lunedì 27 giugno 2011

BUONI MAESTRI

Tò, questo articolo di Pierluigi Battista viene proprio a proposito dopo i "furori" registrati sul sito Virgilio Notizie a seguito del mio post "Ragazze ingenue" (dove peraltro i pro dopo un'ora superavano  i contro, sia pure di non molto...) . 
Dissentire si può ovvio, confrontarsi è spesso stimolante. Lo scontro verbale volgare, oltretutto favorito dall'anonimato e dalla distanza fisica, è inutile, oltreché un po' vile. 
Buona Lettura


BOBBIO NON CHIAMAVA IDIOTI GLI AVVERSARI di Pierluigi Battista

pubblicata da Valeriano Giorgi  
(CORSERA del 27.6.2011)
Ecco, Norberto Bobbio non avrebbe mai scritto un libro intitolato L’idiota in politica. Antropologia della Lega Nord e nemmeno ne avrebbe proposto la sintonica prefazione, come ha fatto Gad Lerner introducendo il volume dell’antropologa francese Lynda Dematteo, appena uscito da Feltrinelli. Il papa laico del tanto vituperato «azionismo torinese» non avrebbe mai osato apostrofare come «idioti» i suoi avversari, anche se considerati pericolosi. Non conosceva il disprezzo del nemico, non si pavoneggiava nella superbia di chi si sente un monopolista dell’Etica e della Ragione. Non insultava chi era diverso da lui, a differenza dei suoi tardi e già esausti epigoni che, a differenza del Maestro, vantano una presunta superiorità morale senza averne nemmeno lontanamente i titoli, la tempra, il pedigree, lo spessore culturale. Oggi è un festival dell’insulto antropologico dettato dal «razzismo etico» già segnalato, e da tempo, da Luca Ricolfi. Bobbio no: con la sua grafia chiara ed elegante scriveva lunghe lettere agli interlocutori con cui si trovava in radicale dissenso e che magari lo avevano attaccato senza l’urbanità dei modi che lui esibiva con tanta naturalezza. Non era un conformista e già negli anni Quaranta dedicava impegnative e meditate recensioni all’edizione in lingua originale della Società aperta e i suoi nemici di Karl Raimund Popper che le case editrici italiane, così allergiche al pensiero libero e critico, avrebbero atteso almeno una trentina d’anni prima di tradurre e pubblicare. Quando negli anni Novanta venne fuori quella sciagurata lettera al Duce scritta durante il Ventennio, Bobbio diede prova di una straordinaria dignità riconoscendo la sua debolezza giovanile e non dando retta agli zelanti epigoni che, mettendosi a blaterare in coro di complotti «revisionisti» , pretendevano dal Maestro la stessa boriosa arroganza di cui si sono dimostrati capaci nel corso di questi anni. Bobbio vergò parole di fuoco su Berlusconi, ma non si conoscono suoi scritti in cui venivano svillaneggiati e derisi gli elettori berlusconiani: ecco la differenza. Semplicemente non li considerava dei decerebrati, dei selvaggi schiavi dei più bassi istinti, degli «idioti» , sia pur nel senso letterario e paradossale che si dice abbia ispirato il titolo del libro della Dematteo. A dispetto di chi ne vanta arbitrariamente l’eredità, oggi dovremmo avere nostalgia di un intellettuale del rango di Norberto Bobbio. E chi, tra i quali chi scrive, lo criticò, facendone il simbolo di un «azionismo torinese» prigioniero di una sindrome moralista troppo indulgente, nel nome della comune «questione morale» , con la cultura dell’italo-comunismo, oggi dovrebbe riconoscere un grave errore di valutazione. Ristudiare Bobbio affrancandolo dalla gabbia conformista costruita dai suoi immeritevoli eredi, così sideralmente lontani dalla cultura e dall’etica del rispetto incarnate dal Maestro oramai scomparso. Un Maestro da rimpiangere.


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