giovedì 5 marzo 2015

LA BULLA DI SESTRI. STORIA DI ORDINARIA VIOLENZA

 Siamo troppo deboli nei confronti degli atti di prepotenza, arroganza e anche violenza commessi da soggetti anche solo preadoloscenti, e creiamo una convinzione di impunità e intoccabilità che certo come deterrente funziona male...
Come gestiamo questi bulli ? Dalla risposta si astengano gli psicologi. Il loro pensiero lo conosco fin troppo bene...Loro immaginano un mondo che non esiste, e non a caso credo che la loro professione sia del tutto assente nell'80% dell'orbe terrestre, attecchendo solo nel grasso e viziato occidente. 
Intanto, nel leggere la storia della bulla di Sestre, a me prudono le mani...




Il Corriere della Sera - Digital Edition


La sfida della bulla di Sestri
che picchia le ragazzine : niente scuse 
I maschi: «Fa paura anche a noi»

di Andrea Pasqualetto


 Era fredda, impassibile, indifferente. Solo quando le hanno sequestrato il telefonino ha avuto un sussulto: «E adesso quando me lo ridate?». Ma per il resto, assicura l’ispettore, «nessun senso di colpa, nessuna scusa, nessuna pietà. Come se tutto fosse stato normale».
Cioè come se quella sera, fra le palme del parco di Sestri, la brutale violenza di cui è stata protagonista avesse avuto una logica. Il feroce pestaggio non è un sentito dire. No, c’è quel video e le immagini parlano chiaro. Impressiona la determinazione della picchiatrice, cioè lei, Gianna (i nomi sono di fantasia), che si scaglia sulla dodicenne Viola con la furia di una Nikita sferrando calci, pugni e morsi; e impressiona l’indifferenza dei ragazzi, ne hanno contati dodici, che assistono senza nulla fare e nulla dire. «Avevamo paura di prenderle anche noi», si sono giustificati ieri facendo dubitare l’investigatore. E poi c’è la «mandante» dell’azione punitiva, la sedicenne Maria, «regista» e responsabile della diffusione del video, nel quale ridacchia compiaciuta quando la brutalità sale. Le immagini le hanno viste in molti, tranne uno: il papà della vittima. «Non ci riesco, mi affido alla giustizia». Giustizia che sta indagando per lesioni e diffamazione. Ma a Gianna tutto questo non interessa. Lunedì l’hanno vista davanti all’istituto Rosselli, che non è la sua scuola. «Mi dicono che si sarebbe vantata dell’aggressione. Questo mi preoccupa molto — dice l’assessore alla cultura di Sestri, Fabrizio Gelli — perché non vorrei che qualcuno reagisse».
Domande: da dove arriva tanta violenza? Cosa succede a Sestri, la cittadella operaia che incarna lo spirito più altruistico di Genova, con le sue oltre 100 associazioni, le decine di circoli, le migliaia di volontari? Partiamo dal drammatico fatto di cronaca e dal movente. I guai della dodicenne Viola nascono da un affronto. Secondo il suo racconto, il giorno prima del pestaggio avrebbe detto a una delle «grandi» del gruppo, la sedicenne Maria, un paio di cose poco carine al termine di un diverbio: «A me non importa niente di te… chiudi quella bocca che hai i denti gialli». Per Maria, una lesa maestà da vendicare e subito. Come? «Mi ha dato appuntamento ai giardinetti per chiarire la questione e ci sono andata — spiega Viola —. Ma lì ho trovato anche Gianna che quando mi ha visto ha iniziato a tirarsi su le maniche e ho capito che le cose si mettevano male… Mentre me le dava le chiedevo scusa per farla smettere ma non si fermava...». Gianna è lo spauracchio di Sestri. Ha diciassette anni, un fisico da combattimento e un pedigree non proprio immacolato: precedente per rissa del 2004 e pestaggi vari di ragazzine. Basta entrare al Pak Kakabisa di piazza Poch, appena sotto Villa Rossi, per capire l’aria che tira. Cosa pensate del pestaggio? «Che pestaggio?», rispondono i due ragazzini. Quello del video. «Quale video?». Fra i giovanissimi il clima è di omertà e autentico terrore perché Gianna e la sua banda qui sono padroni. «Più di loro lo sono i tatuati di piazza Baracca», dice Mirko, un giovane del posto che osa parlare perché è fuori età, 23 anni, e dunque anche un po’ fuori pericolo. Una banda qui, una banda lì. La terra della solidarietà ha un piccolo bronx. «Se c’è, è rimasto sommerso e questo lo stiamo verificando», allargano le braccia in Questura sfornando dati diversi: a gennaio zero risse, due rapine, quattro scippi. Per 80 mila abitanti non è male. «Il malessere è invece diffuso: i ragazzini sono in giro per le strade e si annoiano», spiega l’assessore. Le cause? L’impoverimento sociale, la disoccupazione galoppante, le difficoltà delle famiglie, l’abbandono dei figli.
Gianna lo sa: padre sparito, madre a San Patrignano, è cresciuta fra i vicoli di Sestri senza una vera casa. Una vita non facile, la sua. Affidata ai servizi sociali, è stata ospite della comunità alloggio Finestra sul Porto per ragazzi problematici. Da lì è scappata, ha girato un po’ per la città, fino a che gli zii materni hanno deciso di prendersene cura. Gianna vive con loro. Di giorno frequenta una scuola professionale di sartoria, di sera va ai giardinetti di Villa Rossi. Dove talvolta si rimbocca le maniche e sfoga i suoi disagi con una rabbia che spaventa. «Politrauma facciale, ferite da morso», è il referto del Pronto Soccorso dell’ospedale dove è finita Viola, dopo aver conosciuto la sua furia. 


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