sabato 27 agosto 2011

DIBATTITO AL'INTERNO DEL CORRIERONE TRA LIBERALI ED EGUALITARI

Dopo diversi mesi dall'abbandono di REPUBBLICA per approdare al CORRIERE DELLA SERA mi sono iniziato a orientare e a conoscere i principali referenti del mio nuovo  quotidiano. La conclusione è che, come sempre, la paura del "cambiamento" si concreta spesso in una perdita di tempo . . .
E' un po' come nelle separazioni tra le persone...si traccheggia molto, per affezione, per timore che tanto altro non sarà meglio...poi, quando lo si fa, ci si accorge di aver perso solo tempo nell'indecisione.
Fatto questo omaggio al Corrierone, come detto altre volte tra i suoi pregi c'è l'ospitare anime e filoni di pensiero diversi. Anche nel Corriere ci sono i fautori dell'"egualitarismo" tout court , e tra questi Massimo Mucchetti. Ormai lo conosco e mi sforzo di leggerlo per avere, su temi comunque rilevanti, un'opinione che già so diversa dalla mia. Ma in realtà non è tanto questo il problema, mi sono scoperto con l'età tollerante con le idee che non condivido, tutto sta a vedere il modo in cui vengono espresse. Quello di Mucchetti non lo apprezzo e quindi finirò per non leggerlo più, senza che il nostro ovviamente si ammali per questo.
Oggi era Pietro Ostellino , altra , più antica e nobile,  firma del più vecchio quotidiano italiano a polemizzare col collega in ordine ai concetti di liberalismo e solidarismo a fini egualitari.
Ostellino parte dal pensiero espresso da Mucchetti che riporta testualmente : " In prima battuta ci dovremmo chiedere se la nuova democrazia possa risolversi nella ricerca del self-interest della vulgata smithiana. Temo che, dopo due secoli e mezzo di esperienza e due millenni e mezzo di filosofia, la risposta sia negativa : le società stanno insieme se il provvido egoismo coesiste con la solidarietà" .
Detto così, ci si potrebbe anche stare, ma è il concetto di solidarietà di Mucchetti che non va bene, troppo vicina a qualcosa di PREVALENTE, e quindi di FORZATO.  Che è poi il compito della politica secondo la vulgata socialista . Mentre  i comunisti l'egoismo provvido"non lo concepivano proprio epredicavano l'abolizione dell'iniziativa e della proprietà privata,  i socialisti, più intelligenti, lasciano che gli egoisti producano (lo fanno di più e meglio ) e poi gli tolgono il "di più"....La misura di questo di più varia dalla sfiga degli "egoisti provvidi",  in che tipo di Stato collettivista sono capitati. Da noi , paese a costituzione assai poco liberale e molto catto-comunista, agli "egoisti" direbbe male se non fosse che le maglie sono "larghe" e quindi ci si arrangia (leggi illegalità, corruzione, evasione).
Tornando alla disputa di pensiero, Ostellino fa notare come il self - interest smithiano (l'interesse del singolo) "NON è una ideologia , un tentativo di trasformare l'uomo e il mondo , bensì è la "descrizione " dell'uomo e del mondo come sono ."
"Il fornaio, il macellaio, il birraio della RICCHEZZA DELLE NAZIONI (opera magna di Adam Smith)  , che ci forniscono il desinare perché hanno il proprio tornaconto , sono la vita reale, la realtà effettuale, lo spontaneismo sociale, non ubbidiscono ad un programma politico nazionale, a una sovrastruttura ideologica, ma al proprio istinto naturale.  Trattare dunque Smith come un progettista politico, un ideologo dell'egoismo individuale, contrapposto alla collaborazione fra gli uomini e la solidarietà, è un errore di metodo e un falso ideologico, quel che Einaudi chiamava "un fantoccio polemico". Adam Smith non prescrive agli uomini di essere egoisti ; si limita a "constatare" che lo sono". 
L'ideologia, la sovrastruttura ideologica la chiama Ostellino, è semmai quella appunto degli "egualitaristi" alla Mucchetti (ma in genere di un certo tipo di sinistra) , che PRESCRIVONO,autoritariamente, un'impossibile uguaglianza economica e sociale., finendo col coartare, per imporla, la libertà e la volontà dei singoli individui.
Ostellino nota poi come una certa spinta verso il dare aiuto, solidarietà, sorga anche spontaneamente tra le persone per "simpatia", per desiderio di "piacere agli altri" e a se stessi, di adeguamento al giudizio comune.
In più, siccome al "provvido egoismo" si accompagna non poche volte un bel po' di pelo sullo stomaco, ci sta la LEGALITA', che Ostellino chiama "costituzionalismo" e che è anch'essa una costruzione liberale. Lo spirito di collaborazione, e persino l'esigenza di una certa solidarietà, sono il filo rosso che percorre tutta la storia del pensiero liberale, da Locke , Hume, Smith, Stuart Mill, Mises, Hayek, fino al nostro Luigi Einaudi .
Gli uomini, in questi due secoli e mezzo, ma in realtà nei due millenni e mezzo "di filosofia" invocati da Mucchetti, non sono diventati "un'altra cosa", essenzialmente. E una "nuova democrazia" che non tenga conto di questo e vuole CAMBIARLI in quello che NON sono e NON saranno mai non può essere che tirannica.
Anche il filosofo considerato forse più importante dell'età moderna, Kant, che NON era un liberale, affermava che l'uomo è "un legno storto" e non si può pretendere di "fare qualcosa di diritto , da ciò che è storto".
L'uomo va dunque accettato per quello che è, e partendo dalla REALTA', complessa e sfaccettata, evitiamo, costituzionalmente (legalmente) che si trasformi in Homo homini lupus (Lo Stato Liberale è Stato giuridico) e a porre rimedio, con l'organizzazione sociale, alle ingiustizie troppo forti.
Conclude Ostellino .
" La strada che porta all'inferno della tirannia è la convinzione di conoscere la Verità, di saper ciò che è Bene e ciò che è Male; il costruttivismo ideologico e politico , che vuole cambiar eil mondo, creare "l'uomo nuovo", ma finisce con l'essere generatore di tutti gli autoritarismi e i totalitarismi che hanno ridotto in schiavitù gli uomini".

4 commenti:

  1. La vedo al contrario. Secondo me Ostellino ha capito ben poco dell'articolo di Mucchetti. La critica di Ostellino è una sbrodolata completamente slegata dalla realtà. L'articolo di Mucchetti viene criticato da chi ha una visione dogmatica e antepone le classificazioni scolastiche alle idee. La figura di Smith non è usata per criticare tutto il pensiero di Smith (non è quello il fine dell'articolo), ma per fare un ragionamento che si declina nel resto dell'articolo.

    Infatti nello stesso articolo Mucchetti scrive: "Il merito rifulge nella concorrenza e offre una medicina contro i privilegi. In Italia ne abbiamo bisogno. Ma separata dal giudizio libero e responsabile, la meritocrazia genera mostri e disastri: i medici nazisti efficienti nel quadro di leggi criminali;..".
    La prima frase del mio virgolettato vale più delle pippe mentali di Ostellino e dei suoi esercizi scolastici sull'esegesi del pensiero di Smith e cosa è naturale per l'uomo e bla, bla. Qualcuno spieghi ad Ostellino che non sta correggendo un temino di uno studente, ma si tratta di un'analisi sulla crisi economica.

    Infatti l'articolo di Mucchetti prosegue ricordando che l'individualismo si è tradotto in un meccanismo per cui la ricchezza è privata e spesso è stata costruita con l'ausilio determinante del debito pubblico. Traduzione: viviamo al di sopra delle nostre possibilità perché perseguiamo il self-interest. Chiaro che l'egoismo è nella natura dell'uomo, ma se partendo da quel principio arrivo a produrre una crisi economica che blocca l'Occidente da quattro anni, forse c'è qualcosa da correggere nel sistema! E' quello il concetto centrale!

    La differenza tra i due giornalisti è che l'uno vive nel mondo dei libri (Ostellino), l'altro sa mettere insieme un articolo di senso compiuto collegando l'economia (materia che Ostellino conosce in modo teorico) e la filosofia.

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  2. Apprezzo molto il commento sopra riportato, purtroppo anonimo (ma il problema è del blog....che per postare i commenti chiede account particolari, a meno che non si usi appunto la categoria "anonimo"...ahimè è qualcosa che i miei aiuti informatici non riescono a correggere). Continuo peraltro a non condividere la posizione di Mucchetti. Collegare economia e filosofia è impresa complessa, perché si cerca di conciliare una materia assolutamente concreta e in parte "oggettiva" ( basti guardare quanto si rivelino vani gli sforzi "dirigisti" )con una comunque astratta. Resta alla fine la solita scelta : una società più libera con uno Stato marginale, controllore del rispetto delle leggi e quindi delle regole, oppure una società etero diretta dove la libertà degli individui e fortemente subordinata ad un superiore interesse "collettivo" affidato allo Stato che quindi dirige e interviene con questa finalità. Al netto delle corruzioni dei due modelli, io sto con Ostellino e preferisco il primo.

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  3. sono l'anonimo del primo commento. Mi scuso se non avevo fatto il login.

    Tornando alla discussione penso che è fuorviante restare ancorati alla schematizzazioni. Mi scuso col grandissimo, ma vale sempre la massima di Einstein:"make everything as simple as possible, but not simpler". A semplificare troppo si scade nella banalità, e si arriva a produrre conclusioni lontane dalla realtà.
    Appiccicare l'etichetta dello statalista a Mucchetti (ma dove?) e quella del liberale a Ostellino, è una cosa comoda per fare ragionamenti astratti come ad esempio la contrapposizione tra i due modelli di cui parli (Stato marginale vs Stato "pesante"). Ma se valuti il contenuto degli articoli capisci che la semplificazione è troppo forte.
    Non v'è dubbio che se mettiamo in scala Mucchetti e Ostellino il secondo sia più liberale del primo (anche se le idee non si mettono in scala, vedi "L'Attimo Fuggente"!), ma non per questo posso dare dello statalista al primo. Se Mucchetti fosse uno statalista allora come si spiega la sua posizione contraria ai referendum sull'acqua pubblica?

    In tutta sincerità compro il Corriere per leggere quello che scrive Mucchetti. Quando arrivo a Ostellino salto. La questione per me è semplice: il primo parte dalla realtà e prova ad usare le categorie per spiegarla, ma se non ci riesce resta saldamente ancorato alla realtà. Il secondo invece parte dai dogmi e piega la realtà. Sono due approcci opposti ed è lì la vera differenza.

    Vedi l'uso che fanno della figura di Smith. Per Mucchetti è un mezzo per introdurre il vero fine: le società di rating (chi le controlla? a quali logiche rispondono?). Per Ostellino è un totem inviolabile, infatti reagisce come una groupie quando le tocchi l'idolo adolescenziale.

    La posizione dei due autori non è statalismo vs stato liberale. Piuttosto direi che Mucchetti è per uno stato liberale, ma ha una visione pratica. Difatti pone enfasi sulla questione della "responsabilità" e cerca quel sistema di pesi e contrappesi per bilanciare il tutto (vedi la questione delle società di rating e le crisi dei debiti sovrani). Ostellino ha una visione accademica, buona per i secoli in cui vivevano i suoi maestri. Ma Locke scriveva nel XVII secolo, quando il mondo liberale era in fase embrionale. Da allora sono passati 4 secoli, quel modello è diventato dominante e la società contemporanea deve affrontare le "corruzioni" del modello. Tema inesplorato da Ostellino, lui è rimasto sui libri.

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  4. Bellissimo il commento di Albesta, che ringrazio. MI piacerebbe che commentasse allora l'articolo di oggi di Mucchetti , a mio avviso complesso e piuttosto controcorrente per lettori "Liberali". Spero che aderisca al mio invito :)

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