Io credo che in Italia la Burocrazia, compresa quella dei vertici, abbia perso la testa. E' passata solo una settimana da quando in tutte le tv del Paese sono andate in onda le immagini di una ispettrice di polizia che apostrofa un cittadino con le parole "io sono un'ispettrice e lei non è nessuno". Hanno poi cercato di spiegare che voleva dire altro, che il "nessuno" era riferito alla non titolarità di un diritto della persona che poneva delle domande a non avere delle risposte. Quand'anche fosse vero (il tono non era quello, ma piuttosto l'altro ben noto dell' "io sono io e voi nun sete un c***" reso vieppiù famoso da Alberto Sordi , magistrale interprete del Marchese del Grillo ), resta che l'ispettrice, rappresentante dello Stato, ha scelto malissimo le parole.
Ma questo è nulla rispetto all'arroganza del Prefetto di Napoli, sfoggiata di fronte ad un semplice, umile ed educato parroco che aveva osato rivolgersi alla collega di ruolo , Prefetto di Caserta, chiamandola solo "Signora". Stizzito, il prefetto, da adesso rigorosamente con la p minuscola, ha inveito contro lo smarrito sacerdote intimandogli il "rispetto delle istituzioni", e quindi l'obbligo - ?? stabilito in quale norma vorrei sapere - di rivolgersi al pari ruolo con l'appellativo di "signora Prefetto".
Io credo che a questo punto il ritorno all'uso sano delle mani sia necessario. Tanta boria va punita, e lo si debba fare con quattro schiaffoni ben dati. Non c'è altro modo. Inutile immaginare e sperare che qualcuno, leggendo il Corriere della Sera e la lodevole denuncia di Paolo Di Stefano dell'episodio che non esiterei a definire vergognoso se la parola non fosse ormai del tutto abusata, prenda carta e penna o meglio ancora convochi e spieghi a questo signore, che per lavoro fa il prefetto, che lui è un servitore non solo dello Stato (che non è un ente divino), ma soprattutto dei cittadini che lo compongono e che soprattutto gli pagano lo stipendio !!.
Che solo la cieca arroganza, una laurea presa chissà come, e un ruolo acquisito per meriti da scoprire, possono averlo indotto ad una condotta non solo ingiusta ma stupida, nociva per lui.
Nelle parole del Parroco, nella dimenticanza (forse addirittura nell'ignoranza del ruolo ) di aggiungere la carica all'educato Signora , non c'era alcuna volontà di disconoscimento istituzionale. Il sacerdote, parlando del prefetto di Caserta, la descrive come persona "gentile", che lo aveva ricevuto, ascoltato, e la "signora" assentiva con encomiabile serenità, quasi ad incoraggiare l'umile prete a proseguire nel suo discorso. E invece arriva il cavaliere delle cause perse, che , si dice offeso, per sé e per la collega, e offende, lui sì, mortificandolo, il semplice parroco che a quel punto si profonde in scuse, spiegando ciò che era evidente a tutti tranne agli sciocchi e agli arroganti.
Il prefetto di Napoli avrebbe potuto lasciar correre e se proprio non gli riusciva, DOVEVA essere garbato nell'invitare il sacerdote a rivolgersi all'autorità riconoscendone il ruolo. " perdoni padre, sia cortese, la signora è un prefetto, sarebbe bene che quando la menziona lo ricordi...".
Difficile ? Impossibile per gli schiattosi del "lei non sa chi sono io !!"
Il Ministero degli Interni, la brava Cancellieri, magari vorrà "approfondire", capire bene "i fatti" , e poi, fatto questo, ammonire un così cattivo "servitore dello Stato" ?
Prima di leggere, e soprattutto, di vedere il video, Malox a portata di mano.
Indispensabile.
Il prete sgridato dal prefetto
(e il vizio dell'arroganza)
Chiamava «signora» la rappresentante del governo
Un parroco di paese, don Maurizio Patriciello di Caivano, in
una riunione negli uffici del Palazzo di governo a Napoli, si rivolge alla
Prefetta (la forma sarà riconosciuta anche dalla Crusca?) di Caserta Carmela
Pagano con un triplo, semplicissimo «Signora». Il parroco, in piedi attorno a
un tavolo ovale, in una cornice di specchi, stucchi dorati, tendaggi azzurri,
carta da parati, bandiere e autorità in cravatta, stava parlando dei rifiuti
tossici che vengono accumulati e dati alle fiamme nell'indifferenza generale:
«Stanno là, nessuno ha fatto niente, neanche un telo, e all'amianto antico è
stato aggiunto amianto nuovo... Allora una mattina sono andato dalla signora
senza appuntamento e la signora è stata così gentile da ricevermi, mi ha
ascoltato... La signora voleva convincermi che questo problema non c'era...».
Il Prefetto di Napoli Andrea De Martino sta scrivendo
qualcosa, ma al terzo «Signora» sbotta: «Quale signora, scusi?». «La signora»,
dice don Patriciello e indica la Prefetta di Caserta. «Quello è un prefetto
della Repubblica», incalza il signor Prefetto di Napoli e avvia una filippica
sul rispetto delle istituzioni, sul ruolo e sulle responsabilità affidate al
rappresentante del governo. Il parroco, in maniche di camicia, è inchiodato
sulla difensiva: «Non sono avvezzo a questi contesti, io sono un parroco... Non
volevo offendere nessuno...». Risposta agitando per aria la matita: «No, lei
l'ha offesa e ha offeso anche me».
Questo delizioso quadretto di ordinaria vita
politico-amministrativa è andato in scena qualche giorno fa e non staremmo qui
a parlarne se non fosse stato filmato e diffuso online dal Corriere del
Mezzogiorno . E tutto sommato non è male poterne parlare, perché la visione di
quel filmato apre due questioni eterne tipicamente italiane e altrettanto
serie. Da una parte, il maschilismo linguistico che nasconde in tutta evidenza
una discriminazione più profonda. La domanda è: avrebbe mai detto, don
Maurizio, a proposito di un prefetto maschio «il Signore», «il Signore», «il
Signore» senza precisare il grado, la funzione, la carica? Probabilmente mai,
avrebbe aggiunto quasi per un riflesso automatico anche la qualifica. È vero,
siamo talmente abituati a utilizzare gli appellativi autorevoli al maschile che
quando si tratta di declinarli al femminile inciampiamo, scivoliamo, sbagliamo
(non solo ma soprattutto noi uomini): è un esercizio a cui non siamo avvezzi,
visto che l'altra metà del cielo rimane nettamente in minoranza nei ruoli che
contano.
Dunque, seconda domanda: ha fatto bene il signor Prefetto di
Napoli a sottolineare l'inadeguatezza del registro linguistico usato dal prete?
Benissimo. Però. Però poteva anche fermarsi lì, senza esagerare. Esagerando, ha
finito per spostare l'argomento da una questione civile molto seria (i rifiuti
tossici) a un'altra questione molto seria che andrebbe affrontata (molto
seriamente) in altro contesto. La sottolineatura, l'insistenza, la prossemica
del dottor (saranno dottori anche i prefetti?) De Martino - e se non ci
credete, provate a riguardare il video - erano decisamente sproporzionate rispetto
all'occasione e al contesto.
Già, il contesto. Il tutto si svolgeva alla presenza di una
ventina di sindaci, del questore, dei rappresentanti della Regione, della
Provincia e delle Asl, infine dei comandanti dei Carabinieri, della Guardia di
finanza, dei Vigili del fuoco. In quella cornice, don Maurizio Patriciello era
certamente il meno qualificato (il meno dotato di qualifiche), e non perché la
sua presenza fosse inopportuna o fuori luogo, ma perché era l'unico a
rappresentare praticamente solo se stesso, come spesso accade ai
preti-volontari di strada e di combattimento che Candido Cannavò in un bel
libro chiamava «pretacci». Eccolo l'altro vizio tipicamente italiano:
l'arroganza del più forte e l'umiliazione del più debole. Insomma, in quell'ambito
la tirata di Sua Eccellenza De Martino somigliava più a un «Lei non sa chi sono
io», anzi «Lei non sa chi è lei (la signora Prefetta)», anzi «Lei non sa chi
siamo noi (i signori Prefetti e le signore Prefette)» che a una autenticamente
risentita rivendicazione di pari opportunità. Dicendo «lei l'ha offesa e ha
offeso anche me» il signor Prefetto alludeva alla sua categoria o alla sua
sensibilità femminista?
PRIMO NICOLAI
RispondiEliminaStefano, io sono convinto che chiamare Signore o Signora una persona è la medesima cosa che conferirle un titolo, il più alto cui si possa aspirare: onorevole, senatore, prefetto vale solo come indicazione della professione esercitata, niente di più. Lo stesso vale per giardiniere, elettricista, idraulico, ecc. Avrei altre idee da esternare, ma lascio a voi il compito di indovinarle. E comunque, evviva Totò!
XANDER SACCHETTI
RispondiEliminaI ruoli sono i ruoli. Non per polemica, ma se fosse avvenuto il contrario? Cioè, se il prefetto avesse chiamato il parroco per nome..? L'ignoranza degli epiteti è di tutti, e in un Paese come il nostro vi è tanta diffidenza che anche la più semplice dimenticanza potrebbe diventare abitudine, pertanto io non seguo né preti né carabinieri, giocano con noi ogni giorno prendendoci in giro.
Guarda il video Xander....l'arroganza NON sta nell'aver ricordato al parroco di usare il titolo, ma il MODO. INACCETTABILE.
RispondiEliminaXANDER SACCHETTI
RispondiEliminaI modi non li condivido neanch'io, Stefano, e lo sottolineo anche per la vicenda dell'ispettrice di polizia, ma ripeto, fa parte dell'ignoranza generale diventata abitudine.
ANTONINO MAROTTA
RispondiEliminaIl termine " SIGNORA " per certi burocrati nostrani assomiglia molto a quello che si usava, prima che entrasse in vigore la legge Merlin, per identificare la "maitresse" dei bordelli legalizzati.Non vorrei che il solerte prefetto di Napoli ,paragonando lo stato ad una casa comune di tolleranza,se la sia presa con il prete proprio per questo motivo.La Prefettura è l'unità locale del bordello nazionale ma mai chiamare "signora" il prefetto, o la prefetta, è altrimodo offensivo!!!!!!!!!!
GIACOMO ZUCCO
RispondiEliminaOttimo pezzo, come sempre: oramai dopo la tua introduzione mi è noioso leggere l'articolo originale che commenti, sempre più prolisso e meno chiaro. E non te lo dico solo perchè sei il mio "agiografo ufficiale"! ;-D
Concordo con l'unica soluzione da te prospettata. I quattro schiaffoni stanno diventando imperativo morale, etico, politico e civile.
GIUDITTA MERISI
RispondiEliminaMi scusi prefetto... pensavo fosse una Signora!...
ANTONIO DE SIMONE
RispondiEliminaC'entra o non c'entra io lo condivido in pieno ( e non solo su fb...)
PAOLA PASQUINUZZI
RispondiEliminacome non c' entra con le finalità del gruppo? invece se vogliamo lottare per la tutela dei diritti dei cittadini è da qui che si deve.iniziare.. i.ndignandoci per l' arroganza di coloro che per ruolo e funzione dovrebbero difenderci. e stare dalla nostra.parte....
Grazie ancora una volta
ALESSANDRA STEFàNO
RispondiEliminaBravo Stefano! Concordo sulla necessità di ollare 4 schiaffoni ben assestati, soprattutto. Questa è ignoranza,oltre che arroganza, bella e buona! La Signora Ministra non ha nulla da dire? ...
EGREGIO CAMERLENGO. Ho letto tutti i precedenti.- A te Chiarire il termine "Signore" - La sua applicazione.!!!
RispondiEliminaAd altri chiedo : chi mi sà spiegare come mai il "Palazzo Vecchio" di Firenze, si chiama anche della "SIGNORIA" .!!!???
ANTONIO de SIMONE
RispondiEliminaIl compianto Principe della risata avrebbe assestato un " Signora Prefetto, Brangt...."oppure "Signora prefetto, ma mi faccia il piacere...". Purtroppo non c'è più....
MANUEL SARNO
RispondiEliminaMi è rimasto un po' di napalm in cantina...annata eccellente
VANINA ZARU
RispondiEliminaBravo Stefano !
LA Norale del Prefetto è il prodotto di questa Società-
RispondiEliminaUn certo Bayron Americano : In uno stato democratico fondato sul dirotto - uomini preposti alle Istituzioni - sostituiscono il dovere con il potere . La Giustia è morta . La libertà in catene.!!!
- - - - - - Avanti chi può dare torto.!!!
ILARIA LI VIGNI
RispondiEliminaGrande Turchetti appena ho tempo ti scrivo in privato