mercoledì 18 settembre 2013

A PROPOSITO DI VIDEO MESSAGGI, CERCARE FINALMENTE DI CAPIRE OLTRECHé SCHERNIRE ? MAGARI SI VINCONO LE ELEZIONI


A proposito di video messaggi, l'appunto di ieri di Filippo Facci mi sembra cogliere nel segno. E' agevole ironizzare su di essi, e non è cosa solo di oggi, che l'uomo indubbiamente si mostra appesantito, avanti con gli anni (sono 77) e anche seriamente colpito (chissà se anche stavolta recupera la linea di galleggiamento). Fin dall'esordio di questo modus, il discorso agli italiani come se fosse il presidente della Repubblica a Capodanno, le battutae salaci si sprecarono.
Era il 1994, Berlusconi "beveva l'amaro calice e scendeva in campo". Parole sue, che già davano l'idea dell'abbondante uso dell'immaginazione retorica di livello popolare. Tutti scommisero sul fiasco, i soliti sondaggi (che all'epoca peraltro erano meno ossessivamente consultati rispetto ad oggi), l'indomani dell'annuncio, lo davano al 6%, robe così. Nel corso della campagna elettorale i rilievi mutarono ma nessuno si immaginava il colpo di scena che invece ci fu e furono in tantissimi, tra politici anche navigati, giornalisti di gran grido (Scalfari in primis) , osservatori e opinion maker a prendere una cantonata che fece storia. Nonostante la lezione, la scena si è ripetuta almeno altre due volte (2006 e adesso a febbraio) il che fa pensare che non abbia torto Santoro (oggi, in una intervista a Cazzullo del Corriere) a mettere in guardia dal dare per morto il leone ferito. "L'uomo è un combattente, non si darà per vinto anche abbandonando il Senato". 
A volte i riconoscimenti più veri vengono dai nemici più accaniti, che magari, proprio per lo scontro così prolungato e ravvicinato, ti conoscono meglio.
Ma la considerazione più importante di Facci è l'altra, non nuova ma che in tanti proprio non vogliono capire : Berlusconi quando parla in video non si rivolge agli italiani tutti, ma al "suo popolo", che cerca di tenere unito, compatto, in un momento difficile dove il suo uscire di scena suonerebbe come un "si salvi chi può", con una diaspora dell'elettorato di centro destra e comunque ostile alla sinistra radicale-ortodossa che non avrebbe più punti di riferimento e raccolta.
Le parole sono sempre le stesse ? Le promesse idem ? Non è più credibile ? Non per loro.
Per milioni di italiani ancora oggi Berlusconi è l'argine contro gli eredi del comunismo, contro la sinistra delle tasse (chi si batte contro IMU e IVA ? servirebbe altro per il risanamento ? solito errore : al popolo berlusconiano intanto serve e va bene QUELLO !), è il perseguitato della magistratura rossa. E per tutto questo, è il Capo al quale si perdonano i non pochi errori e le altrettante delusioni.
Wright or wrong, it's my country. 
Si può schernire questa gente, ritenerla figlia di un dio minore, antropologicamente fallata. E così facendo continuare a perdere le elezioni senza capire mai il perché. Poi arrivano quelli seri, come Ricolfi, Orsina, che cercano di capire una così gran numero di loro concittadini, immaginando NON che siano inferiori, ma semplicemente diversi. E con la diversità ci si confronta, così chissà mai si riesca a capirla. 


Giornalisti, sveglia: Berlusconi mica parla con noi...

Quei commenti ironici e velenosi che seguirono il video del '94 dimostrano che molti di noi non capiscono niente



Colleghi, sveglia: Berlusconi mica parla ai giornalisti
Uh, il videomessaggio di Berlusconi, che ridere. Questo oggi. Ma non è che il Berlusconi del 1994, quanto a consensi, fosse messo meglio di oggi. Anzi. I primi sondaggi del Cirm di Nicola Piepoli, enfatizzati dal Tg3, davano Forza Italia al 6 per cento. E la prima celebre videocassetta spedita ai telegiornali il 26 febbraio 1994 («L’Italia è il paese che amo») fu trasmessa solo dal Tg4 di Emilio Fede e da Studio Aperto di Paolo Liguori. Il Tg3 la troncò subito e chiamò a ridicolizzarla il verde Mauro Paissan: «Per la sinistra, Berlusconi in politica è un vantaggio». Sul Tg1, Achille Occhetto parlò di discorso «risibile». Su Telemontecarlo, Sandro Curzi oppose un editoriale quasi di scherno. Eugenio Scalfari, sulla Repubblica, scrisse l’editoriale «Scende in campo il ragazzo coccodè». Curzio Maltese, sulla Stampa, scrisse che «Ricorda il profeta di Aiazzone, i toni sono da quarta elementare». Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera, scrisse che «Ha il sapore finto della plastica e la cadenza rigida della clonazione». Che cosa vogliamo dire, con questo? Niente, nel senso che noi giornalisti è meglio che non diciamo più niente, perché dimentichiamo sempre una cosa: Berlusconi non parla con noi, non gliene frega niente di piacere a noi. E infatti. Tantoché il più delle volte, ogni volta che non capivamo Berlusconi, non capivamo il Paese.

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