venerdì 21 novembre 2014

PERCHE' FERRARELLA E' PEGGIO DI TRAVAGLIO



Definii Ferrarella, una delle firme di "giudiziaria" del Corriere della Sera (insieme a Sarzanini e Bianconi...ci sarebbe da non comprarlo più e infatti ci sto pensando) un Travaglio in guanti bianchi. Come Marco Manetta, anche Luigi Ferrarella è un giustizialista, sempre dalla parte dei PM e dei giudici che condannano (quelli che assolvono meno, però lui cerca, come in questo caso, di capire il perché della scelta sciagurata). Come Travaglio ha in uggia le garanzie del processo, che giudica troppe e di ostacolo alla verità e alla "giustizia". Però tutto questo lo esprime con toni più pacati, senza il furore giacobino e forcaiolo dell'altro. Forse è ancora più pericoloso. Perché un tifoso dichiarato, un ultrà con sciarpa, bandana e bandiera, lo riconosci subito, e se non appartieni alla sua fede nemmeno lo stai a sentire. Ma se quel tifoso si veste in doppio petto, corri il rischio di pensare che sia un "ragionante", e invece è uguale al primo, solo più subdolo.
Guardate il commento di oggi sul caso Eternit.   Ferrarella non si arruola nelle fila delle tricoteuse (quelle che facevano la maglia ai piedi della ghigliottina), spiegando che stavolta il problema è nelle leggi, certo non nei giudici ( in realtà fa quello che fa sempre : difende la casta in toga, a prescindere se, come in questo caso, possa avere ragione). Se l'accusa è "disastro ambientale", allora c'è poca da strepitare e urlare, ormai come pappagalli intronati "vergogna vergogna !", il tempo di prescrizione è quello, ed è trascorso. Anzi, lo era già al momento di formulare l'accusa !! Un processo nato morto, di cui nessuno chiederà conto a chi lo ha così male impostato.
Per il giornalista quindi, stavolta il tempo non è il punto nodale del problema, anche perché sarebbe assai rischioso, da un punto di vista economico imprenditoriale, dilatare sine die i tempi di prescrizione di fattispecie del genere ( non è mica un caso se gli stranieri hanno imparato a girare al largo dall'Italia. Troppo di tutto : giudici, leggi, fisco e burocrazia. Dite la verità, ma voi ci verreste in un paese siffatto ???). Bisogna rinnovare il diritto penale, contemplare nuove fattispecie di reato e disciplinarle in modo che non accadano cose come queste. 
In tutto questo, Ferrarella però ci tiene a ribadire il suo pensiero generale, travagliesco : la prescrizione va cambiata, ed è facile immaginare in che modo, e sta storia dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" ha bello che stufato ! Ma in tutti i paesi del mondo civile è così, almeno come principio ! E chissene, pensa Ferrarella - mentre Travaglio ha il coraggio di gridarlo -, basta con questa storia del meglio un colpevole fuori che un innocente in galera !
Sul Corriere è così. Sulla Stampa è peggio. Repubblica non lo so, la leggo poco, ma certo non immagino sia meglio.
Che Dio ci preservi Sansonetti e il suo Garantista, finchè regge.




Ma i tempi non sono il vero nodo
di Luigi Ferrarella
 

Di fronte a 3.000 morti, ogni parola rischia di suonare oscena. Ma osceno è anche illudere la gente che la prescrizione sia dipesa dalla lentezza della giustizia (3 gradi di giudizio in appena 4 anni?) o dai guasti della per molto altro nefanda legge ex Cirielli, anziché dal messianico continuo chiedere solo al processo penale ciò che fatica a dare: l’applicazione delle classiche categorie di responsabilità nate negli Anni 30, e dell’asticella probatoria più alta che nel civile («l’oltre ogni ragionevole dubbio»), a eventi epidemiologici lesivi di un indeterminato numero di persone e svelati dalla scienza decenni dopo. Per superare l’ardua prova di esclusivo nesso di causa tra amianto e singole morti, la Procura aveva scelto non di contestare 3.000 omicidi, ma di ricondurre i danni alle persone al «disastro ambientale innominato», fonte di «pericolo per la pubblica incolumità» più agevole da provare. Per la Cassazione il reato c’è, ma c’è pure la conseguenza sulla prescrizione. Se infatti si fosse proceduto per i 3.000 omicidi (come ora i pm faranno per 256 morti), la si sarebbe calcolata a partire da ciascun evento-decesso, da 10 anni fa per chi morì 10 anni fa, dal 2020 per chi morirà nel previsto picco del 2020; invece il disastro ambientale è reato di pericolo, si consuma al momento in cui la condotta crea pericolo all’incolumità pubblica. Per allungare la prescrizione il pm indicava nel II comma (12 anni di pena «se avviene crollo o disastro») una non mera aggravante ma autonoma fattispecie, prospettando un reato permanente finché permanenti erano e sono e saranno i suoi effetti epidemiologici. Ma per la Cassazione, affinché un reato sia permanente, non basta che permanenti siano gli effetti (l’ammalarsi e morire delle persone), ma occorre che l’evento perduri a causa di una persistente condotta dell’imputato. E siccome qui la condotta era cessata alla chiusura delle fabbriche nel 1986, i 15 anni di prescrizione son scaduti nel 2001, prima dell’avvio indagini del 2004. Rimedi? O il legislatore inserisce questi reati tra quelli che non si prescrivono mai, però esponendo a incerte conseguenze penali e risarcitorie chi fa impresa, gli eredi e pure gli estranei subentrati; o ripensa le attuali categorie del processo penale. La Corte costituzionale, in un inciso del 2008 proprio sul reato di disastro ambientale, lo suggerì. Inascoltata. Da chi ora gronda «indignazione».

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