mercoledì 4 aprile 2012

LAVORO: I COMPROMESSI UTILI SONO UNA COSA, I PASTICCI TANTO PER SONO UN'ALTRA

Tra i giornalisti che ho imparato ad apprezzare approdando al Corriere della Sera, provenendo da Repubblica, Ernesto Galli della Loggia è quello che mi colpisce di meno. Da professore e storiografo, penso  abbia più il respiro e il passo della "saggistica" che non quello dell'articolo di un giornale. E quindi nell'insieme i suoi editoriali non mi prendono mai del tutto. Però qualche flash, qualche riflessione maggiormente pregnante li si trova quasi sempre e quindi lo leggo. Stamane prendeva in esame il tema caldo di questi giorni, e cioè la riforma del lavoro e l'articolo 18 , partendo dalle considerazioni svolte nei giorni precedente dal senatore PD Ichino, come si sa inviso ai sindacati e alla sinistra del suo stesso partito. Anche io ho letto quegli articoli e un particolare mi aveva colpito quello che evidenziava come in Italia ci siano CENTINAIA di migliaia di posti di lavoro non utilizzati per varie ragioni che si possono così sintetizzare : 1) Richiedono una specializzazione normalmente non presente 2) non ci sono centri di formazione che diano QUELLA specializzazione, o  quei pochi esistenti sono poco conosciuti e discretamente onerosi 3) i datori di lavoro sono talmente rassegnati alla carenza di personale specializzato che nemmeno lo cercano più, rinunciandoci (esattamente come tanti giovani hanno smesso di cercare il lavoro, non studiano, non si formano ). Per questo Ichino predica da tempo di riformare il lavoro ANCHE nella ridisegnazione degli ammortizzatori sociali. Basta con il sostegno a pioggia alle imprese, basta con la Cassa integrazione straordinaria, e destinare invece i soldi così risparmiati per la formazione e una seria indennità di disoccupazione, che può essere revocata qualora il disoccupato NON si riqualifichi e NON accetti il posto di lavoro offerto. Mi sembrano buone cose. Dopo l'articolo riporto anche un paio di commenti di lettori del Corriere, a testimonianza di come il paese sia irrimediabilmente spaccato, e trovare compromessi utili e non pasticciati è forse divenuto impossibile. Se così è, come dice spesso Adriano Sofri, alla fine ci sono le cose GIUSTE e quelle SBAGLIATE, e bisogna avere il coraggio di fare quelle GIUSTE.
Buona Lettura

IL LAVORO FRA REALTÀ E IDEOLOGIA
Le verità nascoste

La disoccupazione italiana, specie quella giovanile (dai 15 ai 24 anni) e femminile - e nel Mezzogiorno in modo particolare - ha raggiunto le cifre drammatiche di cui tutti i giornali ieri parlavano: in pratica un giovane italiano su tre e circa la metà delle giovani donne meridionali sono senza lavoro.
Molto meno si parla, invece, di altri dati, altre cifre, altre questioni, che riguardano il mercato del lavoro e che forse non sono così irrilevanti. Mi riferisco alle cose scritte negli ultimi tre giorni sulle colonne del Corriere dal senatore Pietro Ichino. A cominciare dal fatto, per esempio, che dal Lazio in giù (Lazio compreso) nessuna delle Regioni italiane, nonostante queste abbiano la totale competenza legislativa in materia di servizi al mercato del lavoro, nessuna Regione dal Lazio in giù, dicevo, si è messa in grado di fornire neppure il numero dei contratti di lavoro stipulati sul proprio territorio o qualunque altro dato indispensabile per conoscere, e quindi cercare di indirizzare, il mercato del lavoro. (Lo sanno, mi chiedo, i giovani meridionali che è questo il modo in cui i vari Vendola, Caldoro, Scopelliti, Lombardo si preoccupano del loro futuro?). Egualmente significativo, mi sembra, il dato della scarsa utilizzazione in Italia delle agenzie private di outplacement : le quali, dietro compenso, sembra invece che conseguano ottimi risultati nella ricerca di lavoro per chi non lo ha o lo ha perduto; ma, di nuovo, senza che in generale le Regioni si degnino di prestare il minimo aiuto finanziario a chi intenda ricorrervi.
Ma mi sembra che la questione centrale che viene fuori dall'analisi di Ichino, il vero punctum dolens di carattere strutturale del mercato del lavoro italiano - dunque verosimilmente non riassorbibile con un eventuale miglioramento della congiuntura economica - sia la questione dell'assunzione a tempo determinato, che ormai riguarda oltre i quattro quinti dei nuovi contratti di lavoro. Questione centralissima, perché è essa soprattutto che getta un'ombra cupa di precarietà e d'insicurezza sulla vita di milioni di nostri concittadini, che impedisce loro qualunque progetto per l'avvenire. E che quindi impedisce al Paese intero di credere nel suo futuro. Questione - cui si deve tra l'altro se l'Italia è drammaticamente fuori dagli investimenti stranieri - la quale con ogni evidenza dipende in particolar modo da una causa. Da «una legislazione del lavoro ipertrofica e bizantina», come scrive Ichino, che rende oltremodo problematico il licenziamento (e aleatorio il suo costo) «quando l'aggiustamento degli organici si rende necessario». E che perciò scoraggia moltissimo dall'assumere se non a tempo determinato: presumibilmente anche se domani la situazione economica migliorerà.
Questo è il nostro problema: un tessuto produttivo nel quale chi è stabilmente dentro, difficilmente esce, ma in cui quasi mai chi è fuori riesce stabilmente a entrare. Dove la sola speranza dei disoccupati è al massimo quella di diventare precari. Mi chiedo se dopo settimane di estenuanti trattative sull'articolo 18 la Cgil si renda conto che è precisamente su questo punto, cioè sul diritto dei non occupati ad essere assunti stabilmente, che si gioca il vero futuro del nostro mercato del lavoro e in non piccola parte anche dell'Italia. Se si renda conto che blindare il diritto dei già occupati a conservare per sempre il proprio posto ha un solo inevitabile effetto: farne diminuire sempre più il numero, e basta.


Questi i commenti:
PRO
Ottimo articolo
 E ben descrive l'attuale situazione. Il populismo dei nostri politici e la cultura dei 'favori' esclude ogni meritocrazia e rende di fatto dannosi per tale sistema ogni competenza legislativa ed una chiara situazione del lavoro, specie al Sud. Eliminerebbe la discrezionalità del politico nel concedere prebende e favori, su cui si basa il suo consenso elettorale. Inoltre lo priverebbe della sua 'merce di scambio'. Se si guarda bene, è lo stesso sistema usato dal sindacato in molte realtà lavorative fomentando la divisione paranoica del lavoratore bravo e buono contro il datore di lavoro cattivo e sanguisuga. Divide et Impera. Ci si pone come unico intermediario e unica salvaguardia. All'estero i sindacati partecipano molto di più alla crescita dell'azienda ed incitano i lavoratori ad eccellere perchè vantaggio per tutti. In Italia sarebbero tacciati di "connivenza con il nemico". Il problema dell'Italia non è sistemico. Dipende dal fatto che è cresciuta col populismo e ha finito per crederci. Tutti San gridare ai diritti per tutti. Ci si scandalizza sempre se qualcuno osa parlare di doveri. Abbiamo avuto anche un presidente del Consiglio che faceva campagna elettorale dicendo che era un diritto dei cittadini NON pagare le tasse, figuratevi un po'... Corrotti e corruttori, cornuti e contenti. È la tesi imperante del "così fan tutti" se mi si permette di storpiare Mozart.

CONTRO
-  Forse non ho capito bene: quindi a suo parere ''il diritto dei non occupati ad essere assunti stabilmente'' dovrebbe occupare il dibattito in misura maggiore e spazzare via il diritto degli occupati di non essere sbattuti in mezzo ad una strada in qualsiasi momento?? Allora Sig. Galli casomai la CGIL ha da discutere di DUE problemi, dei giovani precari ma anche dei 50enni considerati ormai costosi e vecchi per le aziende (ma non per lo stato che ne allunga la vita lavorativa). La ragione per la quale i sindacati per settimane hanno parlato di articolo 18 credo quindi vada ricercata nel fatto che semplicemente il governo ha sottoposto una modifica ad un articolo della costituzione. Le domando: se l'Italia è drammaticamente fuori dagli investimenti stranieri è perchè da noi non si può licenziare oppure hanno un loro ruolo anche mafia,corruzione,clientelismo ed un'immagine ormai radicata di paese delle banane??

1 commento:

  1. Ho avuto modo di leggere l’articolo titolato “Le verità nascoste” e l’ho trovato interessante al pari di “Prova cellulite, non si salva neppure Scarlett”: un capolavoro di prolissa dietrologia fondata su un esame tanto sterile quanto dissonante, la cui lettura mi ha causato un ulteriore deterioramento della mia già limitata intelligenza. Il Galli della Loggia, cita il vaniloquio di Pietro Ichino circa la sussistenza di “una legislazione del lavoro ipertrofica e bizantina che rende oltremodo problematico il licenziamento (e aleatorio il suo costo) (...) quando l'aggiustamento degli organici si rende necessario”: ora, tralasciando il fatto che se Eraclio I fosse vivo si scompiscerebbe dalle risa, l’intera questione dell’articolo 18 è in realtà un problema creato dalle stesse persone che vogliono risolverlo (che poi è un po’ il leitmotiv dell’intera “politica dell’emergenza” da qualche tempo a questa parte): tralasciando l’assurdità normativa vigente, il prelievo fiscale esercitato sullo stipendio pagato dal datore di lavoro è elevatissimo (lo è anche quella del lavoratore stesso, ma sorvoliamo: il banco in questo caso prende doppio) pertanto questi tenderà a cercare un dipendente con meno esperienza (con un’ovvia ricaduta sulla qualità, altro grande male del paese); per quanto surreale ed incredible possa sembrare, l’equivalente del contratto a tempo indeterminato (senza eserciti di precari, partite IVA ed abomini similari) all’estero esiste: ulteriore conferma che, forse, c’è qualcosa di sbagliato quaggiù. Con questo, ti saluto e ti ringrazio, esimio Camerlengo: leggo sempre con grande interesse i tuoi articoli, in particolari quelli che trattano il tema dell’(in)Giustizia, ricordandoti che, come ebbe a scrivere Alexander Solzhenitsyn, la giustizia è coscienza; non quella personale bensì quella del collettivo umano: coloro che sanno discernere distintamente la voce della propria, normalmente riconoscono anche la voce della giustizia. Il paradosso è che quanto in essere è un più realistico concetto descritto in maniera colorita con “mangiate cacca, miliardi di mosche non possono essersi sbagliate”. Cari saluti, Erminio Ottone.

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