E' passata sotto traccia la notizia che la Corte Europea di Strasburgo competente per i diritti dell'uomo ha considerato non infondate le ragioni del ricorso presentato dal cittadino europeo Silvio Berlusconi contro il processo che lo ha condannato per frode fiscale.
Ci torna su il bravissimo - e coraggioso, perché purtroppo bisogna essere coraggiosi per scrivere certe cose - Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, evidenziando come non sia una pagina bella per l'amministrazione della Giustizia in Italia.
Non si tratta, opportunamente ricorda l'editorialista, della innocenza o colpevolezza del Cavaliere, ma l'ammissione che le critiche mosse alla conduzione di vari processi possono essere fondate, e meritano pertanto approfondimento.
Va da sé che una conduzione specchiata, senza ombre dei vari procedimenti, come dovrebbe essere la regola (vieppiù, vorrei aggiungere, quando il processo investe leader politici, con tutti i legititmi sospetti conseguenti), avrebbero comportato la pronuncia di inammissibilità del ricorso, e invece così non è stato.
Quindi avevano ragione i colleghi, avvocati difensori dell'ex Premier, a lamentarsi, e la tesi del sopruso giudiziario appare meno pretestuosa di ieri.
Intanto, chi si è sbrigato a farne votare la decadenza da senatore, oggi sta da lui, non dico col cappello in mano ma quasi, a richiedere il soccorso parlamentare per far votare le famose riforme.
Non che l'alleanza stia procedendo con grandi successi, però intanto il patto del Nazareno è una strana realtà.
Per Berlusconi una Vittoria morale
sullo Standard civile della Giustizia
Se la Corte europea deputata a giudicare sulla tutela dei diritti dell’uomo ammette il ricorso di Berlusconi sulla sentenza di condanna per frode fiscale, non significa che Berlusconi sia innocente, ma che non erano manifestamente infondate le sue doglianze sui modi con cui si era arrivati alla sentenza. Per il condannato Berlusconi è indubbiamente una vittoria morale. Non ammetterlo non sarebbe onesto. Come sarebbe poco onesto non riconoscere che per la giustizia italiana si è scritta in Europa una brutta pagina.
Una giustizia orgogliosa e sicura di sé non dovrebbe nemmeno essere sfiorata dal sospetto di aver anche solo marginalmente violato i diritti di un suo cittadino. Invece può accadere che quel sospetto sia avanzato. Con un passaggio giuridico sorprendente per tutti, forse anche per la stessa difesa dell’imputato Berlusconi. Sorprendente certamente per chi ha considerato il ricorso dei legali di Berlusconi come l’ennesimo espediente dilatorio, come l’ennesima manovra platealmente «ostruzionistica» per impedire di giungere alla parola fine di una vicenda giudiziaria che si era conclusa con una sentenza di condanna definitiva dopo il verdetto della Cassazione, nell’agosto del 2013. Per questo oggi appare meno limpido il tono perentorio con cui si è decisa la decadenza di Berlusconi dal Senato in applicazione restrittiva della legge Severino. Sulla non applicabilità retroattiva di quella legge si erano espressi un anno fa molti giuristi, anche non vicini allo schieramento berlusconiano: a cominciare proprio da quel Luciano Violante, ironia della storia, la cui candidatura alla Corte costituzionale viene in questi giorni sabotata dai franchi tiratori in Parlamento. Ma le forze politiche favorevoli alla decadenza hanno voluto bruciare i tempi, liquidando il ricorso di Berlusconi alla Corte dei diritti dell’uomo come un escamotage palesemente infondato. A Strasburgo dicono che però non fosse poi così infondato, o comunque immeritevole di essere esaminato più approfonditamente.
Dunque non la colpevolezza o l’innocenza di Berusconi devono essere riesaminate. Ma la correttezza delle procedure nel corso dell’iter che ha portato alla condanna. Per questo la pagina di Strasburgo non è una buona notizia per lo standard «civile» della nostra giustizia. Per questo non bisognerebbe mai più sottovalutare gli argomenti di chi si considera vittima di un sopruso giudiziario. Anche se poi un verdetto finale dovesse dar torto a Berlusconi. Una storia infinita, ma piena di insegnamenti.
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