Ebbene la risposta è NO, non ce l'ha fatta. Con tutte le considerazioni che si possono leggere nell'amarissimo articolo di Giuseppe Turani. Il quale peraltro non smette di credere nel suo "capitano", il Presidente Monti. Ha perso una battaglia, si sarà risparmiato per quelle "vere", come le definisce lui.
Sarà pure. Io credo che chi non vince le partite facili, magari è meno forte di quello che pensa...
Comunque tutto il resto, purtroppo, ci sta
L'ITALIA DEI PRIVILEGI
di Giuseppe Turani
Per anni ci hanno spiegato che la “società civile” era meglio della politica. E forse era vero. Ma rimane il fatto che ogni volta che si va a toccare con mano questa benedetta “società civile” si fanno due scoperte: la prima è che non è tanto meglio della politica e la seconda è che con la politica ha legami molto stretti, quasi indistruttibili. La vicenda della liberalizzazione dei taxi è significativa. Si era partiti con l’idea che il numero delle licenze, città per città, sarebbe stato deciso da un’autorità nazionale indipendente.
Ma nel giro di qualche giorno questo meccanismo, semplice e lineare, si è trasformato e complicato in un modo assurdo e alla fine a decidere saranno sempre i sindaci. Cioè i soggetti più vicini e più influenzabili da taxisti. A ottenere questo risultato hanno lavorato (intensamente) gli “amici” della categoria in Parlamento.
Se questo accade per un pezzo di società civile che conta poche migliaia di persone in tutta Italia e che ha qualche presenza significativa in meno di dieci città, si può immaginare il resto.
Questo episodio ci fa toccare con mano quanto sia difficile rendere un po’ più moderno il paese. Se le “piccole” liberalizzazioni (come quella dei taxi) vengono bloccate in Parlamento, figurarsi che cosa potrebbe accadere con quelle veramente importanti: gas, energia, trasporti, banche, assicurazioni, ecc., dove gli interessi in gioco sono veramente enormi e ben decisi a mettere in campo decenni di relazioni (molto strette) con la politica pur di non farsi battere.
Certo, il governo Monti avrebbe potuto impuntarsi sui taxi e tenere duro. Ma questo governo ha in testa un disegno che va molto oltre i taxisti e probabilmente ha scelto di andare alle partite vere e di non fermarsi a questa delle auto pubbliche.
Rimane, però, un gusto di amaro in bocca. Si poteva immaginare che la politica, dopo gli spaventi appena passati (con lo spread a quota 570) e con i sacrifici appena imposti a tutta la collettività nazionale, avesse uno scatto di dignità e consentisse la liberalizzazione, almeno, dei taxi.
Ma non è stato così. Qualcuno in passato ha detto che in questo paese non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti. Ecco, adesso abbiamo scoperto che non si possono nemmeno liberalizzare davvero i taxi. Sempre perché ci conosciamo tutti. E sempre perché le “amicizie” prevalgono sul buon senso e sulla buona politica.
(Dal "Quotidiano Nazionale" del 29 febbraio 2012)
Per anni ci hanno spiegato che la “società civile” era meglio della politica. E forse era vero. Ma rimane il fatto che ogni volta che si va a toccare con mano questa benedetta “società civile” si fanno due scoperte: la prima è che non è tanto meglio della politica e la seconda è che con la politica ha legami molto stretti, quasi indistruttibili. La vicenda della liberalizzazione dei taxi è significativa. Si era partiti con l’idea che il numero delle licenze, città per città, sarebbe stato deciso da un’autorità nazionale indipendente.
Ma nel giro di qualche giorno questo meccanismo, semplice e lineare, si è trasformato e complicato in un modo assurdo e alla fine a decidere saranno sempre i sindaci. Cioè i soggetti più vicini e più influenzabili da taxisti. A ottenere questo risultato hanno lavorato (intensamente) gli “amici” della categoria in Parlamento.
Se questo accade per un pezzo di società civile che conta poche migliaia di persone in tutta Italia e che ha qualche presenza significativa in meno di dieci città, si può immaginare il resto.
Questo episodio ci fa toccare con mano quanto sia difficile rendere un po’ più moderno il paese. Se le “piccole” liberalizzazioni (come quella dei taxi) vengono bloccate in Parlamento, figurarsi che cosa potrebbe accadere con quelle veramente importanti: gas, energia, trasporti, banche, assicurazioni, ecc., dove gli interessi in gioco sono veramente enormi e ben decisi a mettere in campo decenni di relazioni (molto strette) con la politica pur di non farsi battere.
Certo, il governo Monti avrebbe potuto impuntarsi sui taxi e tenere duro. Ma questo governo ha in testa un disegno che va molto oltre i taxisti e probabilmente ha scelto di andare alle partite vere e di non fermarsi a questa delle auto pubbliche.
Rimane, però, un gusto di amaro in bocca. Si poteva immaginare che la politica, dopo gli spaventi appena passati (con lo spread a quota 570) e con i sacrifici appena imposti a tutta la collettività nazionale, avesse uno scatto di dignità e consentisse la liberalizzazione, almeno, dei taxi.
Ma non è stato così. Qualcuno in passato ha detto che in questo paese non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti. Ecco, adesso abbiamo scoperto che non si possono nemmeno liberalizzare davvero i taxi. Sempre perché ci conosciamo tutti. E sempre perché le “amicizie” prevalgono sul buon senso e sulla buona politica.
(Dal "Quotidiano Nazionale" del 29 febbraio 2012)
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