giovedì 24 novembre 2016

NO A QUESTA RIFORMA, FATTA MALE, NON AL RIFORMISMO

Risultati immagini per vota no al referendum costituzionale

Si avvicina il D. DAY referendario, e i toni si  "evolvono".  Per renzino quelli del NO sono un'accozzaglia..., Grillo, molto più immaginifico, si sa, paragona il premier ad una scrofa ferita.
Non male...
Personalmente, l'ho scritto ormai diverse volte, voterò no a causa del combinato disposto riforma - legge elettorale.
Mi starebbe bene un esecutivo più forte, a patto che sia sufficientemente legittimato da un consenso che, ancor quando non aritmeticamente maggioritario ( non consegniamoci all'ignavia di quelli che non vanno a votare per indifferenza e/o menefreghismo), sia però un minimo adeguato.
Non sono quindi un sostenitore del ritorno al proporzionale, che però non demonizzo come, secondo me con parzialità desueta per un personaggio come lui, fa il professor Panebianco, ma non accetto una maggioranza parlamentare costruita solo tramite l'alchimia di un premio a chi arriva primo, a prescindere dai voti presi (e questo lo ha detto anche la Corte Costituzionale, bocciando il porcellum).
Rimanendo quella legge elettorale, un vincitore con magari il 20% dei voti effettivi controllerebbe l'unica Camera, deciderebbe il governo e godrebbe di un'ipoteca importante pure sulla elezione di Capo dello Stato, giudici costituzionali e del CSM.
Un po' troppo, e senza esempi similari nel mondo democratico.
Dopodiché, contesto la tesi di coloro che votano SI' perché "altrimenti non si cambia mai".
Cambiamenti della Costituzione se ne sono fatti, ben 16, e a volte disastrosi, tanto è vero che giustamente si pensa di rimettere mano per correggere (Titolo V della Costituzione), ma anche stavolta in modo non lineare.
E qui veniamo alle considerazioni di coloro che sarebbero anche favorevoli - come me - ad una riforma che marci nella direzione della semplificazione, dei minori costi, e di un governo più forte, ma con testi e quindi regole diverse da quelle partorite da renzino e i suoi.
Per esempio mi sembrano condivisibili le osservazioni trovate oggi sul Corsera, scritte da Enzo Cheli ( professore di diritto costituzionale e anche giudice della Corte) e Ricardo Franco Levi (opinionista e a suo tempo parlamentare del centrosinistra ) alla cui lettura vi lascio.




Dopo il no È possibile una nuova riforma

di Enzo Cheli e Ricardo Franco Levi

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Caro direttore, f rutto della consapevolezza che le istituzioni influenzano in modo decisivo la capacità di un Paese di produrre sviluppo e benessere, la riforma della Costituzione oggetto del prossimo referendum mira a superare il «bicameralismo paritario» e a riequilibrare la distribuzione dei poteri tra lo Stato e le Regioni. Dopo oltre trent’anni di dibattiti ed esperienze fallite, si tratta di obiettivi largamente condivisi, così come la correzione di alcuni evidenti errori della riforma del 2001 del Titolo V e l’abolizione delle Province e del Cnel.

Accanto alle luci si trovano, però, le tante ombre. Molti degli strumenti con cui la riforma si propone di raggiungere i propri obiettivi rischiano, infatti, di portare a risultati opposti a quelli sperati: ad un apparato istituzionale e una «macchina delle leggi» più complessi e non più semplici, ad una maggiore e non minore conflittualità tra Camera e Senato e tra Stato e Regioni.

A questo riguardo, è sufficiente pensare ai senatori a mezzo servizio chiamati a dividersi tra il Parlamento e i consigli comunali e regionali; alla decina di diversi percorsi tra le due Camere a seconda degli oggetti trattati per l’approvazione delle leggi; al debole coordinamento tra Camera e Senato affidato a una non ben definita intesa tra i due presidenti; ai labili e sfuggenti confini delle nuove materie affidate alla legislazione esclusiva dello Stato e delle Regioni.

Queste ragioni, che inducono ad esprimere un giudizio complessivamente negativo sulla riforma, sarebbero, tuttavia, più serenamente apprezzate ove risultasse chiaro che esse non sono il frutto né di una chiusura al rinnovamento né, tantomeno, di un disegno di parte, che il «No» a questa riforma vuol dire «Sì» a una riforma migliore: una riforma più semplice, equilibrata e comprensibile che, confermandone gli obiettivi, sia tale correggere le gravi carenze di quella oggi sottoposta al vaglio degli elettori.

Di una simile riforma questi potrebbero essere i punti essenziali:

1. dimezzamento del numero dei parlamentari sia alla Camera sia al Senato ed elezione diretta dei senatori su base regionale con la previsione dell’esercizio esclusivo della funzione senatoriale in caso di elezione;

2. superamento del bicameralismo paritario con la concentrazione nella sola Camera del voto di fiducia e con l’affidamento al Senato di una funzione di coordinamento delle politiche regionali;

3. conservazione del carattere bicamerale della legislazione con un rigoroso limite temporale alla «navetta» tra le due Camere e con la prevalenza finale della volontà della Camera;

4. conferma di alcuni punti della riforma sottoposta a referendum, quali la previsione di una corsia preferenziale per i disegni di legge del governo con limiti più rigorosi ai decreti leggi; la revisione del Titolo V della Costituzione (ma limitata allo spostamento nell’area della legislazione esclusiva statale delle funzioni di sicuro rilievo nazionale: grandi infrastrutture, energia, ordinamento della comunicazione, …); l’abolizione del Cnel e delle Province.

In caso di vittoria del No, questi punti, da tempo maturi nella coscienza del Paese, potrebbero formare oggetto di un progetto di iniziativa parlamentare da presentare immediatamente dopo il referendum, perseguendo, in uno spirito di riconciliazione, un consenso più ampio nel Paese e tra le forze politiche tale da permetterne un’approvazione in tempi ristretti, auspicabilmente entro questa legislatura.

Questa riforma «minore», una volta sperimentata, potrebbe essere successivamente sviluppata e completata attraverso un intervento più incisivo e diretto sulla forma di governo per rafforzare la stabilità dell’esecutivo, introducendo la sfiducia costruttiva e attribuendo al premier il potere di proporre al capo dello Stato non solo la nomina ma anche la revoca dei ministri. Alla riforma della Costituzione si dovrebbe naturalmente affiancare anche una nuova legge elettorale che tenga, tra l’altro, conto delle nuove e diverse funzioni di Camera e Senato. Ma questa è, ed è bene che per il momento resti, un’altra storia.

3 commenti:

  1. MA QUESTI HANNO CAPITO CHE I 4 PUNTI, A MENO DI QUALCHE VIRGOLA E QUALCHE "LATINORUM", STANNO GIA' NELLA RIFORMA?

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  2. ridicolo; quello che non si e' riusciti a fare in 40 anni di goffi tentativi diventerebbe fattibile dopo una vittoria del "no" ad una proposta di riforma similare, "no" sostenuto e strilkato dalle forze politiche piu' retrive e populiste del paese. questi signori non sanno cio' che dicono

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  3. Questi signori, nella fattispecie, sono un docente universitario di diritto costituzionale, nonché ex giudice della Consulta, e un opinionista e politico appartenente alla stagione dell'Ulivo.
    Le loro osservazioni, a differenza degli strepiti scomposti che caratterizzano più spesso i due fronti, sono pacate e ragionate.
    La sostanza, cari lettori, sta nel criticare QUESTA riforma per come è scritta, per come intende realizzare obiettivi astrattamente condivisibili. La semplificazione e quindi il superamento del bicameralismo perfetto è una buona cosa, ma non lo è il modo in cui ciò viene realizzato dal testo Boschi. Il Senato o non c'è del tutto ( si risparmierebbe di più non trovate ? ) oppure se c'è deve essere eletto direttamente, sia pure nei compiti più ridotti (ma in certe materie ancora rilevanti, come proprio la materia costituzionale, per non parlare della ratifica dei trattati internazionali, in epoca di globalizzazione). E non venitemi a dire che li abbiamo eletti facendoli sindaci o governatori : si tratta di elezioni diverse, e mischiare pere con mele è sempre stata una pessima cosa. Parimenti pasticciato è il testo della correzione, sacrosanta, del Titolo V, opera nefanda della sinistra prodiana. Sicuramente il fronte del NO mette insieme forze eterogenee, e personalmente non ho molto da spartire (eufemismo) con i grillini, con Travaglio, con quelli di MicroMega. Non penso che la Costituzione sia intoccabile, ma credo, come scrivono gli autori che voi criticate, che vada toccata "bene". E renzino e i suoi non lo hanno fatto. Detto ciò, non mi suicido di certo se vince il SI, semmai sono molto più preoccupato che resti così com'è l'Italicum (ma magari ci pensa la Corte, così come ha fatto col Porcellum).
    Voi che fate se vince il NO ? Cambiate paese, come va di moda dire ?

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