martedì 12 aprile 2016

REFERENDUM TRIVELLE : COMUNQUE VADA SARA' UN INSUCCESSO

Risultati immagini per trivellazioni petrolifere italia

Una mia preziosa amica e lettrice mi chiede due righe sul referendum prossimo venturo relativo alla questione trivellazioni.
Siccome lei mi conosce bene (sembra il titolo di un film...) sa perfettamente come la penso : NO tutta la vita.
A me piacerebbe che per una settimana, mica tanto, gli italiani provassero cosa significherebbe vivere secondo le regole degli ambientalisti. Estate e inverno va bene lo stesso, anche se d'inverno sarebbe meglio... Niente nucleare, niente petrolio e tutto quello che da esso deriva, niente termo convettori, niente TAV, niente autostrade...
Un bel salto all'indietro, in una società assai scomoda e disagiata ma sai quanto più salubre !!
Una settimana...basterebbe, sono convinto.
Per approfondimenti, suggerisco la lettura del solito caustico, e chiaro, Giacalone




Trivellati dagli errori

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Il miracolo pauperista s’è realizzato. Ancora una volta la scena presta conferme al pregiudizio culturale secondo cui la produzione di ricchezza e la ricerca dello sviluppo, mediante l’uso di quel meccanismo, meravigliosamente imperfetto, che è il kapitalismo, altro non sia che avidità in danno altrui, come anche il governo degli interessi reali altro che non il viatico per intrallazzi e scambi di favori.
La stessa scena che restituisce al presente il solare inganno che generò la seconda Repubblica, ovvero l’idea che l’etica pubblica (e non il codice penale) possa essere vigilata dalle procure, sicché chi è avversario degli inquisiti, o inquisendi, dimentica quel che sostenne e prende a sostenere l’azione togata. Corriamo giulivi verso la domenica referendaria (17 aprile) praticando, ciascuno per quel che può, la ricetta della miseria. Economica e morale.
Ancora una volta il popolo è chiamato a un voto che sarà poi negato e disatteso, perché ingannevole in partenza. Chi voterà “sì” vorrà dire “no” alle trivelle (la logica capovolta dell’abrogativo), ma se vincerà continuerà a vederle al loro posto.
Se voterà “no” è perché ritiene che trovare il petrolio è una fortuna, sicché si deve continuare a cercarlo ed estrarlo, con nuovi pozzi. Se vincerà continuerà a vedere solo quelli che ci sono.
Entrambe si sentiranno traditi. A ragione. Perché li hanno chiamati a votare una suggestione, non un sensato quesito specifico (relativo solo alla durata dello sfruttamento pari a quella della concessione). Il contrario di quel che stabilisce la Costituzione.
Ha ragione Michele Emiliano, presidente pugliese e magistrato in aspettativa, prestato alla politica del Partito democratico: i promotori dei referendum (fra i quali lui stesso) li hanno già vinti. Il governo ha calato le braghe senza combattere, mettendo in legge il senso di cinque quesiti su sei, sperando poi che sia l’astensione a rimuovere il sesto. Vedo che non si coglie, però, il senso politico di quella scelta, riassumibile in una domanda: come è possibile che il governo tanto appassionatamente impegnato nello sveltire e facilitare, al punto che dopo l’iniziale sbandamento ha aperto una gara a chi ha il maggior merito per l’emendamento pro estrazione di petrolio, sia lo stesso che, poco dopo, infilava commi qua e là, per disinnescare i referendum e rendere impossibile l’estrazione del petrolio? Curioso.
La cosa tragicamente grottesca è che proprio chi pretendere di vestire i panni di una modernità veloce e rombante, quasi futurista, poi, con una condotta pasticciata, non solo spiana la strada alla superstizione pauperista, ma avvalora il pregiudizio culturale che ogni crescita di ricchezza s’accompagna ad arricchimenti illeciti, o sconvenienti. Gli stessi che dissero di non volere considerare verità accertata il contenuto degli avvisi di garanzia (evviva, bravi), poi sono lì a baccagliare con una procura, pensando di potere assumere al governo (oltre che un procuratore indagante ad Arezzo) il compito di stabilire cosa sia reato e cosa no. Una farsa burlesca da cui non ci si salva sperando negli elettori, perché a essi non si porgono scelte alternative sensate. Lo stesso centro destra, che, ancora una volta, fugge la campagna referendaria, evita di dire “no” a quel che va negato, perché adoperarsi a spiegare quel che magari è complicato da spiegare, ma proprio per questo ha senso farlo, potrebbe quasi sembrare un far politica. E non sta bene.
No, gli elettori referendari non potranno risolvere la faccenda, né assentendo, né consentendo, né disertando. Tocca a chi crede d’essere un leader politico. Se è inadatto sarà l’elettore pieno, quello che vota per il Parlamento, prima o dopo, a licenziarlo. Il guaio, serissimo, è che sembrerebbe opportuno un licenziamento di massa.

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