lunedì 16 gennaio 2012

MONTI A QUANTO PARE NON BASTA

 
Molti commenti sono stati fatti sulla ulteriore retrocessione a cui ci ha sottoposto l'agenzia di rating Standard & Poor's , sia pure in numerosa (dei 17 paesi interni UE, salvi praticamente solo Germania e Slovacchia!) e nobile compagnia (Francia, ma anche Austria).

Eugenio Scalfari si è subito speso per spiegare che non si trattava di una bocciatura di Monti, e che poi queste agenzie di rating ormai sono poco affidabili....
Io condivido molto di più il pensiero di Davide Giacalone che ha scritto un articolo molto lucido sull'argomento e che vi sottopongo
Buona Lettura

Missione non compiuta

Il compito del governo tecnico era quello di stabilizzare la posizione italiana nel mercato dei capitali, porre fine alla strumentalizzazione che si era fatta delle nostre liti e faziosità nazionali, restaurare la normalità nei rapporti interni all’Unione europea e, con ciò, ridurre la forbice del differenziale dei tassi d’interesse. Non a caso s’era molto posto l’accento, nel periodo preparatorio del commissariamento governativo, sugli spread, assai forzandone il significato e quasi leggendoci l’indice della poca credibilità internazionale del governo Berlusconi. Ebbene, tale missione è fallita. Noi abbiamo sempre letto gli spread come un indicatore della crisi dell’euro, e non della sostenibilità del nostro debito (anche se, ovviamente, su quella influivano), ma per i feticisti del ramo faccio osservare che la media dello spread, nei sessanta giorni del governo Monti, è superiore a quella degli ultimi sessanta giorni (i peggiori) del governo Berlusconi. E questa è solo la premessa di quel che sta per avvenire.
Il governo Monti ha commesso due errori, gravi. Il primo è stato negare la crisi dell’euro, negare che l’origine dei problemi (quelli attuali, non quelli storici) sta nella debolezza politica e istituzionale della moneta unica, in questo modo avvalorando l’idea che siano la dissipazione e l’indisciplina interne a portare la colpa di quel che accade. Il secondo è stato far credere che il problema consistesse nel trovarsi un posto fra Francia e Germania, sventolando come un trofeo la riammissione al desco, laddove, al contrario, il problema era rompere quell’asse, far comprendere ai francesi che legandosi ai tedeschi si sarebbero inabissati, e far comprendere ai tedeschi che fuori da una logica europea la loro forza diventa un peso, che li sprofonda fra i fantasmi della storia.
A questi due errori il governo Monti ne ha sommati altri, meno decisivi ma comunque nocivi. Ha cominciato a comportarsi come un governo normale, nato dalla volontà degli elettori e non commissariale (quale è e non smetterà di essere), quindi allargando le proprie competenze fino a trattare materie poco o per nulla attinenti con la propria missione. In questo modo è entrato nel gioco politico, il che è legittimo, ma solo a condizione che accetti di passare per il giudizio elettorale. Ha preteso che i propri ministri potessero agire per comprovata competenza, laddove alcuni di loro sono inciampati in incredibile inadeguatezza (come dimenticare lo strafalcione dell’intervento per decreto in un interna corporis parlamentare!), o hanno mostrato una stoffa umana più adusa allo struscio ombroso che al mostrarsi esemplari.
Al sorgere del governo Monti taluni videro alle sue spalle i mitici “poteri forti”. Noi ci vedemmo la debolezza della classe dirigente e l’insipienza della politica, che veniva commissariata. Anche le umane inadeguatezze confermano quella nostra impressione.
Ora la partita cambia. Con alle spalle l’insuccesso, con di fronte l’assenza di strumenti per operare sul campo europeo (Monti pagherà caro l’avere sostenuto l’irresponsabilità dell’euro, e la sua personale debolezza è divenuta quella italiana), il governo in carica rischia d’essere quello che si rivolgerà al Fondo monetario internazionale. Un prestito da quella fonte (oltre a portare una certa sfortuna, perché l’indice degli insuccessi, per il fondo, è infinito) menoma la sovranità politica di un Paese, sottoponendolo non alla vigilanza degli alleati e propri pari, ma a quella di chi presta denaro. Se questo dovesse accadere si porrà la necessità di una decisione, le cui conseguenze si riverbereranno negli anni: accettiamo quei soldi per fare quello che i tedeschi ci chiedono, o li accettiamo per svincolarci da una guida che non abbiamo scelto, non vogliamo è ci porta ad affondare? Da come ho posto la domanda è evidente la mia risposta: la prima cosa sarebbe follia.
Il punto è: chi la prende, quella decisione? Non di certo un governo commissariale. Su questo è bene essere chiari: a impegnare il futuro di una democrazia non può che essere chi ne è democratica espressione. Il che porta, visto che la precedente maggioranza politica è fallita, per sua stessa ammissione, alle elezioni. Conosco l’obiezione: in questo momento sarebbe pericoloso. Lo è. Ma quanto è pericoloso pensare di sospendere la democrazia e ipotecare il futuro? In Spagna, inoltre, s’è dimostrato che un governo con maggiore stabilità politica davanti fornisce maggiore affidamento, pur restando gravi i problemi.
Credere che le colpe siano di Monti è sciocco. Credere che sia la soluzione, anche.
 

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