mercoledì 31 agosto 2011

LA PAROLA MAGICA è : TASSE.

Giuseppe Turani è un giornalista economico che mi ha avvicinato alla comprensione degli elementi primari di questa difficile ma fondamentale materia. Scrive con chiarezza assoluta, ricorrendo di frequente ad esempi semplici per cercare di rendere più intellegibili le questioni trattate.
Un tempo era uno degli editorialisti principe di Repubblica, poi , con l'avvento del da me nulla stimato Ezio Mauro, relegato ad una rubrica di commento settimanale.
E' di sinistra, ma essendo appunto un economista preparato, non inbalsamato in un concetto di società utopistico e perdente come tutti i capi della CGIL ( ma proprio tutti eh !!!! forse solo LAma aveva una visione un po' meno talebana) e dintorni (leggi FIOM).
Qui il suo commento sulla terza manovra (ma giustamente il nostro osserva che troppe ce ne saranno, almeno fino a quando a Bruxelles ci daranno un'altra sonora scampanellata) estiva.
Sono d'accordo su praticamente tutto. Solo trovo un po' partigiano il suo commento di critica assai moderata sulla posizione della sinistra. Caro Dr. Turani, è certo che Berlusconi si sia rivelato il premier più democristiano che si potesse immaginare nel guidare i suoi governi ( a parte le leggi ad personam) , ma è altrettanto vero che a sinistra la parola TAGLI , specie della P:A:. è un tabù assoluto . E quindi anche li solo tasse (diverse, ma tasse), a parte il solito mantra della lotta all'evasione fiscale ( facile da fare) e quindi recessione.
Buona Lettura


Perdere tempo a discutere della manovra ter (cioè la terza di questa estate) non ha nessun senso. E’ abbastanza sicuro, infatti, che avremo una manovra quater e poi avanti. Forse si arriverà a dieci, prima di aver finito. Sempre che i mercati e la Banca centrale europea non ci mandino a quel paese prima.

Per il momento sarà sufficiente dire che questa manovra ter, come le precedenti, si basa soprattutto sulle tasse. Per far quadrare i conti, cioè, si aumentano le tasse. Va detto, per senso di giustizia, che anche le opposizioni hanno suggerito di seguire la stessa strada (nuove tasse), sia pure diverse (e più giuste, si spera).

Ma qui va spiegato, e con molta chiarezza, che quello di mettere nuove tasse è il modo più sicuro per andare in recessione. E noi siamo già sull’orlo di una crisi nel 2012. Adesso le ultime previsioni ufficiali dicono che l’anno prossimo cresceremo dello 0,7 per cento. Ma esistono previsioni non ufficiali (e quindi un po’ più libere) che indicano la crescita del 2012 nella misura dello
0,5-0,6. E la banca d’affari Citigroup sostiene addirittura che il 2012 si chiuderà per l’Italia con un arretramento dello 0,3 per cento.

Se su tutto questo si scarica una bomba da 45 miliardi di euro (quasi tutti di nuove tasse) la recessione è praticamente garantita. D’altra parte, con una pressione fiscale che ormai sfiora il 50 per cento (se si tiene conto dell’evasione, cioè del fatto che non tutti pagano, siamo anche già oltre questa soglia) è evidente che è impossibile andare in ripresa.

In sostanza, la dabbenaggine del governo (che quando le cose andavano discretamente, aboliva l’Ici anche per le fasce alte) siamo di fatto condannati a vari anni di stagnazione, inframmezzati da qualche veloce puntata recessiva.

In queste condizioni è quasi inutile parlare di cose interessanti, come il lavoro, i giovani, la ricerca. Questo governo si è autocondannato (e ha condannato l’Italia) a molti anni di servizi sociali in calo e di giovani disoccupati a vita.

Tutto questo non accade per caso o per fatalità. Si tratta di una scelta politica consapevole. E’ evidente che se abbiamo 1900 miliardi di debito consolidato è perché, come paese, spendiamo più di quello che possiamo. Per rimettere le cose a posto (visto che la pressione fiscale è già elevatissima) bisognerebbe cominciare a tagliare gli apparati della pubblica amministra­zione. Ma intorno a questa idea ci sono vari veti.

Uno dei più grossi è quello della Lega (che non vuole perdere nemmeno il sindaco di un comune di 90 abitanti). La stessa Lega, peraltro, non ha alcuna idea generale sul paese. Si accontenta di stare rintanata nei suoi comuni e nelle sue province e regioni. Paga di questo potere. E di sognare il giorno in cui il federalismo metterà a posto tutto o ci sarà la secessione.

Il Pdl è invece un ammasso confuso, diviso fra la voglia di non mettere nuove tasse e l’incapacità di immaginare uno Stato diverso, che costi molto meno. Inoltre, è forte il peso, anche qui, delle clientele e delle posizioni acquisite.

Il risultato è quello che si è detto: si va avanti con nuove tasse, senza rendersi conto che questo provocherà la recessione. E che la recessione renderà impossibile raggiungere il pareggio di bilancio. Quindi serviranno nuove tasse. E cos’ via. Fino a quando impassibili ragionieri e direttori commerciali decideranno di assaltare le panetterie e di buttare tutto per aria.

La sinistra, purtroppo, non è stata molto lungimirante, in questa circostanza perché ha puntato anch’essa su nuove tasse.

E allora avrei una modesta proposta. Si vuole mettere nella Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio (ed è una sciocchezza). Ma allora si metta anche l’obbligo di tenere la pressione fiscale sotto il livello del 35 per cento. Se lo Stato è la “direzione generale” del paese, mi sembra corretto che costi un terzo (ma non di più) del reddito nazionale. A quel punto saremo un paese moderno. E forse potremo anche vedere un po’ di ripresa economica.



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