mercoledì 6 gennaio 2016

CONFRONTARE ARABIA ED IRAN E RINGRAZIARE DIO PER NON ESSERCI NATI



Ho trovato interessante ed efficace il servizio realizzato dal Corriere della Sera che mette a confronto i due grandi paesi mediorientali che si guardano minacciosi e forse arriveranno a farsi la guerra apertamente, laddove da un po' se la stanno facendo per procura, "limitandosi" ad armare altri.
Trovo oltretutto significativo che sia stato affidato ad una donna, Viviana Mazza, che se fosse nata in quei posti, se lo sarebbe sognata di fare (bene, ma questo non c'entra) di fare la giornalista.
Esaminando TUTTI i possibili scenari, il quadro è deprimente : Democrazia, Libertà, stato delle donne, Cultura ...fino alla pena di morte.
Quando noialtri occidentali ci fustighiamo criticando la parte del mondo dove ci è capitata la fortuna di nascere, forse dovremmo guardare meglio da cosa siamo scampati....




Il Corriere della Sera - Digital Edition

Riad  -   Teheran due Islam a confronto

Sauditi e iraniani si sfidano per l’egemonia in Medio Oriente. I loro modelli divergono
Viviana Mazza


Un regime sunnita e uno sciita, entrambi definiti «non liberi» da organizzazioni non governative come Freedom House e da associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch. Due Paesi con storie diverse: quella del Regno saudita lunga 83 anni, quella dell’Iran passata anche per la monarchia costituzionale. La differenza più grande? Forse è la presenza in Iran di una società civile attiva e forte, che l’Arabia Saudita non possiede.
   

Democrazia

Riad L’ultimo rapporto di Freedom House sulla democrazia conta l’Arabia tra i 12 Paesi peggiori al mondo per i diritti civili e politici. È una monarchia assoluta dove si applica la sharia (la legge islamica). Non c’è Carta costituzionale: il Corano e la Sunna (la tradizione del Profeta Maometto) sono la Costituzione. Il governo è nominato dal re, vietati i partiti politici, il dissenso è criminalizzato. Ogni 4 anni, il re nomina il Majlis al Shura, un parlamentino consultivo di 150 membri. L’unico caso di voto popolare è quello per i consigli municipali. Alle ultime elezioni, l’affluenza era irrisoria: 700 mila su 30 milioni.

Teheran Freedom House indica l’Iran tra i «Paesi non liberi», un gradino sopra l’Arabia Saudita. Ci sono un presidente e un Parlamento, ma la Guida suprema è in cima alla piramide del potere politico e religioso. È comandante delle forze armate, dirige la politica estera, nomina il capo della magistratura, della tv di Stato, la metà dei membri del Consiglio dei Guardiani (gli altri sei li nomina il capo della magistratura). Il Consiglio ha potere di veto sui candidati alle elezioni. Solo ai partiti fedeli all’ideologia della Repubblica Islamica è permesso operare. Nella Costituzione, basata su quella del 1907, è stato inserito il principio di preminenza della sharia.


  
Libertà

Riad Il regime saudita controlla contenuti e quote di proprietà dei media (è saudita Al Sharq Al Awsat , il più diffuso quotidiano arabo). È vietato ai media offendere le autorità politiche e religiose. Nel tentativo di limitare l’influenza dei nuovi media ha bloccato l’accesso a oltre 400 mila siti web considerati immorali o politicamente sensibili. Dal 2011 è necessaria una licenza per aprire blog e siti web. I social media non sono bloccati ma molti scrittori e attivisti sono stati incarcerati. È anche vietata ogni pratica pubblica di religioni diverse dall’Islam (e vi sono limitazioni per gli sciiti) e la diffusione dell’ateismo.

Teheran La tv di Stato è controllata dai conservatori, i giornali e le riviste sono soggetti a censura. Come negli anni Novanta sotto il presidente riformista Khatami, anche dopo l’elezione di Rouhani nel 2013 diversi giornali hanno ricevuto nuove licenze. Ma allo stesso tempo molti sono stati chiusi per ordine delle autorità giudiziarie, come per esempio Zanan (Donne). Diversi giornalisti sono stati arrestati, tra cui il corrispondente del Washington Post . Ma gli intellettuali e gli artisti hanno imparato a «camminare sul filo». Decine di migliaia di siti web sono filtrati, inclusi Twitter e Facebook, eppure sono usati dal presidente e dallo stesso Khamenei.
 

Donne


Riad Per la prima volta a dicembre le donne saudite hanno votato e si sono candidate nelle elezioni municipali: 20 hanno vinto. Nel 2013, in 30 sono entrate nel parlamentino consultivo. Nel 2012 due hanno partecipato alle Olimpiadi. Nel 2011 il governo ha ordinato di assumerle nei negozi di lingerie. Passi storici, ma le donne sono tuttora trattate come minorenni: è vietato guidare, possono lavorare, studiare, viaggiare, curarsi in ospedale solo con l’assenso del «guardiano» (marito, padre o figlio). Spetta loro la metà dell’eredità dei fratelli; la testimonianza di un uomo è pari a quella di due donne. Molte studiano ma l’occupazione femminile è al 15%.

Teheran In Iran sono politicamente attive sin dai primi del 1900. Il velo è obbligatorio come in Arabia, ma molte iraniane al chador nero preferiscono veli che lasciano scoperta gran parte del capo. Le studentesse superano i maschi in facoltà come Medicina, e sono presenti in quasi tutti i settori lavorativi, nel Parlamento e nel governo (ma non tra i giudici, e le candidate alla presidenza sono state squalificate). La sharia anche qui prevede metà dell’eredità dei fratelli per le figlie; la testimonianza vale la metà di un uomo; in caso di divorzio la custodia dei figli va al marito. Mentre Riad non ha età minima per il matrimonio, in Iran è 13 anni.

Cultura

Riad In Arabia Saudita non esistono cinema ma i film e le serie tv sono accessibili via canali satellitari, video, Internet. Il principe saudita Walid bin Talal ha un canale tv importantissimo, Mbc , con sede a Beirut e finanzia generosamente il cinema egiziano. La cultura e le arti pongono l’enfasi sulle tradizioni, non solo coraniche: c’è un importante festival di corsa dei cavalli, inaugurato spesso dal re in persona; le gare di poesia nabati, un genere beduino, sono popolari. I giovani crescono in una società tribale e collettivista, ma anche ascoltando musica in Rete e superando i muri via Instagram, Snapchat, Twitter.

Teheran L’ayatollah Khomeini denunciava la velenosa influenza culturale occidentale. Nel 1979 la teocrazia bandì musica, danza, arte moderna. Il museo nazionale di arte contemporanea di Teheran relegò in cantina i Picasso, Pollock, Warhol. Ma il governo è stato costretto ad allentare le restrizioni. Dopo la morte di Khomeini sono tornati i concerti, poi le opere teatrali. I copioni hanno bisogno di approvazione governativa ma l’Iran è patria di grandi registi da Kiarostami a Farhadi. Le contraddizioni sono tante: sei iraniani sono stati condannati per un video su YouTube in cui danzavano sulle note di Pharrell Williams.

  

Pena di morte


Riad Le esecuzioni sono state 87 nel 2014 e 158 nel 2015, con accuse come stupro, omicidio, traffico di droga, terrorismo. Sono frequenti le decapitazioni pubbliche. L’applicazione della sharia e della pena capitale hanno portato Amnesty International a criticare «l’assenza totale di diritti umani». C’è chi ha fatto confronti tra le pene inflitte in nome della legge islamica nel Califfato e quelle applicate da Riad: in casi di blasfemia, omicidio, omosessualità è prevista la morte; l’adulterio è punito con la lapidazione se sposati. Ma Riad raramente, se mai, giustizia per blasfemia o adulterio.

Teheran La Repubblica Islamica ha il numero pro capite più alto di esecuzioni capitali al mondo, secondo «Iran Human Rights». Nel 2014 sono state 753; nel 2015 oltre 900. La maggior parte sono legate al traffico di droga, ma si può finire impiccati per omicidio, stupro, sodomia, terrorismo. Attualmente, in pericolo di esecuzione ci sono ben 25 sunniti. In caso di omicidio, si può scampare alla forca pagando alla famiglia della vittima il prezzo del sangue ( qisas ), una pratica che è rischioso criticare (è apostasia), ma la società civile promuove il perdono, aiutando a raccogliere il denaro.

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