EMMA BONINO |
Gli inventori del partito transnazionale (una delle molte invenzioni pannelliane senza grosso successo) non possono che essere europeisti convinti delle prima ora, e quindi nulla da rimproverare ai radicali in questo campo. La Bonino poi, diminuite per ragioni di età le forse eccessive esuberanze femminili-ste, ho avuto modo di apprezzarla in molte occasioni, registrando in particolare con favore la svolta liberale, meritocratica e anti statalista del PR negli ultimi anni (la stessa che invece gli rimproverano quelli della sinistra più conservatrice).
Nel suo intervento che leggerete appresso la Bonino ribadisce quello che è sotto gli occhi di tutti: non ci può essere una vera Europa Unita rimanendo solo nel campo economico e finanziario, specie ora che la nostra parte di occidente sente il peso dell'invecchiamento e la lentezza imposta da un sistema di regole e di diritti sicuramente all'avanguardia civile ma di grosso intralcio nel reggere la concorrenza dei cosiddetti paesi emergenti che saranno pure bravissimi, ma certo la parole welfare e garanzie (dei lavoratori i primis) non sanno nemmeno come si scrivono.
Bisogna lavorare di fantasia , farsi venire idee nuove, nell'ambito della POLITICA, e poi spiegarle bene per ricreare una fiducia ed un desiderio di Europa che solo nei giovani resta un'idea prevalente.
E l'EUROPA, notoriamente, non è un paese di giovani...
Buona Lettura
"Si dice che le crisi sono allo stesso tempo opportunità. Aggiungo che se i due termini sono anche in proporzione diretta, l’Europa ha un’opportunità enorme, perché appunto di enormi proporzioni è la crisi fiscale, finanziaria ed economica che stiamo attraversando.
Il mio messaggio, o meglio il mio appello, al vostro convegno di oggi è perciò molto semplice: non sprechiamo questa crisi.
Non sprechiamola puntando a soluzioni tecnocratiche, di ingegneria – o presunta tale – finanziaria che i cittadini europei non capiscono e che i mercati non comprano. Non sprechiamola puntando al solito minimo comune denominatore che sembra mettere d’accordo tutti mentre invece non accontenta nessuno. Non sprechiamola attraverso il solito metodo di fare – o meglio: di illudersi di fare - l’Europa a tentoni, a passi talmente piccoli che la speranza non confessata è che non se ne accorgano proprio coloro in nome dei quali dovremmo farla: i cittadini europei.
La visone funzionalista del fare l’Europa attraverso l’economia, sulle sole gambe di un’elite tecnocratica, è arrivata al capolinea – se non altro perché questa economia europea non è più in grado di spingere nulla in avanti e rischia semmai di travolgere nel suo riflusso quel poco che siamo riusciti a costruire in questi decenni, cioè il mercato interno e l’unione monetaria.
Credo fermamente che sia arrivato il momento di ripristinare il primato della politica nel processo di integrazione europea, di parlare ai cuori e alle menti dei cittadini europei, di costruire una immagine positiva attorno agli Stati Uniti d’Europa, che dica apertamente cosa c’è da perdere nella non Europa e cosa c’è da guadagnare nella costruzione di un’Europa federale. Alla luce dei rischi che stiamo correndo, gli esempi davvero non mancherebbero"
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