Personalmente non ho simpatia per la Gabanelli. Troppo maestrina, da un lato e poi le indagini che fa, ho amici che seguono Report e mi dicono che è ben fatto, sono come gli ospiti di Fazio e della Dandini....tutte con indirizzo monocromatico.Di qui il mio compiaciuto stupore nel vedere che , trattando della sempre di moda questione MORALE, anche lei si sia espressa sul problema per il partito dei "migliori" costituito da Penati.
E qui la Gabanelli, secondo alcuni, applica il disprezzato metodo Boffo.Se non ho capito male il metodo Boffo è prendere un accusatore e sputtanarlo rivelando che non è la persona specchiata che può permettersi prediche...Insomma la classica contestazione del pulpito dell'oratore di turno.
Cosa c'è di scandaloso nel chiedere coerenza a chi si veste dei panni MOLTO, ma MOLTO impegnativi di custode di un valore così alto e così difficile come la MORALE?
Feltri a suo tempo scoprì che Boffo era stata condannato per il reato di molestie....( e questo è stato confermato), dopodiché diede per certi altri elementi che non lo erano (la natura di queste molestie, i presupposti...insomma la storia intera) e per questo si è preso (lui solo???? e Travaglio che sta collezionando condanne varie per il reato di diffamazione? l'ultima di questi giorni!?) . una sospensione dal suo ordine professionale , il peggiore tra i tanti negativi che girano , quello dei giornalisti.
Boffo attaccato si dimise, lo si elesse a vittima e in parte lo era, nella misura in cui non erano certe le cose affermate su di lui. Ma resta che una condanna per molestie l'aveva riportata e per il direttore di un giornale Cattolico che da un po' si era arruolato anch'esso nel folto esercito degli scandalizzati per la vita privata del Premier non era il massimo della coerenza.
Stesso discorso di coerenza morale viene rinfacciato dalla Gabanelli a Filippo Penati, ma come leggerete ne ha anche per un personaggio nuovo del PD, non importante ma tanto a la page : il senatore Carofiglio, scrittore e inventore dell'avv. Guerrieri.
«Ci sono troppi mascalzoni!», e naturalmente i mascalzoni sono sempre gli altri. Il miglior modo per accreditare a se stessi ogni virtù, è quello di individuare nell’avversario il comportamento doloso e dargli addosso, poiché chi ti ascolta penserà che non ti sbilanceresti tanto se fossi simile a lui. Le dichiarazioni corrono veloci nelle interviste, nei talk, nelle tavole rotonde, dentro e fuori le aule parlamentari, e si consumano nell’istante in cui vengono trasmesse o pubblicate. Il giorno dopo i fatti smentiranno quelle parole, ma nessuno se le ricorderà più perché intanto ne arrivano altre.
Chi fa politica sa che non conta quello che fai, ma quello che dici e come lo dici. Ho rivisto in questi giorni un’intervista a Filippo Penati realizzata dal collega Bernardo Iovene a maggio scorso per Report, mai andata in onda perché, come spesso accade, il materiale era parecchio e alla fine qualcosa deve restare nel cassetto. Il contesto era l’acquisizione delle aree intorno a Milano per la grande esposizione internazionale del 2015. Un’ occasione di rilancio per la città e il Paese, che rischia di trasformarsi nella solita gigantesca speculazione edilizia. Un paio di anni fa, era stato nominato amministratore delegato di Expo 2015 S.p.A. l’on. Lucio Stanca. Considerata l’onerosità dell’impegno, il Consiglio Comunale gli aveva chiesto di dimettersi dalla carica di parlamentare, ma lui aveva preferito continuare ad occupare entrambe le poltrone e incassare 2 stipendi (16.000 euro al mese da deputato del pdl, più 300.000 euro l’anno da manager), finchè, a primavera di quest’anno, non è stato costretto ad abbandonarne una, quella dell’Expo.
Filippo Penati esprime su di lui un giudizio duro: «...Si è dimesso dopo un periodo in cui non ha fatto niente… Ci voleva qualcuno che stesse qui (a Milano, ndr) tutti i giorni, che avesse un impegno preciso». Ne stigmatizza l’avidità : «…Alla fine ha preso anche un compenso molto alto, secondo me indebito… Io non ne faccio una questione legale… Ne faccio una questione di moralità…». Penati richiama il politico alle responsabilità del mandato, al sacro rispetto del denaro pubblico e del suo utilizzo nell’interesse della collettività. Penati è chiaro, parla con sincerità, passione e una vena di tristezza. Non puoi non credergli. Un mese dopo, l’indagine sulla riqualificazione della più vasta area dismessa d’Europa precipita Penati in bilico fra concussione e corruzione. Ad Agosto si riapre anche l’inchiesta sui costi della ‘Serravalle’: milioni di euro di denaro pubblico che la “sua” Provincia non avrebbe speso nell’interesse generale. E allora quelle sacrosante critiche all’avversario politico, risentite oggi, suonano sinistre.
Filippo Penati esprime su di lui un giudizio duro: «...Si è dimesso dopo un periodo in cui non ha fatto niente… Ci voleva qualcuno che stesse qui (a Milano, ndr) tutti i giorni, che avesse un impegno preciso». Ne stigmatizza l’avidità : «…Alla fine ha preso anche un compenso molto alto, secondo me indebito… Io non ne faccio una questione legale… Ne faccio una questione di moralità…». Penati richiama il politico alle responsabilità del mandato, al sacro rispetto del denaro pubblico e del suo utilizzo nell’interesse della collettività. Penati è chiaro, parla con sincerità, passione e una vena di tristezza. Non puoi non credergli. Un mese dopo, l’indagine sulla riqualificazione della più vasta area dismessa d’Europa precipita Penati in bilico fra concussione e corruzione. Ad Agosto si riapre anche l’inchiesta sui costi della ‘Serravalle’: milioni di euro di denaro pubblico che la “sua” Provincia non avrebbe speso nell’interesse generale. E allora quelle sacrosante critiche all’avversario politico, risentite oggi, suonano sinistre.
Ci penserà il tribunale ad accertare i reati, ma senza attendere i tempi delle sentenze gli elementi per una condanna morale sono già tutti lì: nella sua opaca gestione dell’operazione Falk e nei bilanci di una Provincia che ha usato il denaro dei contribuenti per continuare ad indebitarsi ed elargire. Penati una volta vendeva polizze Unipol, ma si sapeva destreggiare nelle vischiosità degli affari e della politica, fino a diventare l’uomo di fiducia di Bersani, che lo ha ritenuto meritevole di governare la provincia più importante del Paese. Oggi il suo volto è diventato quello di un partito che deve rifarsi la plastica. Proprio di questo si parlava qualche settimana fa in un talk televisivo: “caso Penati, e la questione morale”. Il senatore del PD Carofiglio, ospite, invita a non concentrarsi sulle questioni giudiziarie, che faranno il loro corso, ma a comprendere “quale “ politico vogliamo, vedendo presumibilmente se stesso quale espressione di una classe politica sana, in grado di voltar pagina e sostituire quella corrotta, incapace, opportunista.
Carofiglio, ex sostituto procuratore, dedica molto tempo alla scrittura e alla promozione dei suoi romanzi, un’attività conciliabile con quella parlamentare che “richiede la mia presenza a Roma dal martedì al giovedì sera”, mi ha confidato una volta. Sono talmente in tanti ad avere i piedi in due scarpe che essere al servizio del popolo e avere contemporaneamente altri impegni che appassionano (o rendono) di più, è diventato normale, addirittura “morale”. Quanti orrori sono stati approvati perché gli onorevoli non hanno avuto il tempo di andare a leggere nelle pieghe degli emendamenti, o perché invece di essere in aula stavano seguendo i processi dei loro clienti o semplicemente i fatti loro? Carofiglio è una persona onesta e capace, ma quale idea ha del mandato che i cittadini consegnano nelle mani del parlametare? Sappiamo che è uno scrittore di successo, come secondo mestiere fa il senatore, e se le cose dovessero andar male può sempre tornare a fare il magistrato, perché essendosi messo in aspettativa, il suo posto non glielo occupa nessuno. Peccato che il suo carico di lavoro, al momento, se lo devono accollare i colleghi, e se non ce la faranno magari qualcuno non avrà giustizia per intervenuta prescrizione. E’ questo il politico nuovo che vogliamo? Qualche giorno fa, sempre in un talk televisivo, Bersani ha citato, “centinaia di giovani e bravissimi amministratori locali”. Siccome sappiamo che esistono, perché il partito non ce li fa conoscere? Perché non li manda avanti invece di tenerli confinati nell’ultima porta dell’ultimo corridoio a tenere in vita una macchina a cui sta fondendo il motore?"
Così conclude la Gabanelli e anche la critica rivolta al bravo e piacione senatore di Bari ( a me piace molto come scrive, e sono uno dei tanti che si è identificato col suo personaggio più riuscito) la trovo assolutamente condivisibile.
Va a vedè che me tocca guardà Report??
Nessun commento:
Posta un commento