ANTONIO INGROIA |
Ingroia, e i suoi difensori, invocarono l'art. 21 della Costituzione, che difende la libertà di pensiero e di espressione dello stesso. E ci mancherebbe. Ma poi cosa accade? Che se sulla base dello STESSO IDENTICO principio invocato Ingroia e i suoi colleghi vengono criticati, allora è l'Istituzione ad essere attaccata...e queto dicono che non si può. Un po' troppo comodo direi...
Investita della questione, il CSM ha avuto modo di confermare perché dell'organo di autogoverno della magistratura ci si fidi poco o nulla : un buffettino, un richiamo all'"opportunità", ma nessuna sanzione.
Eppure forse si potevano ricordare le esortazioni più volte ascoltate sia da parte dei Primi Presidenti della Corte di Cassazione (in genere in occasione del discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario ) che del Capo dello Stato, dove si ricorda ai Magistrati, quando hanno urgente bisogno di "esternare", che loro NON sono esattamente cittadini comuni, per il ruolo che ricoprono e per il potere (grande) da loro detenuto.
E questa posizione e potere fanno si che i cittadini su una cosa dovrebbero dormire sonni tranquilli : l' IMPARZIALITA' del magistrato, inquirente o giudicante che sia (in attesa che questa nefanda commistione si spezzi ).
Voi lo sareste con giudici cosi dichiaratamente schierati e ideologizzati? Forse nel solo caso aveste la stessa idea e fede...Occhio però, mica sono tutte toghe rosse....E se vi capita quella opposta?
Meglio non rischiare direi, e continuare a pretendere che siano IMPARZIALI e SERENI.
Pierluigi Battista sul Corriere si esprime sulla questione da par suo
Buona Lettura
IL DOVERE TRASCURATO DELL’IMPARZIALITA’
Gentile dottor Antonio Ingroia, credo che lei sia d'accordo su un principio basilare di una discussione libera tra eguali: il principio della reciprocità. Se lei invoca l'articolo 21 della Costituzione per dire ciò che pensa dei suoi avversari politici, foss'anche tutto il male possibile, non può pretendere che i suoi avversari politici non invochino lo stesso diritto per dire ciò che pensano politicamente di lei, foss'anche tutto il male possibile. Se lei va a fare un comizio al congresso del Partito dei comunisti italiani (Pcdi), non può sorprendersi se i suoi avversari politici diano a lei del «comunista». È perfettamente lecito essere comunisti, ma è altrettanto lecito, per chi non la pensa come lei, notare che un magistrato è così impegnato, come lei, nell'evidente, esplicito, teorizzato rifiuto del principio di imparzialità. Non dovrebbe perciò stupirla che la pattuglia di reazionari attaccati a quel vetusto e polveroso concetto che immagino per lei sia lo Stato di diritto consideri il principio dell'imparzialità della magistratura uno dei fondamenti della giustizia giusta e non subordinata alle esigenze della lotta politica. Il Csm invece, specialista nelle soluzioni ambivalenti e nelle decisioni salomoniche, non le ha invece comminato nessuna sanzione per la sua presenza al congresso del Pcdi, limitandosi a rivolgerle un benevolo rimprovero perché, insomma, le forme vanno preservate e non è bello che un magistrato che ha in mano scottanti inchieste politiche vada in giro facendosi vanto della sua rivendicata «partigianeria» politica. Lei, spalleggiato dai numerosi seguaci che accolgono sui giornali ogni sua parola come il Verbo indiscutibile, dice di essersi proclamato «partigiano della Costituzione» e ci mancherebbe che un magistrato non stesse dalla parte della Costituzione. Peccato però che, giudicando lei una parte consistente dello schieramento politico estraneo se non nemico della Costituzione, appare evidentissimo quale sia il bersaglio da colpire nel suo elogio del partigiano in toga. Perciò, dottor Ingroia, non si metta a deprecare la delegittimazione della magistratura se poi è proprio lei a delegittimare l'imparzialità dei magistrati. Critichi tutto ciò che c'è da criticare, ma abbia la sensibilità democratica di accettare le critiche di chi le rimprovera, ad esempio, una certa imprudenza nell'aver dato credito a un impostore conclamato come il signor Ciancimino jr. Sia più democratico e accetti le regole del conflitto politico che contemplano la parità dei contendenti. Non reciti due parti in commedia: il ruolo del semplice cittadino quando ad invocare il diritto di critica è lei, e quello dell'Istituzione quando invece qualcuno osa criticare ciò che lei ha detto non in veste di magistrato, ma in quello, laico, di cittadino. Ci aiuti a fare un po' di chiarezza e a dissipare quella nuvola di ipocrisia che ristagna ogni volta che si parla del tema scabroso del rapporto malato in Italia tra politica e magistratura. Con stima.
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