1) Mal comune mezzo gaudio è un po' meschino ma un suo perché ce l'ha. Vedere che se Atene piange, Sparta NON ride, non risolve ma qualche pensiero non solo negativo te lo lascia.
2) Di testa, ancorché non di pancia, io ho guardato con curiosità positiva alla nascita del PD. A questa "COSA" che doveva essere un superamento della socialdemocrazia, per avvicinarsi, anche per il nome, più ad un movimento LIBERAL, progressista, concentrato si sui deboli ma non più con ricette socialiste. Non è stato così. O almeno ha perso questa dimensione dopo le dimissioni di Veltroni da segretario, la diaspora di Rutelli, la segreteria a maggioranza della sinistra tornata socialista
3) Oggi il PD è UNA TRUFFA. E complici , non so se perché servi sciocchi o per opportunismo, sono tutti quegli uomini di centro che sanno di far parte di un partito che li tiene in ostaggio per conservare quel 6/7 %, non credo siano di più, di elettori che ancora credono nel "sogno democratico". Quelli che votano il Pd per Renzi e non per Fassina, per Veltroni e non per D'Alema, per Letta e non per Bindi (proprio vero che peggio di un comunista c'è solo un cattolico di sinistra!!!). Se queste persone se ne andassero, come sarebbe leale nei confronti di TUTTI, elettori per primi, farebbero la fine di Fini e FLI , ma un po' meglio perché le persone sono di valore a differenza del presidente della camera e dei suoi quattro pretoriani.
Quindi un altro partito che , partendo da quel 6/7 %, potrebbe arrivare e superare il 10% intercettando il voto dei moderati delusi dal PDL e non contenti di Casini.
Il PD tornerebbe sui livelli che gli competono, quelli dei DS al momento della fusione con la Margherita : un 20-22%.
Sarebbe un segnale di CHIAREZZA. Siete socialisti nell'anima? Per sempre? Dalla parte della CGIL , della FIOM? Non c'è nulla di male. Però ditelo e non prendete in giro quelli che guardavano a voi come ad un partito moderno!!
Alla vicenda del PD, il suo tormento interiore, le sue contraddizioni palesi, dedica il suo articolo odierno Davide Giacalone, con considerazioni acute e condivise.
Buona Lettura
Non è irragionevole che un partito di sinistra, ove mai in tal modo sia definibile il Partito democratico, possa creare una crisi politica, o far cadere un governo, sulle questioni del lavoro. E’ dissennato che intenda farlo seguendo il movimento ipnotico e scatenante della muleta, nel nostro caso materializzata nel mitico articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Se ci cascassero, se lo facessero, non saremmo alla tauromachia, ma alla fesseria. Una sinistra che cedesse a quell’istinto primordiale si renderebbe estranea alla contemporaneità e finirebbe schiava del sindacato rosso, a sua volta preda della sua componente metalmeccanica, a sua volta dominata da una pulsione regressiva e minoritaria. Sarebbe una sinistra incapace di governo e prigioniera di organizzazioni che non rappresentano minimamente né l’interesse né il consenso dei lavoratori.
Contro questo genere di sinistra s’è lungamente battuto un dirigente comunista: Giorgio Napolitano. Da uomo politico gli mancò il coraggio della rottura, non seppe spaccare la teca della conservazione e si limitò a testimoniare idee diverse (non altrettanto fece Giorgio Amendola, che assunse posizioni assai più nette, e maggiore fu la determinazione dell’allora capo della Cgil, Luciano Lama, benché in colpevole ritardo sulla realtà del mercato e del mondo). Da presidente della Repubblica usa la funzione in modo non del tutto omogeneo al dettato costituzionale, ma ha qui trovato la forza del potere solitario. Alla fine egli è giunto a dar ragione a Giovanni Agnelli, quando sosteneva che ci sono cose che la sinistra può fare, mentre alla destra sono interdette. Quindi: questa benedetta riforma del lavoro si dovrà fare con il consenso nel Pd, altrimenti non si farà. Ma il Pd, appunto, ha le froge dilatate, sbuffa, raspa il terreno, sente la prepotenza della natura. Forse, più che altro, è il suo gruppo dirigente a non sapere più cosa fare. Avrei un suggerimento: facciano una cosa di sinistra.
E’ di sinistra (suppongo) difendere gli interessi dei non privilegiati e dei meno garantiti. Difendere coloro i quali hanno un lavoro stabile, a tempo pieno e indeterminato, sostenendo che è vitale rimanga la “giusta causa” per il licenziamento, significa difendere chi è protetto, per giunta da un pericolo del tutto immaginario. I posti di lavoro si perdono per calo progressivo della produttività, quindi della competitività, mica perché il padrone cattivo intende discriminare gli iscritti al sindacato. I quali, oltre tutto, oramai dovrebbero essere protetti dal WWF, essendo una minoranza in via d’estinzione. Difenderli dalla riforma, proposta dal governo, significa non averla letta, perché le ragioni per far causa al padrone aumentano, anziché diminuire. Semmai si dovrebbe difendere chi non riesce ad entrare nella cittadella dei lavoratori contrattualizzati. Quell’esercito di false partite iva e non garantiti che sopporta, da solo, l’esposizione ai rigori del mercato.
Anche i lavoratori “tradizionali” vanno difesi, eccome. Ma non dal licenziamento (che non incombe), bensì dal fisco, che li depreda. La gran massa dei lavoratori dipendenti vedrà diminuire il proprio tenore di vita non in ragione della legislazione del lavoro, ma dell’imposizione fiscale. L’idea di far pagare il debito pubblico, ai ritmi imposti dalla Germania, mediante trasfusione fiscale è di quelle destinate a rendere esamine anche un corpo forte. Una sinistra degna di questo nome dovrebbe dire: no alle tasse, sì alla vendita del patrimonio pubblico. La nostra sinistra, invece, dice: evviva le tasse, ma non si tocchi il posto di lavoro. Ecco, con quel genere di programma si fanno felici tutti quelli che ancora collezionano le figurine dell’album del perfetto comunista, salvo il fatto che anche chi lo è stato per una vita mostra un certo pudore, quando non direttamente vergogna, a definirsi tale.
Quindi: hanno accettato d’essere commissariati dal Quirinale, si sono prestati alla nascita di un governo incaricato di dare applicazione alle disposizioni della Banca centrale europea, inoltrateci per volontà tedesca, hanno festeggiato il riapparire nelle foto con la coppia Sarkel, e adesso che fanno, s’infuriano davanti al drappo rosso agitato dal torero? Ho una notizia per loro: dietro nasconde la spada. E non è una bella cosa, specie vista dal punto di vista del toro.
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