Lungi da me l'idea di gufare, visto che tengo per i bianconeri , e nemmeno di fare scaramanzia. Diciamo piuttosto che sono preoccupato e scrivo a fini antiansia, confidando che magari qualche amico di casacca mi rassicuri.
Parlo naturalmente della partita di stasera, ultima del girone eliminatorio di Champions, dove non dobbiamo perdere contro il Galatasaray per passare agli ottavi di finale.
Sulla carta la Juve è più forte dei turchi, che hanno delle individualità importanti e anche qualche ex pericoloso (Melo) ma un organico complessivo probabilmente inferiore.
Però, in una partita da "dentro o fuori", una finale, ha il vantaggio di giocare in casa, in uno stadio famoso per essere veramente una bolgia. Certo, alla Juve basterebbe anche il pareggio, ma questi sono calcoli pericolosissiimi e confido che Conte abbia lavorato molto perché la squadra non ne faccia.
La Juve, senza scoprirsi, deve giocare per vincere, che un gol si può prendere al 94' e vanificare ogni cosa.
Tra l'altro, gli highlights di Bologna non sono rassicuranti, che è vero che continuiamo a non prendere gol ma domenica dobbiamo anche ringraziare i giocatori felsinei che un paio se li sono mangiati.
Insomma, stiamo sicuramente meglio rispetto all'inizio della stagione (anche Conte lo ammette, nonostante ripeta che le critiche siano "destabilizzatrici" ), però e anche vero che mentre prima prendevamo gol con facilità anche per poca fortuna, adesso accade il contrario. Insomma in difesa gli errori sono diminuiti (bene) ma non spariti. Per carità, la perfezione non esiste, però stasera sarebbe bello che la si sfiorasse.
Essere eliminati dalla Champions all'inizio sarebbe devastante, a tutti i livelli, e avrebbe ripercussioni grosse, sono certo, anche sul proseguio del campionato.
Che è vero che la coppa stanca fisicamente, ma non giocarla distrugge psicologicamente.
Vedo molta fiducia sulla Stampa e in genere sui giornali, il che mi conforta, ma resta questa sensazione infida.
Sarà il mio passato "trapattoniano" dove ho visto troppe partite puntate sul pareggio e perse appunto all'ultimo minuto, però, paradossalmente, preferirei quasi prendere un gol dei turchi all'inizio, che ci "costringa" a giocare, che arrivare sullo 0-0 a 5 minuti dalla fine...
Bè, vi lascio all'analisi più fiduciosa di Marco Ansaldo, de LA Stampa.
Juve, è l’ora della verità in Turchia
In ballo ottavi e un pezzo di futuro
Sfida senza ritorno con il Galatasaray. Ai bianconeri basta un pareggio.
Conte ad alta tensione: dal risultato potrebbero dipendere le sue scelte
Conte ad alta tensione: dal risultato potrebbero dipendere le sue scelte
REUTERS
La rifinitura della Juve nella «Turk Telekom Arena»: da sinistra, Tevez, Buffon, Bonucci, Padoin, Caceres e Llorente
La tensione di Conte si misura dalle risposte concise e
caustiche con cui ha liquidato alcune domande, ingenuamente puerili,
nella vigilia della partita con il Galatasaray. Ad esempio: «Se anche in
testa al campionato continuo ad essere un martello per la squadra? Mi
considero un allenatore e non un attrezzo». Oppure: «Non ho portato la
squadra a Istanbul un giorno prima per paura - ha spiegato in tono serio
a un giornalista turco -. In Coppa lo faccio sempre: mi piace che i
giocatori visitino le città in cui giocano». E quelli a scrivere,
piacevolmente stupiti da questo italiano che abbina il calcio al
turismo. Non c’è niente di più lontano dal tecnico bianconero,
ovviamente. Tanto più davanti alla partita che rappresenta davvero il
bivio della stagione juventina. Dentro o fuori. In corsa per migliorare
il cammino dell’anno scorso in Champions League o esclusi al primo
turno, declassati all’Europa League (con l’obiettivo poco consolante
della finale nel proprio stadio) o addirittura inabilitati alle Coppe
con il quarto posto nel girone se il Copenaghen compisse l’impresa
fantascientifica di battere il demotivatissimo Real Madrid: c’è una
possibilità su mille ma c’è.
Questo è lo scenario che può riappannare l’immagine e l’appeal internazionali della Juve e dal quale discenderanno, in parte, le scelte future dell’allenatore. Uscendo presto dalla Champions League e in un girone abbordabile i bianconeri farebbero due passi indietro rispetto a un anno fa e ne subirebbero il contraccolpo. Conte potrebbe convincersi che l’opera per rientrare tra le grandissime in Europa è ancora troppo lunga e costosa: sarebbe un’altra tessera per avvalorare l’idea di andarsene, tanto più dopo la vittoria del terzo scudetto che per la gente diventerebbe routine. Invece più si prosegue il cammino e meno la sfida si fa improbabile e lontana: Conte sarebbe più stimolato a provarci per entrare nella storia di un club che in Europa ha raccolto poco.
L’ipotesi più attendibile è che la trasferta in Turchia si concluda bene. La Juve merita la fiducia perché ha ripreso il passo nel gioco e non soltanto nei risultati, la difesa ha dimenticato gli strafalcioni che costarono anche i due gol dell’andata, l’attacco ha trovato un centravanti-centravanti che partecipa alla manovra ma sa come finalizzarla. Ci ha messo due mesi però dall’inizio di novembre la squadra ha recuperato la forza mentale che ne fece la macchina da guerra degli ultimi due campionati e fisicamente sta bene al punto da sopperire (almeno in Italia) all’assenza pesantissima di Pirlo. Quando affrontò il Galatasaray a Torino si percepivano sensazioni diverse, quel 2-2 fu lo specchio di un gruppo distratto che in coppa ha subito 8 gol in 5 partite mentre nelle ultime 7 di campionato non ne ha incassato alcuno. «Siamo cresciuti» ammette Conte e insiste sulla parola «personalità». Il Galatasaray invece sembra ancora in gestazione ed è strano che succeda a una squadra di navigatissimi campioni: Mancini l’ha parzialmente risollevata in campionato ma ci vorrebbe una gru e non il cric per portarla ai valori dell’anno scorso, con Fatih Terim, l’ex allenatore, che formalmente si tiene fuori ma dicono sia sempre dentro a seminare l’ennesimo ritorno. Se la Juve fosse stata costretta a venire a Istanbul con l’obbligo di vincere la pressione sarebbe diversa. «Per noi cambia poco perché per mentalità non andiamo mai in campo per pareggiare ma per vincere», ripete Conte, ma è il primo a conoscere la differenza tra voler fare una cosa o doverla fare a tutti i costi.
Questo è lo scenario che può riappannare l’immagine e l’appeal internazionali della Juve e dal quale discenderanno, in parte, le scelte future dell’allenatore. Uscendo presto dalla Champions League e in un girone abbordabile i bianconeri farebbero due passi indietro rispetto a un anno fa e ne subirebbero il contraccolpo. Conte potrebbe convincersi che l’opera per rientrare tra le grandissime in Europa è ancora troppo lunga e costosa: sarebbe un’altra tessera per avvalorare l’idea di andarsene, tanto più dopo la vittoria del terzo scudetto che per la gente diventerebbe routine. Invece più si prosegue il cammino e meno la sfida si fa improbabile e lontana: Conte sarebbe più stimolato a provarci per entrare nella storia di un club che in Europa ha raccolto poco.
L’ipotesi più attendibile è che la trasferta in Turchia si concluda bene. La Juve merita la fiducia perché ha ripreso il passo nel gioco e non soltanto nei risultati, la difesa ha dimenticato gli strafalcioni che costarono anche i due gol dell’andata, l’attacco ha trovato un centravanti-centravanti che partecipa alla manovra ma sa come finalizzarla. Ci ha messo due mesi però dall’inizio di novembre la squadra ha recuperato la forza mentale che ne fece la macchina da guerra degli ultimi due campionati e fisicamente sta bene al punto da sopperire (almeno in Italia) all’assenza pesantissima di Pirlo. Quando affrontò il Galatasaray a Torino si percepivano sensazioni diverse, quel 2-2 fu lo specchio di un gruppo distratto che in coppa ha subito 8 gol in 5 partite mentre nelle ultime 7 di campionato non ne ha incassato alcuno. «Siamo cresciuti» ammette Conte e insiste sulla parola «personalità». Il Galatasaray invece sembra ancora in gestazione ed è strano che succeda a una squadra di navigatissimi campioni: Mancini l’ha parzialmente risollevata in campionato ma ci vorrebbe una gru e non il cric per portarla ai valori dell’anno scorso, con Fatih Terim, l’ex allenatore, che formalmente si tiene fuori ma dicono sia sempre dentro a seminare l’ennesimo ritorno. Se la Juve fosse stata costretta a venire a Istanbul con l’obbligo di vincere la pressione sarebbe diversa. «Per noi cambia poco perché per mentalità non andiamo mai in campo per pareggiare ma per vincere», ripete Conte, ma è il primo a conoscere la differenza tra voler fare una cosa o doverla fare a tutti i costi.
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