domenica 9 marzo 2014

MA L'ECONOMIST NON TIRA PIU' ?


L'Economist...il giornale inglese che era improvvisamente diventato la bibbia delll'Italia di Capalbio e plebe spiaggiata nei dintorni, perché era uso sparare a palle incatenate contro Silvio Berlusconi.
In realtà, è un giornale molto critico nei confronti del nostro paese in generale (non che noi non offriamo dei motivi validi). E quindi non è che, uscito il Cav da Palazzo Chigi,   poi sono iniziati i peana. Tra le critiche mosse, il fatto di essere un paese a dubbio livello di democraticità, che da un po', esattamente sei anni, non riusciamo ad esprimere un Premier regolarmente scelto dagli elettori ( e anche questo può essere colpa nostra, che "non sappiamo votare"), ma c'è di più, e di peggio. 
E' vero che per loro, quelli dell' Economist, Berlusconi era  una iattura, però era comunque il leader uscito vincitore dalle urne (sono sei anni che non se ne vede più uno...). DI fatto, scrivono gli inglesi, in Italia i premier utlimamente vengono scelti "altrove", e nemmeno al Colle, che, alla fine, anche se la Costituzione dice altro, il Presidente della Repubblica è pur sempre un italiano. No, viene deciso nel centro Europa (Bruxelles, Berlino, Francoforte). 
Anche il Financial Time è di questo avviso.
Mi aspetto che da Capalbio arrivi lo sdegnato invito : Inglesi, fatevi i fatti vostri che avete i vostri problemi a cui pensare.
Il che è sicuramente vero, ma lo era anche prima...
Ecco il malcostume raccontato da Facci



L'appunto

Ah già, l’Economist


Ah già, l’Economist
Se tizio scrive una cosa che reputiamo sbagliata, noi giornalisti gli diamo del fazioso o del servo. Se scrive una cosa temperata e terzista, replichiamo che è inutile o paraculo. Se scrive una cosa giusta, abbiamo due possibilità: possiamo scrivere che sta per voltare gabbana o, dati i trascorsi suoi e del suo giornale, gli chiediamo con che coraggio scriva certe cose. Non c’è scampo, l’avversario ha sempre torto e lo schema si riversa grezzamente nei talkshow. Le notizie continuano a essere ingigantite o nascoste a seconda che faccia comodo, e dei fatti interessa solo l’uso che si possa farne. Si prenda l’Economist, settimanale che per vent’anni abbiamo esaltato o liquidato a seconda che giudicasse «inadatto» Prodi o più spesso Berlusconi, dopodiché ce lo scordavamo per anni. Bene: l’altro giorno ha scritto nero su bianco, l’Economist, che «le euro-élites hanno costretto Italia e Grecia a sostituire leader eletti democraticamente con tecnocrati». Lapidario. Definitivo. Tre settimane prima l’aveva scritto il Financial Times: ormai è Storia con la “s” maiuscola, ma è scritta chiaramente solo all’estero. E prima che certi pavidi editorialisti di Corriere-Repubblica-Stampa chiedano «dov’è la novità?», siamo noi a chiedere loro: dov’eravate voi, pavidi quali siete? Che cosa scrivevate voi, mentre la democrazia italiana veniva deflorata? Non passerà alla Storia, quello che scriveste nel reggere il sacco ai tecnocrati: ma - è una promessa - non ce lo dimenticheremo lo stesso.

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