domenica 20 novembre 2016

ANCHE SULLA RETE IL SI RENZIANO E' INDIETRO. PARECCHIO

Risultati immagini per referendum sui social

I sondaggi hanno chiuso ufficialmente i battenti, in vista dell'armageddon del 4 dicembre. Gli istituti non potranno più pubblicare i dati che pure continueranno a raccogliere e a passare, sottobanco, ai committenti, i quali a loro volta, se gli farà comodo, troveranno il modo di farli trapelare.
Ipocrisie italiche (negli USA i sondaggisti hanno compulsato dati fino all'apertura dei seggi).
Comunque, con grande dolore Pagnoncelli, palesemente pro riforma, ha annunciato che anche il suo istituto registrava un vantaggio significativo del NO : 8/10 punti.
Normalmente è una forbice resistente all'errore - più probabile quando la distanza non supera i 2 max 3 punti.
Però, avverte, e si consola, Pagnoncelli, la massa che si dice indecisa è ancora molto ampia, e se il SI riesce a intercettarla la rimonta, oggi data per difficile, potrebbe divenire realtà.
Ovviamente i paragoni con le recenti elezioni USA - ma anche prima con la Brexit - si sprecano. Clinton e Remain erano dati in testa e hanno perso.
Vero. Ma, Ricolfi lo spiega benissimo nel suo intervento di domenica scorsa  ( https://ultimocamerlengo.blogspot.it/2016/11/luca-ricolfi-e-lottusita-ignorante-dei.html ), le distanze tra i contendenti erano molto più ravvicinate.
La Clinton aveva avuto, in primavera, vantaggi forti, anche di dieci punti, ma poi, nel tempo, questi si erano sorprendentemente assottigliati. Varie polemiche e scandali (le mail pubblicate, le strane pronunce del capo dell'FBI) le hanno nuociuto assai più del pattume gettato addosso a Trump per le sue straverie sessuali. Sia come non sia, al momento decisivo del voto, i due contendenti erano quasi pari e il sorpasso, temutissimo, era diventato possibile.  In GB la divisione è sempre stata piuttosto netta e il vantaggio del Remain mai rassicurante.
Qui ci sono quasi 10 punti, una montagna.
E' vero, ci sono tanti indecisi, ma perché mai questi dovrebbero alla fine votare in massa per il SI' ? Perché non distribuirsi ? Perché non astenersi ?
In realtà accadranno entrambe le cose, e quindi Renzi e compagni devono più puntare sull'errore, magari indotto, come accaduto in America e Inghilterra, dal fatto che tanta gente non dice la verità all'intervistatore, sapendo che il "politicamente corretto" è opposto al suo più intimo convincimento. Non a caso si registrano importanti differenze tra le intenzioni di voto espresse on line rispetto a quelle telefoniche, dove la presenza di un interlocutore fisico può indurre a esprimersi in modo non sincero.
Questo però non accade nel mondo dei social, dove, notoriamente, la gente si esprime liberamente (fin troppo, spesso).
E anche qui il NO prevale nettamente, anzi decisamente di più che nei sondaggi, già negativi.
Ovviamente, spiega il giornalista del Corsera nell'articolo che segue, le centinaia di migliaia di pronunciamenti raccolti sui vari FB, Twitter, Hastag e via dicendo non hanno alcuna valenza scientifica, perché non rappresentativi di campioni di popolazione correttamente individuati.
Però intanto anche lì per renzino tira brutta aria.
Sarà che l'"accozzaglia" - questa la gentile definizione riservataci dal premier - di quelli del NO è robusta.


Il Corriere della Sera - Digital Edition

Il verdetto (già scritto) dei social.
Ma la Rete non è un seggio

di Massimo Sideri

 Risultati immagini per referendum sui social

I tweet non sono voti. Se lo fossero avremmo già il risultato del referendum: vince il No. Crisi nel governo Renzi: «Se perdo normale che vado a casa» aveva detto a maggio proprio sui social con #matteorisponde. Troppo facile: Twitter non è la pancia del Paese. E nemmeno Facebook. Ma la contabilità è questa: gli emoji ufficiali #iovotosì e #iovotono, lanciati su Twitter il 4 novembre, sono impietosi: 200 mila menzioni secondo i dati ottenuti dal Corriere con l’88% per il No e il 12% per il Sì. Effetto Trump? Forse. Vita dura per sondaggisti, notisti politici e influencer . Anche se questo non è un referendum tanto social: 200 mila menzioni nel turbinio delle condivisioni non sono 200 mila teste, sono noccioline. Per l’hashtag governativo, #bastaunsì, è andata peggio. Da maggio è stato citato 300 mila volte. Servirebbe poi una rete a strascico per il resto: #iodicosi o #perchesipercheno, teorico laboratorio sociale degli indecisi. O degli astensionisti. Andrebbe misurato l’ engagement , dicono gli esperti, la partecipazione. Ma dietro a questi indicatori c’erano già molti dubbi prima che Hillary Clinton perdesse la poltrona più importante del mondo. Per lasciare un segno ci vogliono i «big data» delle elezioni Usa dove si discute degli effetti delle notizie false su Facebook e Google che avrebbero avvantaggiato Trump. Ma qui in Italia siamo agli «extra small data». E pensare che dietro a bastaunsì il governo aveva messo anche una squadra speciale con tanto di account @bastaunsi che ha racimolato 9.355 follower. D’altra parte il @comitatono di Zagrebelsky è fermo a 6.077. Su Facebook, meno elitario con i suoi quasi 30 milioni di italiani, bastaunsi ha alimentato decine di fanpage locali: bastaunsi Lamezia Terme (83 like), Oltrarno Firenze (28), Treviglio (584). C’è anche un bastaunsi Francoforte (65 pollicioni). Che i social non fossero dei panel affidabili per dei sondaggi era già noto da tempo. C’è un’ampia letteratura sull’argomento: una condivisione non è come un diamante, per sempre. I follower sono ondivaghi. Gli influencer si occupano di altro: musica, sport e fede (non quella calcistica). Nella top ten ci sono Valentino Rossi (4,4 milioni di follower), Mario Balotelli (3,8), papa Francesco (3,7). Jovanotti, dato per il sì, non ha voluto tediare i suoi follower con post filo-renziani. Il fan è sacro. Ma chi come Piero Pelù si è schierato (per il No) via Facebook ha avuto 1.900 tra «like», cuoricini e faccine «Ooooh!», 127 commenti e 219 condivisioni. Cosa vorrà dire? Niente forse, se si vuole capire come voteranno gli italiani.

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