sabato 21 gennaio 2012

LO STATO DEVE METTERE LE MANI IN TASCA: LE SUE PERO'!!!

Tempo fa Giacomo Zucco, il coordinatore-leader del movimento TEA PARTY ITALIA  (lui si definisce portavoce...ma non è la verità , senza il suo paziente e diuturno lavoro di organizzazione, mediazione, moderazione, questo gruppo era già bello che morto e invece su FB conta più di 5.000 simpatizzanti, le iniziative vengono commentate su alcuni giornali di ispirazione più liberale, e Zucco è finito su altre TV, tra cui di recente La 7) in una intervista su RAI 3 (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2011/11/giacomo-zuccoil-matteo-renzi-della.html ) spiegava con chiarezza, semplicità, come il DEBITO PUBBLICO dovesse essere pagato da chi lo aveva CREATO: LO STATO.
E questa non era una dichiarazione retorica: Zucco esortava a dismettere parte del patrimonio statale per diminuire VERAMENTE e FINALMENTE il DEBITO PUBBLICO.
Certo poi bisogna intervenire sulla diminuzione, sui tagli della SPESA pubblica, perché se no si fa presto a riaccumulare DEBITO. Per cui, esortava Zucco, lo Stato da una parte doveva vendere parti del SUO patrimonio per ripagare i debiti, e allo stesso tempo smetteva di contrarne ALTRI!!!
Il discorso, riportato nel micro ambito quale per esempio una famiglia....è semplice: se questa ha entrate di 3.500 euro mensili (due stipendi) e uscite per 5.000 (perché avere e fare cose è bello), dopo un po' arriva il momento che tocca vendere l'oro di casa per eliminare un debito salito troppo ed evitare l'ufficiale giudiziario. MA SE quella famiglia continua poi a spendere 5.000 incassandone sempre 3.500 , in poco tempo avrà accumulato il debito di prima, SENZA avere più risorse da parte per ripagarlo.
ERGO : DEVE si pagare i debiti ma anche ridurre le sue spese.
LO STATO NON LO FA, cerca piuttosto di aumentare le sue entrate attraverso le TASSE.
Col risultato di un livello eccessivo delle stesse che favoriscono 1) depressione dei consumi e dell'economia 2) evasione fiscale.
Il discorso di Giacomo Zucco, che io ho pronosticato essere il possibile Matteo Renzi della destra, viene ripreso e dettagliato da Davide Giacalone in un suo recentissimo articolo titolato appunto : Abbattimento del debito e della spesa".
Buona Lettura

Abbattere debito e spesa 

Sia che l’euro sopravviva alla pochezza della classe politica europea, sia che salti mettendoci tutti sulla scia dei greci, noi italiani avremo da fare i conti, subito e sul serio, con il debito e la spesa pubblica. Entrambe da abbattere. Se ci apprestassimo a farlo con le tasse non solo non ci riusciremo, ma faremmo stramazzare i contribuenti, il sistema produttivo e l’Italia tutta. Se pensassimo di farlo con i tagli ne usciremmo sfregiati e dissanguati, tanto più che a tagliare sarebbe chi dovrebbe essere tagliato. Ci sono due vie alternative, da imboccare subito.
Sul fronte del debito dobbiamo dargli un colpo secco, portandolo sotto la totalità del prodotto interno lordo, quindi allineandolo a quello degli altri grandi europei (dove cresce). Possiamo riuscirci senza allungare le mani sul patrimonio dei privati, quindi senza porre irrisolvibili problemi di equità e tenuta politica. Possiamo riuscirci lavorando sul patrimonio pubblico. Ci sono diversi possibili approcci, discussi in circoli chiusi, mentre sarebbe bene ne parlasse la politica tutta, ove abbia ancora voglia d’esistere: si prende il patrimonio alienabile, composto da mattoni e partecipazioni, si aggiungono concessioni e crediti, li si mettono in un veicolo finanziario, s’incarica chi lo dirigerà di venderlo al meglio (non certo in una botta, perché equivarrebbe a svenderlo e regalarlo, che di regali se ne sono già fatti troppi), intanto si quota la società e, se necessario, si chiede agli italiani con maggiore liquidità di acquisire una parte delle quote. Non sarebbe una patrimoniale, perché i soldi non verrebbero buttati via nel servizio ad un debito (con questi tassi e con questa recessione) insostenibile, ma impiegati in un fondo che restituirà i soldi a chi ce li ha messi. Un valore stimabile fra i 400 e i 600 miliardi (a seconda delle formule), che farebbero scendere di trenta punti il debito, portandolo al 90% sul pil.
La regola del fondo è: si vende a fette programmate e il ricavato va in gran parte all’abbattimento del debito e per la parte rimanente a investimenti in reti e infrastrutture. Così il mercato si riprende.
Sul fronte della spesa inutile far finta di credere che ci sia un qualche governo in grado di abbassarla quanto serve. Arrivati alla soglia della spesa corrente, composta da stipendi e gestione, l’incapacità politica non saprà mai conciliare la riduzione dei servizi con il necessario consenso (siamo una democrazia, anche se si tende a dimenticarlo). Usiamo un sistema diverso: lo Stato ceda attività al mercato. Vale anche per la scuola, la sanità, la pubblica amministrazione. Chiedendo a chi gestirà di garantire almeno la stessa qualità (non ci vuole poi molto), ma percependo somme progressivamente minori, fino ad una riduzione del 20% in cinque anni. Per i privati sarebbe un affare, perché una gestione passabilmente razionale, non imbrigliata dalla cogestione politica e sindacale, consente sinergie oggi sconosciute. Anche solo lavorando sull’organizzazione e la digitalizzazione la scuola costa meno, offre un servizio migliore ed è un luogo di lavoro più attraente per chi voglia fare l’insegnante e non l’impiegato in attesa di pensione.
Se lo Stato si sottopone ad una drastica cura dimagrante, divenendo più leggero, evita che a stecchetto siano tenuti i cittadini. Né vale lo spauracchio del taglio dei banchi, dei posti letto in corsia, o dei servizi essenziali, perché questo, semmai, è quel che accadrà continuando l’andazzo attuale. Con provvedimenti di questo tipo i tassi scendono senza che ci sia bisogno di strusciarsi alla signora Merkel, anzi, rappresentando un esempio di quel che dovrà fare l’Europa tutta, ove non voglia affondare nelle proprie paure.
In un Paese così rivoluzionato le liberalizzazioni, che ci vogliono, ma devono essere vere e non vendicative, partendo da quel che invischia il mercato, sarebbero un formidabile volano di sviluppo. Ma sì, datemi pure del matto, però credo che con un po’ di sana politica, una buona dose d’orgoglio nazionale e tanta libertà (anche dal giogo fiscale) per i produttori, imprenditori e lavoratori, possiamo ben puntare ad un nuovo salto in avanti. Oltre tutto si chiude con il passato della miseria politica e dell’accattonaggio a spese della collettività.
Non mancano le forze, mancano il coraggio e le idee.
 

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