Due sono gli aspetti dove, personalmente, aspetto al varco Renzi : Fisco e Giustizia.
Della seconda cosa, il sindaco ha già ampiamente mostrato di capire poco e interessarsi meno. Eppure l'efficienza del "settore" non è cosa importante solo per la Civiltà di una Nazione ma anche per la sua efficienza economica. Alesina e Giavazzi sono stati i primi, ora seguiti da quasi tutti gli economisti più seguiti, a spiegare che Tribunali inefficienti, per lentezza e inefficacia dei provvedimenti ( la fase esecutiva è spesso più drammatica di quella di merito ) , sono nemici esiziali per le imprese e gli investimenti.
L'incertezza poi del diritto, il caos creato da sentenze contraddittorie, dall'affermarsi della giurisprudeza "creativa", sono altri elementi per i quali, all'estero, hanno smesso da tempo di guardare al nostro paese come posto in cui fare "Business". Vedono la fine che ha fatto un collega bravo, serio e in gamba come Scaglia ( privato della libertà personale per un anno, poi assolto ) e giustamente concludono che ci sono tanti paesi migliori del nostro. Renzi ieri ha presentato la sua "squadra" che finora si contraddistingue per la giovane età, 35 anni di media. Sulle competenze, non si sa nulla, vedremo (tra le critiche frequenti a Renzino ce n'è una che lo accumuna al Cavaliere : la fedeltà fa pregio sulla qualità), ma non mi pare di vedere persone qualificate in questo campo (eppure io ne conosco almeno due, entrambe della sua area, ed uno ha anche i requisiti anagrafici graditi...).
Veniamo all'altra campo, forse ancora più delicato, quello FISCALE.
Ecco, qui veramente si misurerà il vero cambiamento dal mantra secolare della sinistra, che non si è mai concentrata su come favorire la produzione di ricchezza ma sempre e solo come "redistribuirla".
Fu Blair il primo a dire esplicitamente che per redistribuire, bisognava prima creare !
E Milliband, pur rispostando a sinistra il Labour, non ha rinnegato questa golden rule blairiana.
Parimenti, la difesa dei deboli non dovrebbe passare per l'assistenzialismo e la pauperizzazione ( lavorare meno, guadagnare meno, ma tutti) , avendo il coraggio di politiche di welfare meno dispersive.
Tutto questo si traduce, anche, con un sistema fiscale che è meno aggressivo di quello degli altri grandi paesi d'Europa . Germania, Francia e naturalmente Italia.
Non so se quanto letto sui libri di Renzi - io ne ho letti due : FUORI e Oltre la Rottamazione, magari tanti renziani, specie dell'ultima ora, nemmeno uno... - possa essere preso per buono, ma il sindaco in materia fiscale parlava lodevolmente di "semplificazione" (ma fin qui, siamo nel campo delle buone e banali intenzioni ) e immaginava una sorta di confronto "preventivo" tra cittadino e fisco. I "due" s'incontrano, si parlano e sulla base di questo utile e sufficentemente sincero dialogo convengono sull'entità da pagare, e non ci si pensa più. Una sorta di concordato preventivo annuale, mi pare di capire. Non ho idea di come possa essere attuata praticamente una idea del genere; in astratto, ricorda, con più incisività, quella già esistente degli studi di settore . Se sei congruo, il fisco non procede a ulteriori verifiche a meno che, da altri dati (oggi provenienti dal redditometro per esempio) non sorgano dubbi sulla fedeltà fiscale.
Una cosa è certa, da noi esistono due poblemi GRANDI che sono la tassazione vampiresca e l'alta evasione.
La Sinistra tradizionale, che non dovrebbe essere quella nuova di Renzi, ha sempre detto che le alte tasse sono dovute all'evasione gigantesca (il famoso "pagare tutti per pagare meno").
Gli economisti e l'osservazione empirica dicono l'opposto : l'evasione cresce in ragione della crescita della tassazione. Abbiamo controprove recenti : 1) l'IVA, in due anni è aumentata di ben 2 punti percentuali (nel 2011 era al 20%) e il gettito diminuisce costantemente 2) anche l'IRPEF tende a diminuire (ovviamente anche per l'effetto recessione), e se il gettito nel 2012 era comunque salito era dovuto al tipo di imposte non eludibili, prima tra tutte l'IMU 3) nonostante l'Agenzia delle Entrate negli ultimi tre anni si sia vantata di aver recuperato una trentina di miliardi, la pressione fiscale è sempre aumentata, ed è servita solo a tenere a bada la spesa pubblica, che non c'è verso di tagliare.
Dirà parole nuove e, soprattutto, concrete il neo segretario del PD ?
Intanto, gli suggerisco la lettura di questo articolo di Luca Ricolfi, così, a memento di concetti noti ma indigesti a parte (la maggiore ?) del popolo di cui è divenuto il leader.
Alte tasse, alta evasione
È una regola da cui non si scappa ed è ipocrita far finta di non saperlo. Se si volesse davvero far pagare tutto a tutti, mezzo paese verrebbe giù. E ve li immaginate i partiti correre il rischio di perdere milioni di voti?
Lotta all’evasione fiscale, se ne parla da decenni. Ma le tasse non pagate restano su livelli altissimi (circa 150 miliardi di euro), mentre gli ultimi dati del ministero dell’Economia rivelano che ben poca parte dell’evasione accertata viene effettivamente recuperata. E questo sebbene negli ultimi anni i poteri del fisco siano stati notevolmente ampliati, e i diritti dei contribuenti siano stati spesso calpestati. Perché, nonostante tutto, l’evasione in Italia resta altissima?La ragione fondamentale è che le aliquote, in particolare quelle che gravano sulle imprese, sono fra le più alte del mondo (il prelievo sul profitto commerciale, o total tax rate, è pari al 68,3 per cento, un livello che non ha eguali fra i paesi Ocse). Se le aliquote sono troppo alte, i contribuenti non pagano. E infatti, nella letteratura scientifica sull’evasione fiscale, il livello delle aliquote è considerato uno dei migliori predittori del tasso di evasione: se vuoi sapere quanta evasione c’è in un paese, chiediti quanto sono alte le sue aliquote fiscali.
Questa spiegazione, tuttavia, lascia aperta una seconda domanda. Se è chiaro che più alte sono le tasse, più la gente è spinta a non pagarle, non è altrettanto chiaro come mai certi stati (per esempio quelli scandinavi) riescano a far pagare tasse piuttosto salate, mentre altri stati (per esempio quelli mediterranei) non ci riescono affatto. Qui il discorso si fa più interessante, anche se alquanto amaro: in paesi come l’Italia chiudere un occhio sull’evasione fiscale è una precisa politica, ossia una scelta più o meno consapevole dei governanti. Per capire come mai, basta provare a immaginare che cosa succederebbe se si conducesse una lotta seria all’evasione fiscale. Succederebbero almeno tre cose
Primo: diversi professionisti, gioiellieri, commercianti
pagherebbero di più. Fin qui tutto bene, è quel che è successo con i blitz spettacolari tipo Cortina.
Secondo: alcune decine di migliaia di piccole imprese ed esercizi del Centro-Nord chiuderebbero, licenziando centinaia di migliaia di persone.
Terzo: l’economia del Mezzogiorno, dove il tasso di evasione è circa il triplo di quello del Nord, sarebbe rasa al suolo. Almeno 1 milione di persone perderebbe il lavoro. La gente scenderebbe in piazza contro lo Stato, mentre il prestigio di mafia, camorra e ’ndrangheta salirebbe alle stelle.
Questi scenari spiegano perché una vera lotta all’evasione fiscale non interessa nessuna delle forze che contano, non il governo, non i partiti, meno che mai le organizzazioni sindacali. I posti dove non si emette un solo scontrino, dove gli alloggi sono affittati in nero, dove gli immigrati lavorano 10 ore al giorno a 4 o 5 euro l’ora, sono perfettamente noti perché si vedono a occhio nudo. Non ci vuole alcuna ricerca, nessuno studio, nessuna inchiesta per scoprirli. Se nessuno interviene è perché i politici non vogliono perdere voti, e i sindacati trovano di gran lunga più gratificante difendere i già garantiti che occuparsi dei veri deboli.
E fanno bene, dal loro punto di vista: se prendessero sul serio gli slogan di cui si riempiono la bocca, e provassero davvero a cancellare l’evasione fiscale, perderebbero in un istante quei pochi consensi che sono loro rimasti. Meglio, molto meglio, fare i moralisti contro gli evasori, che perdere voti perché si passa dalle parole ai fatti.
Nessun commento:
Posta un commento