domenica 5 ottobre 2014

ALESINA E GIAVAZZI : APPELLO A RENZI . PER UNA MANOVRA CORAGGIOSA , GIU' LE TASSE

 

E con questo, siamo al terzo governo consecutivo che per cercare di tenere a bada i conti l'unica cosa che sa immaginare è AUMENTARE LE TASSE. Anche questo di Renzi, per conservare almeno il tetto del 3% - in realtà, secondo Bruxelles e Berlino, dovremmo scendere ulteriormente, per arrivare al pareggio entro il 2016/17 - alla fine vedrete farà così (si sente parlare di Iva, e sarebbe il terzo aumento dal 2011, poi è stata reintrodotta la tassa sulla prima casa, che Letta per un anno aveva abolito, e    la fantasia, animata dalla fame di soldi, partorirà altri mostri ) .
Tutto questo perché, esattamente come i cugini francesi (leggere il bell'articolo di Massimo Nava, corredato di puntuali osservazioni di Giacalone :   http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/francia-il-coraggio-della-disperazione.html ) la classe politica, e segnatamente quella che siede al governo, da decenni non pensa che a galleggiare, non a governare, facendo le cose dolorose che in tanti dicono e scrivono, ma che nessuno fa.
Del resto, resta sempre valida la famosa frase attribuita ad un politico di lungo corso "cosa dovremmo fare per migliorare l'economia l'avremmo anche capito, ci dovrebbero spiegare come si fa dopo a farsi rieleggere..".
Alesina e Giavazzi, vedendo la mala parata del DEF, vale a dire il programma economico per il 2015, provano a lanciare l'allarme ed esortare il Premier ad avere coraggio.


 
Piccole misure senza ambizioni 

di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi


 Il governo sta compiendo un errore che potrebbe costarci un altro anno (sarebbe il quarto consecutivo) di crescita negativa con conseguente, ulteriore aumento della disoccupazione. Nessun Paese industriale, almeno negli ultimi 70 anni, ha avuto una recessione tanto lunga. Se non cresciamo, il debito ( già al 131,6% del Pil ) rischia di diventare insostenibile, almeno nella percezione degli investitori internazionali, che ne detengono oltre 600 miliardi. Se non ricominciamo rapidamente a crescere rischiamo una crisi finanziaria.
La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza pubblicata dal governo la scorsa settimana assume che la crescita miracolosamente aumenti di quasi un punto: dal -0,3 previsto per il 2014 a +0,6 nel 2015. L’Ocse invece prevede un misero +0,1. Da dove verrà quel mezzo punto di crescita in più? Previsioni ottimistiche sono un vecchio trucco per fare apparire più roseo il bilancio. Se la crescita non dovesse raggiungere il livello previsto dal governo anche l’obiettivo di un deficit inferiore al 3% verrebbe mancato, salvo una correzione dei conti in corso d’anno che in parole semplici vuol dire un aumento di imposte. E comunque il ministro Padoan ha detto che già nella legge di Stabilità gli ammortizzatori sociali «saranno coperti dalla spending review e da alcune misure di efficientamento delle entrate». Ecco come si sta sotto il 3%: con un aumento della pressione fiscale!
Deve essere chiaro che c’è un solo modo per sperare di poter riprendere a crescere: ridurre la pressione fiscale.  
Abbassare le tasse sul lavoro pagate dalle imprese italiane al livello di quelle tedesche significa tagliarle di 40 miliardi. Tagliare immediatamente le spese di una cifra corrispondente non è possibile perché per ridurre la spesa serve tempo. Se solo si fosse cominciato prima! Nei prossimi due, tre anni quindi supereremmo la soglia del 3%.
Se sforiamo, entreremmo nella procedura prevista per chi viola le regole europee, ma senza effetti significativi se già avessimo approvato un programma vincolante di tagli alla spesa e varato per decreto una riforma seria del mercato del lavoro. È ciò che fece la Germania nel 2003 quando Schröder varò la sua riforma del lavoro. La Francia ha annunciato per il 2015 un deficit del 4,3%, ma finora Hollande non ha fatto alcuna riforma significativa.
Certo, è più facile per il ministro dell’Economia fare poco o nulla cercando di resistere sotto il 3%, magari con un aumento mascherato della pressione fiscale, e farsi applaudire nei consigli europei. Un piano complesso e innovativo di tagli di tasse, riduzioni di spesa e riforme richiederebbe un massiccio investimento di credibilità politica. Ma è l’unica via per salvare il governo di Matteo Renzi e, ciò che è più importante, l’Italia.

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