E con questo, siamo al terzo governo consecutivo che per cercare di tenere a bada i conti l'unica cosa che sa immaginare è AUMENTARE LE TASSE. Anche questo di Renzi, per conservare almeno il tetto del 3% - in realtà, secondo Bruxelles e Berlino, dovremmo scendere ulteriormente, per arrivare al pareggio entro il 2016/17 - alla fine vedrete farà così (si sente parlare di Iva, e sarebbe il terzo aumento dal 2011, poi è stata reintrodotta la tassa sulla prima casa, che Letta per un anno aveva abolito, e la fantasia, animata dalla fame di soldi, partorirà altri mostri ) .
Tutto questo perché, esattamente come i cugini francesi (leggere il bell'articolo di Massimo Nava, corredato di puntuali osservazioni di Giacalone : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/francia-il-coraggio-della-disperazione.html ) la classe politica, e segnatamente quella che siede al governo, da decenni non pensa che a galleggiare, non a governare, facendo le cose dolorose che in tanti dicono e scrivono, ma che nessuno fa.
Del resto, resta sempre valida la famosa frase attribuita ad un politico di lungo corso "cosa dovremmo fare per migliorare l'economia l'avremmo anche capito, ci dovrebbero spiegare come si fa dopo a farsi rieleggere..".
Alesina e Giavazzi, vedendo la mala parata del DEF, vale a dire il programma economico per il 2015, provano a lanciare l'allarme ed esortare il Premier ad avere coraggio.
Piccole misure senza ambizioni
di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi
Il governo sta
compiendo un errore che potrebbe costarci un altro anno (sarebbe il quarto
consecutivo) di crescita negativa con conseguente, ulteriore aumento della
disoccupazione. Nessun Paese industriale, almeno negli ultimi 70 anni, ha avuto
una recessione tanto lunga. Se non cresciamo, il debito ( già al 131,6% del Pil
) rischia di diventare insostenibile, almeno nella percezione degli investitori
internazionali, che ne detengono oltre 600 miliardi. Se non ricominciamo
rapidamente a crescere rischiamo una crisi finanziaria.
La Nota
di aggiornamento al Documento di economia e finanza pubblicata dal governo la
scorsa settimana assume che la crescita miracolosamente aumenti di quasi un
punto: dal -0,3 previsto per il 2014
a +0,6 nel 2015. L’Ocse invece prevede un misero +0,1.
Da dove verrà quel mezzo punto di crescita in più? Previsioni ottimistiche sono
un vecchio trucco per fare apparire più roseo il bilancio. Se la crescita non
dovesse raggiungere il livello previsto dal governo anche l’obiettivo di un
deficit inferiore al 3% verrebbe mancato, salvo una correzione dei conti in
corso d’anno che in parole semplici vuol dire un aumento di imposte. E comunque
il ministro Padoan ha detto che già nella legge di Stabilità gli ammortizzatori
sociali «saranno coperti dalla spending review e da alcune misure di
efficientamento delle entrate». Ecco come si sta sotto il 3%: con un aumento
della pressione fiscale!
Deve essere chiaro che c’è un solo modo per sperare di poter
riprendere a crescere: ridurre la pressione fiscale.
Abbassare le tasse sul
lavoro pagate dalle imprese italiane al livello di quelle tedesche significa
tagliarle di 40 miliardi. Tagliare immediatamente le spese di una cifra
corrispondente non è possibile perché per ridurre la spesa serve tempo. Se solo
si fosse cominciato prima! Nei prossimi due, tre anni quindi supereremmo la
soglia del 3%.
Se sforiamo, entreremmo nella procedura prevista per chi
viola le regole europee, ma senza effetti significativi se già avessimo
approvato un programma vincolante di tagli alla spesa e varato per decreto una
riforma seria del mercato del lavoro. È ciò che fece la Germania nel 2003 quando
Schröder varò la sua riforma del lavoro. La Francia ha annunciato per il 2015 un deficit del
4,3%, ma finora Hollande non ha fatto alcuna riforma significativa.
Certo, è più facile per il ministro dell’Economia fare poco
o nulla cercando di resistere sotto il 3%, magari con un aumento mascherato
della pressione fiscale, e farsi applaudire nei consigli europei. Un piano
complesso e innovativo di tagli di tasse, riduzioni di spesa e riforme
richiederebbe un massiccio investimento di credibilità politica. Ma è l’unica
via per salvare il governo di Matteo Renzi e, ciò che è più importante,
l’Italia.
Nessun commento:
Posta un commento