i cittadini non inquadrati nell’organizzazione del Pd potessero accedere liberamente ai seggi: era il terrore dell’inquinamento «berlusconiano» a suggerire un percorso a ostacoli che arginasse il popolo dei seguaci di Renzi senza la tessera del Pd, o addirittura elettori di Berlusconi delusi e in crisi. L’esito elettorale ha dimostrato quanto quel terrore della contaminazione fosse deleterio fino al punto di portare il Pd, reso baldanzoso da un’assurda pretesa di autosufficienza, al collasso nelle urne. Aveva ragione Renzi: il Pd può vincere solo se saprà conquistare nuovi voti, attrarre consensi non già acquisiti, parlare un linguaggio che, assieme al mantenimento del proprio elettorato, sappia sfidare le passioni e le convinzioni dell’«altro» mondo.
Lo stesso Renzi è apparso consapevole dell’importanza di parlare a questo «altro» mondo. Ha bollato come primitivo ed estremista l’atteggiamento di chi disprezza gli elettori avversari e li ributta nelle braccia di chi si vorrebbe sconfiggere con un linguaggio insieme velleitario e legnoso. Contro la piazza giustizialista ha sempre detto che Berlusconi deve essere mandato politicamente in «pensione» e che non dovrebbe essere molto «di sinistra» auspicare che i magistrati facciano il lavoro che la politica è incapace di fare, mandando Berlusconi «in galera» anziché in pensione. Contro il sussiegoso e detestabile livore antropologico coltivato da una parte consistente della sinistra nei confronti del turpe «popolo berlusconiano», Renzi ha detto che il compito della politica non è quello di cambiare gli italiani, ma di cambiare l’Italia. Nella sua battaglia contro l’apparato del Pd, inoltre, Renzi ha proposto un profilo culturale coraggioso, ha abbracciato le innovazioni sul mercato del lavoro suggerite da Pietro Ichino, ha usato un linguaggio non conservatore sugli eccessi fiscali che in Italia asfissiano l’economia: ha offerto il volto di un riformismo moderno, dinamico, non schiavo dei veti del conservatorismo sindacale e di sinistra. Ma con il quadro politico uscito dalle elezioni, Renzi si è trovato a uno scoglio imprevisto: la stabilizzazione del sistema che possa rimandare le nuove elezioni di quel tanto che basta per normalizzare il «rottamatore» e farlo logorare nella defatigante guerriglia tra correnti che hanno portato il Pd al disastro. Per quante dichiarazioni di «lealtà» abbia offerto all’«amico Enrico», Renzi sa benissimo che la durata di questo governo, in una formula che comprenda la coabitazione forzata tra Pd e Pdl, può diventare il suo peggior nemico. E se Berlusconi decide di non staccare la spina al governo Letta anche dopo la sentenza della Cassazione, tocca al Pd piazzare le mine che rendano difficile e persino impossibile il cammino del governo. Per questo Renzi non perde occasione per denunciare il patto tra il Pd e il Pdl che è alla base di questo governo, anche a costo di sfoderare un linguaggio («le sentenze vanno rispettate») che assomiglia molto a quella parte della sinistra contro cui ha combattuto e che ha sempre auspicato la soluzione per via giudiziaria del problema berlusconiano. Per questo Renzi sembra essere diventato il paladino di quella sinistra politica (e non solo) che vorrebbe la fine del governo Letta in tempi rapidissimi. Per questo, però, Renzi rischia di alienarsi quel consenso e quella simpatia dell’elettorato berlusconiano che è sempre stata la sua forza e che ne fa un candidato vincente e perciò temutissimo dall’apparato del centrodestra. Per avere troppa fretta, Renzi rischia di indebolirsi anche se sembra aver piegato l’ostilità dei suoi vecchi avversari della sinistra. Lo stesso errore di Bersani: l’insegnamento, doloroso, non potrebbe essere più chiaro.

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