Dopo aver riportato il pensiero di Filippo Facci sulla nuova legge che dovrà regolare la responsabilità civile dei magistrati ( lo trovate in due post, il primo analitico ed amaro http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/02/sulla-responsabilita-dei-giudici-ha.html , il secondo sarcastico http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/02/i-magistrati-si-rassicurino-lapocalisse.html ), è il turno di Piero Sansonetti.
Anche lui parla di montagna che partorisce il topolino, però nella vita contano anche i gesti simbolici, ed il fatto di aver impostato comunque un nuovo sistema che potrà portare al disvelamento degli errori giudiziari, finora coperti dalla barriera del filtro di ammissibilità che per anni ha scudato in modo pressoché insuperabile ( 5 condanne in 25 anni...Sansonetti ricorda come nello stesso periodo i provvedimenti che hanno colpito i medici sono stati 600.000....) le storture operate dalle toghe "superiori" (per distiguerle da quelle degli avvocati, ovviamente "minori", se non altro per il potere che i secondi non hanno).
Anche l'obbligatorietà dell'azione risarcitoria da parte dello Stato è una buona cosa, anche se era francamente assurdo che così non accadesse già...Ma il problema di fatto non si poneva, in quanto non ci si arrivava proprio a quel punto...
Le conseguenze, sul piano economico e disciplinare, sono assai blande, ma chissà, forse si confida sull'impatto mortificante del processo e della condanna affinché i magistrati recuperino professionalità e accortezza.
Palesemente, gli interessati reagiscono da tarantolati, a riprova che proprio non si sentono persone come gli altri.
Sicuramente, il potere di cui dispongono è tale che questa nevrosi da Ego ipertrofico si può comprendere, però resta che il pericolo adombrato dal segretario della loro associazione, e cioè la "normalizzazione" dei magistrati, in realtà sarebbe un miracolo di cui questo paese avrebbe un gran bisogno.
Buona Lettura
La caduta (parziale) degli Dei
Il Segretario dell’Anm, il dottor Maurizio Carbone, dice che la riforma delle norme sulla responsabilità civile dei magistrati, approvata l’altro ieri dal Parlamento, «è un tentativo di normalizzare la magistratura». Lo ha dichiarato ieri, durante la conferenza stampa dell’ Anm, che è su tutte le furie per questa piccola riforma. Già: «normalizzare». Cioè rendere normale. Oggi la magistratura non è normale: è l’unica istituzione dello Stato ad essere al di sopra dello Stato, della legge, ad essere – nell’esercizio delle sue funzioni – immune dalla legge, e insindacabile, e non dipendente dallo Stato ma sovraordinata allo Stato.
«Normalizzare» la magistratura, cioè toglierle la sua
caratteristica di ”deità” (che non è la ”terzietà” di cui spesso l’Anm
parla) non sarebbe una cosa cattiva.
Libererebbe forse l’Italia da un sovrappeso ”feudale” che
ancora ne condiziona profondamente la struttura democratica, e che
probabilmente è in contrasto con lo spirito della Costituzione, che è
una Costituzione Repubblicana e che prevede l’uguaglianza dei cittadini
di fronte alla legge.
Alcuni magistrati dicono: ma noi siamo magistrati, non
cittadini. E su questa base pretendono di non dover sottostare alla
legge. Ritengono – temo in buona fede – che la saldezza di una società, e
la sua moralità, e il suo essere ”società etica” (successivamente si
passa all’idea dello ”Stato Etico”) non possono che essere affidati ad
una entità e ad un gruppo di persone migliori degli altri (”aristoi”) i quali siano in grado di ”sapere” la vita degli altri, valutarla, giudicarla, punirla
Non è questa una funzione – pensano – che possa essere
affidata alla democrazia, o al libero svolgimento delle relazioni umane e
sociali, perché la democrazia è un buon sistema di governo ma è viziato
da corruzione. E l’eccesso della libertà, della deregolamentazione,
sono pericolose per la collettività.
La democrazia deve essere ” corretta” , o comunque
controllata, e anche la società, da qualcosa di superiore e di
”certamente morale” : e cioè da i giudici. Contestare questa funzione
dei giudici vuol dire contestare la loro indipendenza. E mettere in
discussione l’indipendenza dei giudici vuol dire correre il rischio che
la magistratura finisca per non essere più autonoma dalla politica.
L’autonomia dalla politica non è vista come una condizione
di funzionamento della magistratura, o come un elemento necessario
nell’equilibrio dei poteri, ma come un valore assoluto al quale una
società ”morale” deve sottomettersi, e in assenza del quale la società
diventa ”immorale” e la democrazia, e le istituzioni, scendono in una
condizione di subalternità alla politica. La politica è ”il male” , la
giustizia (lo dice la parola stessa) è il bene, e il bene può governare
il male, e può redimerlo, correggerlo, sottometterlo.
Il male non solo non può governare il bene, ma non può aspirare ad essere alla pari col bene
Ecco, questo ragionamento è alla base delle molte
dichiarazioni rilasciate ieri dal dottor Carbone, e anche dal presidente
dell’Anm Sabelli. Il quale ha rimproverato al governo di avere promesso
una riforma della Giustizia in 12 punti, e di avere realizzato invece
l’unico punto che non va bene, e cioè la riforma della responsabilità
dei giudici. I magistrati invece – ha spiegato – vogliono cose diverse:
per esempio la riduzione della prescrizione, l’estensione dei poteri
speciali ”antimafia” anche ad altri reati, il processo telematico (cioè
la cancellazione del diritto dell’imputato ad essere presente al suo
processo), la riduzione dei gradi di giudizio, eccetera.
In sostanza, la proposta dell’Anm (che più o meno è stata
organicamente strutturata nella proposta di riforma del dottor Nicola
Gratteri) è quella di escludere norme che riportino alla normalità la
magistratura, ristabilendo la legittimità dello Stato liberale e
dell’equilibrio dei poteri, ma, viceversa, decidere un forte aumento dei
poteri della magistratura, un ridimensionamento drastico dei diritti
dell’imputato, e un rafforzamento della condizione di preminenza e di
insindacabilità dei pubblici ministeri.
Sabelli ha anche annunciato che l’Anm ha chiesto un
incontro al Presidente della Repubblica. Per dirgli cosa? Per esprimere
le proprie rimostranze contro il Parlamento. Già nella richiesta
dell’incontro c’è un elemento di scavalcamento dell’idea (puramente
platonica in Italia) dell’indipendenza dei poteri
La magistratura ritiene che il suo compito non sia quello
semplicemente di applicare le leggi, ma di condizionarne il progetto e
la realizzazione. L’associazione magistrati chiede al Presidente della
Repubblica di frenare, o condizionare, o rimproverare il Parlamento. E
vuole discutere nel merito delle leggi. La magistratura considera
inviolabile la propria indipendenza dagli altri poteri, e inaccettabile
la pretesa di indipendenza degli altri poteri dalla magistratura.
Devo dire che la passione con la quale i magistrati hanno
reagito alla miniriforma della responsabilità civile mi ha colpito
soprattutto per una ragione: questa riforma è quasi esclusivamente
simbolica. La responsabilità dei giudici resta limitatissima. L’unica
vera novità è la rimozione del filtro che in questi vent’anni aveva
permesso solo a 4 cittadini di ottenere un risarcimento per la
mala-giustizia (nello stesso periodo sono stati processati e condannati
600.000 medici).
Tutte le altre barriere restano. I magistrati saranno
giudicati solo in caso che sia accertata una colpa grave, o addirittura
un dolo nel loro comportamento, saranno giudicati non da una autorità
esterna ma dai loro colleghi (visto che oltretutto non esiste una
divisione delle carriere) e se alla fine saranno ritenuti colpevoli
pagheranno con una sanzione che in nessun caso potrà superare la metà
dell’ammontare di un anno di stipendio. Voi conoscete qualche altra
categoria professionale protetta fino a questo punto?
La probabilità di essere condannati per i magistrati è
così bassa, e l’esiguità della pena così forte, che chiunque può
mettersi al riparo pagando una assicurazione con poche decine di euro.
Cosa che non vale per i medici, o gli ingegneri (non parliamo dei
giornalisti) che essendo espostissimi al rischio di condanna (anche
senza dolo e senza colpa grave) se vogliono sottoscrivere una
assicurazione devono pagare migliaia e migliaia di euro. Diciamo che il
privilegio non è affatto toccato da questa riformetta. Appena appena
scalfito. E allora? Il fatto è che comunque la riforma ha un valore
ideale, è una specie di metafora. Il Parlamento, per una volta, non si è
inginocchiato davanti alla magistratura.
E’ questa la novità che ha messo in allarme i settori più
corporativi della magistratura. Il timore è che davvero possa cambiare
il clima politico e possa essere aperta una via alle riforme vere, e al
ridimensionamento della ”Divina Giustizia”.
No, la riforma non comporterà la caduta degli Dei. Solo che gli Dei non
sopportano gli oltraggi. Sono permalosi. E’ sempre stato così, dai tempi
di Omero. E questa legge è uno sberleffo inaccettabile, anche se innocuo.
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