lunedì 23 settembre 2013

QUALCUNO SI RICORDA DEL TEATRO VALLE OCCUPATO ? EPIFANI, VALE PER I COMPAGNI "ARTISTI" IL PRINCIPIO DI LEGALITA' ?


 In tutti i libri di storia quando si parla d'Italia post unitaria (non che prima...) tra le cose che sempre ricorrono è la cosiddetta frattura tra paese reale e paese legale. Non fa eccezione quello che sto leggendo in questi giorni "Il Berlusconismo" di Orsina. 
Noi italiani siamo restii al rispetto delle leggi ma non è un fatto lombrosiano (l'istinto criminale genetico che traspare nella fisiognomica) o psichiatrico, bensì storico e quindi sociale.
Ciò posto, l'improvvisa scoperta del valore della "legalità" cui assisto in questi giorni mi farebbe felice, se lo vedessi però diffuso e senza amnesie.
Per esempio, abbiamo grossi problemi di legalità a livello SISTEMICO in almeno 4 regioni italiane (ma in realtà leggiamo che le cose si stanno mettendo male anche altrove), eppure mi sembra si sia assolutamente assuefatti alla cosa. Per sistemico intendo  una criminalità diffusa, con la quale molti settori della società convivono, vittime o collusi. Ma senza parlare delle solite mafie , abbiamo il caso clamoroso dei NO TAV in Piemonte, con candidati alla presidenza della Repubblica che mostrano comprensione per i ragionamenti delle BR (d'accordo, Rodotà si sarà espresso meglio di così, ma resta che da quelle parti la legge viene violata ogni giorno anche da amministratori pubblici, in rivolta contro una realizzazione che, al momento, è prevista e tutelata dalla Legge).
Ma ci sono illegalità  minori, rispetto a quelle citate, guardate con indulgenza politica anche generazionale. Pierluigi Battista, testimone molto scomodo della nostra società, ricorda quella dimenticata dell'occupazione dello storico (e un tempo bello) teatro Valle di Roma. 
Io sono tristemente certo che tra gli amici (che pur tali sono, hanno altri pregi) che ho, diversi approvano o comunque "comprendono" (proprio come Rodotà...)  l'illegalità perpetrata in questo posto appartenente al Comune e da oltre due anni abusivamente occupato dai compagni artisti. In tutti questi casi, chiedo ai fulminati legalisti sulla via di Damasco, la Legge non vale più ? 
Magistrale l'intervento del già vicedirettore del Corriere della Sera.


Teatro Valle occupato per il «bene comune»


Se tornasse George Orwell, sarebbe colpito dall'impudica «neo-lingua» corrente che chiama il Teatro Valle di Roma occupato «bene comune» anziché bene sottratto alla comunità. Se tornasse Luigi Pirandello e volesse replicare la sua prima di Sei personaggi in cerca d'autore al Valle nel '21, dovrebbe forse chiedere il permesso ai commissari politici che si sono insediati con la forza nel prestigioso teatro romano e che senza alcuna legittimità si sono ribattezzati «Fondazione Teatro Valle Bene Comune», reclamando addirittura il riconoscimento giuridico di una sopraffazione di fatto.
Il Valle è di proprietà del Comune, che da 27 mesi paga regolarmente le bollette, queste sì finanziate dalla collettività dei contribuenti, ma non può disporre di un bene occupato da una minoranza di cittadini che rappresentano solo se stessi. Gli occupanti, che ora vorrebbero nobilitarsi con la sigla di una Fondazione governata da uno statuto redatto non si sa da chi e soprattutto a quale titolo, in compenso non hanno pagato alla Siae i contributi dovuti. Hanno un concetto molto elastico del rispetto della legge, invocato per gli altri, ma deliberatamente ignorato per se stesso e per la propria «constituency» politico-amicale. E non hanno nemmeno partorito in tutti questi mesi qualche brillante idea teatrale, uno spettacolo che avrebbe calamitato la cittadinanza, convinto le autorità, riempito la città di arte e di cultura. Niente di niente. Proclami, i soliti. Retorica, la solita. E soprattutto porte sbarrate a chiunque fosse in disaccordo, a chiunque avesse idee diverse, a chiunque osasse discutere l'occupazione di un bene comune, un ruolo usurpato che adesso si vorrebbe formalizzare con il solito lessico magniloquente e vuoto, residuo caricaturale del passato, lontano da ogni originalità artistica e letteraria.
In tutti questi mesi si è addensato attorno alle sorti del Valle un colossale equivoco. Si è gridato all'allarme privatizzazione. E non era vero. Si è dipinta come lotta generosa a difesa della cultura contro il vile mercato la solita pantomima della mobilitazione per una buona causa. Molte persone che si erano avvicinate incuriosite da questo esperimento si sono via via allontanate, lasciando campo libero al solito nucleo di militanti irriducibili. Anche gli artisti che avevano affiancato l'occupazione sperando di trovare un grande palcoscenico hanno lasciato il Valle al suo destino. Le autorità comunali non hanno spinto le loro obiezioni oltre una certa soglia polemica, per conservare il quieto vivere e per non apparire loschi paladini del vituperato profitto a svantaggio dell'Arte disinteressata venerata dagli occupanti del «bene comune». Oggi un teatro, che è anche un bene storico tutelato dalle leggi, viene messo sotto tutela di una «Fondazione» i cui promotori compiono un a
tto di arbitrio contro tutti gli altri cittadini impossibilitati a dire la loro. Un atto di prepotenza, un male comune.


Nessun commento:

Posta un commento