lunedì 20 febbraio 2012

NON ABBANDONIAMO I MARO' ITALIANI: E CREDIAMOGLI, FINO A PROVA CONTRARIA.

MASSIMILIANO LATORRE E SALVATORE GIRONE 
In genere non mi occupo di cronaca, anche perché è raro che le notizie riportate siano precise, attendibili. Però in questo caso sono preoccupato per i due militari italiani arrestati dalle autorità indiane, accusati di aver ucciso due pescatori indiani, scambiati evidentemente per pirati somali.
Sono preoccupato perché non mi fido, confesso il pregiudizio, dei paesi non occidentali in materia di tutela dei diritti della difesa, di condizioni umane del regime di custodia carceraria. Certo qualcuno obietterà che cose strane accadono anche da noi, ed è vero. E le polemiche sulle condizione esplosiva carceraria italiana sono oggetto di biasimo ai livelli più alti (ministro della Giustizia e Capo dello Stato ). Eppure temo che lì sia decisamente PEGGIO.
Mi consolo penando che essendo in moto tutta la macchina diplomatica e che i fari sono accesi sulla questione, i due soldati, Massimiliano Latorre  e Salvatore Girone, saranno trattati correttamente. Però se l'autorità italiana aveva consigliato di NON abbandonare le acque internazionali e di non accedere all'"invito" (intimazione?) del governo indiano di "consegnarsi", una ragione ci sarà no?
Mi hanno colpito le foto dei due militari, presi in consegna: dritti, dignitosi, apparentemente sicuri. Certo i marò sono corpi eccezionalmente addestrati si dice, e quindi non c'è da sorprendersi di una maggiore capacità di mantenere il sangue freddo anche in situazioni difficili. Però l'accusa di omicidio volontario la vedo una cosa brutta, molto. In un paese come l'India, ancora peggio.
Leggendo la descrizione dei due giovani, il ritratto non è di due rambo. Massimiliano ha 4 figli, si è fatto tutte le missioni all'estero (Afghanistan, Iraq) probabilmente anche per guadagnare di più (come in genere vale per tutti questi volontari ).  Viene descritto come un padre affettuoso. Salvatore è anche lui padre. I due sono molto legati, normalmente garbati e gentili. In missione due "freddi", non gente che spara all'impazzata perché perde la testa.
Queste sono cose dette da fonti "amiche", a caldo. Non è detto che sia la verità, o la "sola" verità. Però adesso questo di loro si scrive e questo riporto.
Sicuramente la loro missione era delicata: difendere la petroliera Enrica Lexie da eventuale assalti dei pirati somali che si sa infestare quei mari.  La guerra corsara in corso da anni ha portato la creazione di una autentica flottiglia internazionale che presidia le acque e i metodi  che vigono negli scontri pare siano assai spicci da entrambe le parti . I pirati non esitano, per camuffarsi e per far esitare i difensori delle navi prese d'assalto, a servirsi delle navi catturate (quindi anche innocui pescherecci) e dei prigionieri come scudi umani. I "gendarmi" a non farsi troppi scrupoli ad aprire il fuoco e, quando fanno dei prigionieri, a sbarazzarsene abbandonandoli in mare (o ai pesci ...). Insomma , le regole internazionali hanno poco vigore da quelle parti.
In questo contesto va collocato l'episodio che ha investito la nostra nave e i nostri soldati.
I fatti concreti sono allo stato contraddittori. Secondo la versione italiana la nave italiana si trovava in acque internazionali (la cosa sarebbe confermata da foto satellitari ) quando viene avvicinata da questa nave che si mette in rotta di collisione per l'abbordaggio.
I marò italiani si schierano e applicano le regole d'ingaggio: quando il natante è a 500 metri di distanza vengono sparati i primi «warning shots», ripetuti quando si trova a 300 metri e infine a cento». Latorre specifica che gli ultimi vengono rivolti verso lo specchio d'acqua «senza colpire l'imbarcazione». Che a quel punto si sarebbe ritirata.
Completamente diversa la ricostruzione fatta dalle autorità indiane secondo le quali «sul peschereccio ci sono i segni di 16 proiettili, mentre quattro sono andati a segno e hanno ucciso i due marittimi». Una tesi ritenuta incredibile dalle autorità diplomatiche e investigative italiane perché significherebbe che tutti i colpi a disposizione sarebbero stati sparati ad altezza d'uomo.
In realtà il dubbio grande è che l'imbarcazione (St. Anthony) dei due pescatori indiani rimasti uccisi sia stata coinvolta in un altro conflitto a fuoco, diverso da quello che ha invece coinvolto la Enrica Lexie. Così si potrebbe spiegare per esempio la diversità di orari riferita: 11.30 del 15 febbraio secondo il rapporto italiano, due ore dopo quello della polizia  indiana.

Così riporta Fiorella Sarzanini sul Corriere della Sera:
"Alla relazione Latorre allega tre fotografie che dovrebbero servire a dimostrare proprio questa divergenza: il peschereccio sarebbe infatti diverso dal St. Antony dei marittimi uccisi. Le immagini risultano però sfuocate, poco chiare e dunque non possono bastare a chiarire il dubbio. Né a confermare il fatto - sottolineato dal marò - che a bordo di quel natante non ci fossero pescatori, ma cinque uomini armati.

In queste ore la magistratura sta valutando l'ipotesi di inviare una squadra investigativa in India, che lavori in stretto contatto con la diplomazia italiana. Le indagini sono affidate al colonnello del Ros Massimiliano Macilenti che sta già acquisendo la documentazione presso i comandi militari e presso la società armatrice anche per verificare se siano stati loro a decidere di far entrare nel porto di Kochi la Enrica Lexie . La Marina aveva espresso parere contrario, così come aveva raccomandato di non far scendere a terra i militari. E invece si è deciso di assecondare le richieste indiane. La procedura prevede che le decisioni a bordo siano prese dal comandante d'accordo con la Compagnia, ma generalmente in situazioni di emergenza ci si muove in accordo con le autorità militari e con il governo italiano. Adesso bisognerà dunque verificare se davvero sia stato l'armatore a ordinare di abbandonare le acque internazionali e con chi sia stata condotta la trattativa. 
Un negoziato che, al momento, si è concluso nel peggiore dei modi."
Be', intanto che si accerta la verità, non abbandoniamo i nostri soldati. 
E CREDIAMOGLI, fino a prova contraria.

1 commento:

  1. E ci mancherebbe che nel paese dove è accaduta la strage del Cermis, dove gli indubitabili colpevoli non sono stati ne arrestati ne giudicati dalle autorità italiane, i due Marò venissero lasciati in balia delle autorità indiane. Portiamoli a casa prima possibile e ad ogni costo. E' gia stata una ingenuità incredibile approdare in un porto indiano. Dovremmo essere noi a punirli, in caso di prova contraria. Uncle

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