mercoledì 4 gennaio 2012

I SINDACATI HANNO STUFATO. ADESSO SI PUO' DIRE!

Mio nonno, garbatissimo ispettore della STEFER (la COTRAL degli anni 60) e mio padre, magistrato fino al grado di Presidente di Cassazione, avevano poco in comune. IN questo poco,  la convinzione che il male dell'Italia fossero i SINDACATI. Quindi non sono cresciuto in un ambiente familiare favorevole al sindacalismo. 
Appassionato di storia, riconosco i meriti delle prime organizzazioni dei lavoratori, che veramente servirono a riscattare le masse proletarie da condizioni di vita e di lavoro inaccettabili.
Ma col tempo, così come è avvenuto per i partiti, i sindacati si sono corrotti , troppo professionalizzati, e ai loro vertici ci sono degli pseudo manager, non gente che conosce la realtà aziendale. In Italia, due anomalie forti abbiamo scontato nel periodo repubblicano : il più grande partito comunista d'occidente (che in clima di guerra fredda significò il blocco di qualsiasi alternanza di governo..il fattore K lo battezzò un grande giornalista come Alberto Ronchey ) e, contiguo al primo, un fortissimo sindacato rosso. Edmondo Berselli, compianto giornalista di Repubblica, ha scritto pagine illuminanti sugli errori, sulle prepotenze e anche arroganze dei sindacati ( e non era certo un liberista o mercatista). Grande panzana, che però è durata assai, fu il salario come variabile INDIPENDENTE dalla produttività. Per cui se l'impresa va male, lo stipendio deve correre lo stesso, allo stesso livello, anzi aumentando almeno in ragione della svalutazione della moneta. Io amo semplificare ricorrendo al paragone del buon padre di famiglia....nel 2011 sono riuscito a consentire ai miei familiari di frequentare circoli sportivi per fare sport (sacrosanto), di svagarsi al cinema (giusto) o allo stadio ( e se so tifosi....). D'estate li ho portati in vacanza in sardegna. Nel 2012 le mie entrate, causa anche le tasse, la flessione del lavoro e dell'economia, sono diminuite. Ve la immaginate la scena dove moglie e figli rivendicano come DIRITTO le stesse cose godute l'anno precedente? Si, lo potete anche immaginare, perché ci sono famiglie degenerate in questo senso, ma certo non sono BUONE famiglie.
La Fiat auto flette nelle vendite del 10%. Bel problema mantenere i posti di lavoro....In Germania, alla Volkswagen, in un periodo del genere, gli operai, piuttosto dei licenziamenti (con ricorso ad ammortizzatori sociali migliori dei nostri) , accettarono una RIDUZIONE dell'orario e degli stipendi. Dopo qualche tempo le vendite tornarono a salire e così l'occupazione e i salari. Da noi si può fare ? Altra scemenza è l'appiattimento salariale senza tenere conto delle capacità, dei meriti. Un appiattimento diffuso, sempre in genere a favore dei mediocri. Meglio avere tutti "uguale"....Almeno un tempo i lavoratori rappresentati dai sindacati erano principalmente operai, quindi impiegati nei settori produttivi ! Adesso gli iscritti sono in massima parte PENSIONATI (cioè gente che dalle dinamiche produttive e di crescita è ormai estranea) e STATALI (che certo sul PIL incidono pochino, in compenso pesano tanto a livello di COSTI).
Ora. può essere un sindacato del genere , un'associazione di categoria, quello che PRETENDE che qualsiasi politica economica governativa passi per il loro PLACET???
Evidentemente NO. Sta storia della concertazione, dell'apertura dei tavoli....ma sarà ora di farla finita ? Certo ascoltare, si ascolta tutti, e quindi anche le altre associazioni (confindustria, confcommercio, confesercenti, ordini professionali) cercando di distinguere tra esigenze e problematiche ragionevoli dalla mera difesa corporativa . Renzi lo scriveva nel suo libro. Da Sindaco di Firenze aveva capito che "aprire un tavolo" era un buon modo di combinare NULLA. Per cui ascoltare SI, concertare NO.
E finalmente adesso aumentano coloro che lo dicono.
Perfetto l'articolo di Sergio Romano in prima pagina sul Corriere che di seguito riporto.
Buona Lettura

Rito fuori tempo (e fuori bilancio)
Il governo, i sindacati e gli incontri
Sui temi del lavoro il governo si prepara a incontrare le organizzazioni sindacali e a consultarle. I tempi sono stretti e dovranno tenere conto di alcune scadenze europee fra cui la riunione dell'Eurogruppo fissata per il 23 gennaio. I sindacati rispondono chiedendo al governo un «piano per il lavoro», vale a dire un progetto complessivo formato da misure economiche e dai mezzi finanziari necessari alla loro adozione. Susanna Camusso, segretario della Cgil, dichiara in una intervista a La Stampa di ieri che non «dobbiamo farci dettare i tempi da Bruxelles» e che «nelle trattative si può fissare la data d'inizio, non quella di chiusura». La parola «trattative», in questo contesto, significa concertazione. I sindacati non vogliono essere ascoltati. Vogliono «concertare», vale a dire concorrere alla definizione delle misure che il governo presenterà al Parlamento e ai suoi partner europei.
Conosciamo il metodo. La concertazione è stata per molti anni il totem intoccabile della democrazia consociativa, la formula magica che avrebbe garantito al Paese la pace sociale. Per la verità vi sono stati momenti eccezionali (durante gli «anni di piombo» e il governo Ciampi del 1993, per esempio) in cui il metodo è servito a sbloccare situazioni pericolose. Ma abbiamo fatto troppa esperienza di concertazione, nel corso degli anni, per non conoscerne gli inconvenienti. Il primo è d'ordine istituzionale. Il sindacato è una associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere una sorta di condomino, un passaggio obbligato, un contropotere, e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa. Il governo può ascoltarlo, consultarlo, studiare le sue proposte, ma non può dimenticare che le responsabilità del potere esecutivo non sono condivisibili e che il suo unico interlocutore istituzionale è il Parlamento, non un'associazione di categoria.
Il secondo inconveniente è d'ordine pratico ed economico. Quasi tutti gli accordi sottoscritti con il metodo della concertazione sono stati raggiunti grazie a compromessi che distribuivano compensazioni, permettevano al sindacato di esibire la prova del proprio potere, incidevano pesantemente sui conti dello Stato. Se abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e accumulato un enorme debito pubblico, lo dobbiamo anche alla concertazione. Oggi il denaro per le compensazioni è finito, i compromessi a spese dell'Erario non sono più possibili e i tempi non sono dettati da Bruxelles, ma dalla necessità di correggere il più rapidamente possibile, nell'interesse del Paese, gli errori commessi in passato. Il sindacato ha funzioni importanti e deve essere in condizione di esercitarle con la massima libertà. Ma tra queste funzioni non vi è quella di concorrere al governo del Paese.

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