martedì 12 marzo 2013

PARTITO DEMOCRATICO : UN BIVIO CON TRE STRADE


Un grande Polito , come al solito, anche se un dubbio sul governissimo PD PDL ce l'ho, vivo Berlusconi (non so nemmeno se sia sufficiente ormai la sua morte "politica"...per certi italiani imbarbariti ci vuole proprio la morte fisica...che poi si portano pure sfiga...perché finora a scomparire sono stati i suoi avversari per lo più....).  Il governo Monti, che non a caso a Polito non è dispiaciuto - almeno nella prima parte, perché poi anche il bravo opinionista si è arreso all'evidenza di un esecutivo diventato inefficiente causa le pressioni alternate delle tue compagini maggiori dell'appoggio parlamentare - ha dimostrato come , se non costretti dall'Europa, e più ancora dal bisogno di qualcuno che compri i titoli del debito pubblico, i partiti italiani obbediscono più agli interessi del proprio elettorato che al "senso di responsabilità" di cui tanto straparla Bersani e i suoi ventriloqui.  Da notare che in tv stanno andando solo gli esponenti di sinistra del PD, i giovani turchi come Fassina e Orfini, oppure la graziosa e antipaticissima Moretti. Difficile vedere Gentiloni, per non parlare di giovani renziani o l'area LIberal superstite in quel partito. Cioè gente capace di gareggiare in radicalismo con Grillo e con questo accattivarsi - sperano - la simpatia di quegli elettori.
Quindi o Draghi ci manda una bella scampanellata, tipo : "signori o mi date un governo accettabile entro poco tempo oppure siate giustamente indipendenti anche nel trovarvi dei compratori dei vostri Bot", oppure la vedo durissima.
Buona Lettura


LE DIFFICILI SCELTE DEL PD

Tre ipotesi per un partito

Che cosa deve fare il Pd? Che cosa gli conviene fare? E ciò che gli conviene, coincide con ciò che conviene all'Italia? Sono domande alle quali è difficile rispondere: il giovane Partito democratico deve trovare in queste ore il senso della sua missione nazionale, o perdersi. Ne è dunque comprensibile il travaglio, e anche l'evidente stato di choc.
Con la ri-discesa in campo di Renzi, le linee possibili sono diventate tre. La prima è quella di Bersani: andare alle elezioni dopo aver corteggiato Grillo. La seconda è quella dello sfidante alle primarie: andare alle elezioni senza aver corteggiato Grillo. Il segretario e il suo gruppo dirigente si muovono infatti come se fossero convinti che i voti del Pd e quelli del Movimento 5 Stelle siano interscambiabili. Gli appelli degli intellettuali di area ne sono la prova. L'idea è che, in realtà, la sinistra ha vinto le elezioni, solo che si è divisa a causa dell'eccessiva timidezza del Pd. Basta dunque riunificarla sotto le bandiere di un maggiore radicalismo. E se Grillo non ci sta a mettersi nel corso della Storia, il popolo capirà, e i voti in libera uscita torneranno alla casa del padre.
Renzi la vede diversamente. Non solo non crede alla possibilità di un accordo con Grillo, e anzi bolla come «scilipotismo» il retropensiero di quei bersaniani che sperano di staccare qualche stellina dalle 5 Stelle (in realtà di senatori ne servirebbero almeno una quarantina). Ma Renzi crede anche che un accordo non sarebbe nell'interesse del suo partito, perché lo consegnerebbe a un movimento ambiguo, integralista, intriso di sentimenti anti-parlamentari e anti-europei, umiliando così la vocazione di forza di governo per cui il Pd fu fondato. Renzi pensa di poter battere Grillo sul suo stesso terreno, da solo e in campo aperto. Per questo spera che il dialogo fallisca e che si torni alle urne.
Queste due linee sono opposte: l'una tiene in sella Bersani, l'altra lo sostituisce a breve (anche se a Renzi non basterà giocare il secondo tempo della partita come se fosse il primo, perché la Storia non si ripete mai uguale a se stessa, e in natura il vuoto si riempie in fretta).
Però entrambe le strategie si muovono, per così dire, all'interno di un sistema Grillo-centrico: nella convinzione cioè che sarà lui il competitor della sinistra nel futuro bipolarismo italiano. Entrambe dunque sottovalutano la forza della destra, che pure ha appena preso alle elezioni gli stessi voti della sinistra, pur uscendo da un disastro di governo; e trascurano le ragioni profonde del suo elettorato, non meno interessanti da comprendere di quelle degli elettori 5 Stelle. La terza linea possibile del Pd sarebbe perciò quella di aprire un dialogo con questa parte del Paese e del Parlamento, nella quale ci sono forze interessate più di Grillo a un progetto di salvezza nazionale. Complice il solipsismo giudiziario in cui appare ormai avviluppato il leader della destra, questa terza linea per ora è in sonno nel Pd. Ma le prossime settimane potrebbero risvegliarla; e, con essa, le poche residue speranze di un compromesso istituzionale capace di evitare la rovina comune.

Nessun commento:

Posta un commento