domenica 22 gennaio 2012

A CUBA I DISSIDENTI MUOIONO ANCORA. INTERESSA?

In attesa che i nostri progressi verso un socialismo reale di fatto proeseguano (solo da noi le Liberalizzazioni sembrano statalizzazioni....), nel mondo ci sono posti che stanno lì a ricordarci che non è poi questo grandissimo affare muoversi in quella direzione.
Uno di questi è CUBA, dove la parola "socialismo" significa in realtà DITTATURA.
E dove i dissidenti ancora muoiono, senza però che in occidente interessi a nessuno.
Consoliamoci che il mito del CHE e del Castrismo siano tramontati e appannaggio di nostalgici anziani tipo Minà, che in fondo hanno come tutti il diritto di confondere le cose mischiandole con la bellezza della gioventù.
Però sperare che qualcuno dia risalto a episodi che testimonino come a Cuba , nonostante le aperture seguite alla fine delle sovvenzioni sovietiche (con la fine degli acquisti a prezzo politico assai maggiorato da parte dell'URSS dei prodotti derivati dalla canna da zucchero l'economia dell'isola è collassata), di libertà e democrazia ce ne siano zero, è piuttosto vano.
Ma ciò che è improbabile non è detto che sia impossibile ed ecco che oggi sul Corriere Pierluigi Battista prende carta e penna (ormai si fa per dire) e scrive la bellissima  denuncia che di sotto riporto.
Buona Lettura

“L'INVERNO CUBANO E L'INDIFFERENZA DEGLI INDIGNATI“
Speriamo che il nome di William Villar possa restare scolpito nella galleria dei combattenti per la libertà, e che in nome della libertà hanno donato la loro vita. Speriamo, ma c’è da dubitarne. Morire a 31 anni per uno sciopero della fame nelle carceri castriste non assicura infatti il rispetto duraturo di un'opinione pubblica internazionale indifferente o assuefatta alle nefandezze della dittatura cubana. Due anni fa morì consumato dalla sua estrema protesta Orlando Zapata: chi lo ricorda più? Adesso è di nuovo nelle galere di Fidel Castro Guillermo Fariñas, il dissidente ridotto a pelle e ossa dopo 135 giorni di sciopero della fame: ma in pochi rispondono agli appelli di Yoani Sánchez, la blogger cubana che per punizione l'anno scorso è stata malmenata dagli sgherri del regime. Villar era in galera perché condannato dopo un processo tragicamente ridicolo a quattro anni solo per aver partecipato a una manifestazione all'Avana. Una manifestazione, quattro anni di galera: chissà che mobilitazione se questa grottesca sproporzione tra «delitto» e pena fosse stata inflitta anche solo per un ventesimo in un'ipotetica condanna di qualche occupante indignato di Zuccotti Park. Cuba non merita però neanche un segmento dell'attenzione riservata ai protagonisti della primavera araba. L'inverno cubano non viene percepito come qualcosa di lugubre, illeggiadrito com'è dal caldo sole tropicale. I dissidenti cubani resteranno sempre soli. Degli omosessuali cubani perseguitati fin dai tempi in cui il leggendario Ernesto «Che» Guevara imprigionava i «maricones» negli appositi campi di concentramento non si occuperà nessun Gay Pride. La dissidenza cubana non va di moda. Tra gli aguzzini e le vittime, l'opinione pubblica non sceglie sempre a colpo sicuro. Il regime di Castro ha mietuto, in termini numerici, più vite umane di quello di Pinochet: ma la scure della condanna morale fa fatica ad essere calata con la stessa energia all'immagine dei due dittatori. Si fanno morire di fame dentro le galere, a Cuba. Ma nel mondo ci si accorge di loro con una certa riluttanza. Cuba è una dittatura. Ma è ancora considerata una dittatura speciale, da trattare con una delicatezza che altre dittature non meritano. Un regista famoso come Oliver Stone può prodursi in un imbarazzante panegirico del dittatore Castro senza che questo gesto servile nei confronti del tiranno possa precludergli fama e passerelle d'onore sui red carpet più prestigiosi. Michael Moore gira un film in cui loda le meraviglie del sistema sanitario cubano con la stessa spudorata e menzognera bulimia propagandista con cui i registi acquiescenti usavano esaltare le magnifiche conquiste del regime mussoliniano. Anche in Italia frange sia pur minoritarie ancora non osano rinunciare all'ammirazione per una dittatura interminabile e oppressiva. Ma è il ricordo di un sogno lontano che forse impedisce di considerare la dittatura castrista per quanto di odioso rappresenta oramai da cinquant'anni. È il ricordo dell'illusione (e anche della malafede) di un gulag che, riscaldato dal sole tropicale, fosse un po' meno gulag. Di un comunismo che, accarezzato dalla musica del Buena Vista Social Club, fosse un po' meno comunismo di quelli, tremendamente cupi, dell'Est europeo. Per tener fede a questo sogno, si è semplicemente fatto finta di ignorare la realtà. Il santino del «Che» ha nascosto per anni la circostanza tragica che l'unico successo economico del regime cubano sia stato l'aver fatto di questo esperimento di socialismo tropicale una delle mete preferite del turismo sessuale internazionale. L'epopea castrista della Sierra Maestra ha cancellato il regime di apartheid che impedisce ai cittadini cubani di mettere piede sulle isole preferite dai turisti se non come lavoratori negli alberghi e sulle spiagge. Si è voluto ignorare il numero elevatissimo di dissidenti politici costretti a subire condanne pesantissime. Ignorare l'esodo di esuli che scappano con ogni mezzo pur di fuggire dai rigori di quella tirannia. Oggi la morte di Wilmar Villar potrebbe essere l'occasione per riscattare silenzi ed omissioni. Potrebbe, ma è una speranza troppo ottimistica.

4 commenti:

  1. Nella mappa della libertà il Venezuela è considerato libero?

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  2. Il lettore ha ragione. Deve essere un refuso !!! Chavez ha poco da invidiare a CAstro.

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  3. Il mio blog su Cuba è www.gordianol.blogspot.com (Ser cultos para ser libres). Unisciti anche tu al mio. Traduco Yoani sanchez per La Stampa (www.lastampa.it/generaciony) e scrivo libri su Cuba dal 1999. Vedo che adesso qualcuno mi segue!

    Gordiano Lupi

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