martedì 10 maggio 2016

I MAGISTRATI IN CAMPO CONTRO IL REFERENDUM. BATTISTA RICORDA QUANDO ERA VIETATO VIETARE, ZAGREBELSKY SPIEGA PERCHE' STAVOLTA SAREBBE DIVERSO

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Come sempre crea polemica l'intervento esplicito dei magistrati, individualmente, come gruppi, come associazione, nell'agone politico, nella fattispecie sulla questione referendaria.
L'adesione di molte toghe, che si preannuncia fattiva, con adesione attiva ai comitati per il NO, suscita stavolta più proteste del solito e Pierluigi Battista non manca l'occasione per intingere la sua penna, ricca di pungente ironia, sul caso.

Come mai, si domanda retoricamente il noto editorialista del Corsera, vietato vietare non è più un must ?
Semplice : da quando è finita la Santa Alleanza toghe - sinistra in funzione anti Berlusconi.
Gli esempi citati sono numerosi e calzanti e si potrebbe rimandare, more solito, alla loro lettura e finirla qui.

Però c'è su La Stampa un interessante intervento di Zagrebelsky che a me risulta tra gli schierati in difesa della "Costituzione più bella del mondo" (mah...), e che pure spiega perché stavolta è meglio che i magistrati tacciano.
In questo caso, evidenzia l'ex giudice costituzionale, i magistrati non mettono "a disposizione del dibattito pubblico ciò che si è appreso e maturato nell'esercizio delle funzioni svolte, ma di uso improprio della particolare funzione che la Costituzione assegna alla magistratura. Che quest'ultima sia impropriamente e inopportunamente messa in campo, sperando che pesi nella discussione, è dimostrato dal fatto che nessun media che dia conto di interventi di magistrati ometta di citarne la funzione (procuratore della repubblica, giudice, consigliere del CSM) ; non parla infatti il cittadino, ma il magistrato in quanto tale e perché tale.
Sarebbe bene che non lo facesse ".
Vi convince ? Anche no, perché francamente  in molti altri casi non vi era, non c'è, questo peculiare sapere del magistrato opinionista, che quindi esterna meramente come cittadino, eppure la sua parola viene sempre evidenziata come un valore aggiunto, proprio per la professione esercitata. Che poi, per oltre il 50% degli italiani finalmente questo mito di particolare autorevolezza sia venuto meno - anzi - questa è questione diversa, ancorché ottima così come l'acquisita consapevolezza che più spesso certi esponenti della magistratura parlano in funzione della conservazione di peculiari , contestabili, prerogative,
Insomma, mi convince assai di più il giornalista che il costituzionalista. 


Il Corriere della Sera - Digital Edition


QUANDO PIACEVANO LE TOGHE SCHIERATE

di Pierluigi Battista

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perché poche proteste si alzarono quando Magistratura democratica disse veementemente la sua sull’abolizione dell’articolo 18 quando la sinistra non voleva abolirlo?

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino Armando Spataro si chiede come mai oggi faccia tanto scalpore la scelta dei magistrati di militare, anche con veemenza polemica, per il no referendario sulla riforma costituzionale, mentre analogo divieto non fu reclamato nel 2006, quando si doveva bocciare la riforma costituzionale targata Berlusconi. Sul come mai, ciascuno può trarre le sue conclusioni. Però bisognerebbe sapere che poche proteste si alzarono quando Magistratura democratica, corrente politica dei magistrati in attività, disse veementemente la sua sui tentativi di abolizione dell’articolo 18 quando la sinistra era contro l’abolizione dell’articolo 18. Quando Magistratura democratica nell’autunno del ’94 protestò veementemente contro la riforma delle pensioni proposta dal centrodestra, primo passo per «lo smantellamento dello Stato sociale». Quando Magistratura democratica prese posizione persino sul referendum alla Fiat di Pomigliano d’Arco. E sempre nel nome della difesa della Costituzione offesa, stravolta, violentata.

Nel 2006, poi, il «pronunciamento» dei magistrati contro la riforma berlusconiana assunse i toni di una crociata. Presidente del comitato «Salviamo la Costituzione» era Oscar Luigi Scalfaro. Un altro ex presidente appena uscito dal Quirinale, Carlo Azeglio Ciampi, prese posizione per una riforma che portava l’Italia democratica «fuori dalle regole» con la «smania di liquidare tutto». Ma il bersaglio allora era Silvio Berlusconi, non Matteo Renzi. E la sinistra non trovava così scandaloso che i magistrati partecipassero a una crociata con due presidenti emeriti in prima fila.

Eppure l’intera Magistratura democratica nel 2006 aderì all’iniziativa per «Ricucire la Costituzione» sbranata dal governo di centrodestra. Un giudice di Cassazione come Domenico Gallo parlava di «dittatura del capo del governo» con una riforma che addirittura provocava l’uscita dell’Italia «dalle esperienze delle democrazie occidentali». In un convegno padovano dei «Giuristi democratici» Gallo e altri magistrati paventavano l’avvento di «un nuovo ordinamento autocratico»: autocratico, addirittura.
Si sbeffeggiavano i testi vergati da «saggi del livello dell’ex ministro Calderoli». Il Procuratore della Repubblica Pietro Calogero denunciava indignato che «il bicameralismo, principio cardine della democrazia», venisse soppiantato da un monocameralismo tipico di «uno Stato autoritario»: niente di nuovo sotto il sole del 2016, dieci anni dopo. Calogero accusava le nefandezze di «un sistema tracotante»: nefandezze compiute dalla politica. Poche voci si alzarono per eccepire che un magistrato usasse espressioni così dure nei confronti del «tracotante» sistema politico. Del resto nel ’97 si riteneva assolutamente naturale che un magistrato prestigioso come Gherardo Colombo bollasse come «Bicamerale dei ricatti» quella che, per volontà di Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi, in sede parlamentare doveva scrivere riforme di rilievo costituzionale.

Ma nel 2006, la fantasia referendaria ebbe briglia sciolta. Magistrati titolati parteciparono a fiaccolate per il no come «nuova Resistenza», a manifestazioni con titoli suggestivi come «Parole, musica e Costituzione», a recital con poesie dedicate «ai primi 12 articoli della Costituzione» con Giovanni Puliatti dell’Associazione nazionale magistrati, Ferdinando Imposimato con una lunga carriera politica alle spalle ma che poi rientrerà nei ranghi della magistratura come giudice della Suprema corte di cassazione e che tuonava contro la democrazia «sfigurata», con Alessandro Nencini, un magistrato di valore e di esperienza che peraltro come presidente della Corte d’assise di appello di Firenze chiederà la condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’assassinio della povera Meredith e l’onnipresente Franco Ippolito leader di Magistratura democratica. La stessa Magistratura democratica che addirittura promosse nei lontani anni Settanta referendum con i Radicali contro i reati d’opinione. Magistrati come Elena Paciotti leader dell’Anm che si battè contro un altro referendum indetto dai Radicali. E nel 2016 non è più vietato vietare?

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