sabato 20 ottobre 2012

LE DONNE ARABE. QUELLE PER LE QUALI LE QUOTE ROSA SONO CAPRICCI EUROPEI



Un articolo molto lungo, infatti tratto dalle pagine "culturali" che non si peritano di essere più sintetiche. E' di una donna, dedicato alle donne, riflettendo su tante realtà non europee rimangano assolutamente misogine, patriarcali. Parte dalla Primavera Araba, dall'entusiasmo per le donne viste in piazza nei primi mesi della rivolta, e di come tutto questo si sia ridimensionato nella realtà.
ANZI. Per alcuni versi la caduta dei dittatori, cosa buona e giusta, ha avuto come seguito l'affermarsi di un islamismo che si teme regressivo sui diritti delle donne.
Le riflessioni dell'autrice, Joumana Haddad, Joumana Haddad, nata nel 1970 a Beirut, è poetessa, giornalista, scrittrice e traduttrice. Attivista per i diritti delle donne, insegna all’Università libano-americana della capitale libaneselibanese ( poetessa, giornalista, scrittrice e traduttrice. Attivista per i diritti delle donne, insegna all’Università libano-americanadi Beirut) mi sembrano , in molti casi, condivisibili e preziose in GENERALE. Se non altro, ricordano che c'è una larga parte del mondo dove altro che quote rosa...
Certo, ripeto, è lungo. Ma se me lo sono letto io, maschietto e anti femminista, possono farlo anche le mie amiche !! Sorriso e Buona Lettura

 LA QUESTIONE FEMMINILE
Le  rivoluzioni senza le donne
Uno spettacolo di misoginia, violenza, patriarcato, segregazione e intolleranza

 Un murale che mostra il pestaggio di una dimostrante ai tempi di Mubarak (AP Photo/Nasser Nasser)
Sin dal marzo del 2011, quando il mondo intero - l'Occidente in particolare - fu travolto dall'euforia delle Primavere arabe, ho avuto modo di esprimere il mio scetticismo verso quegli avvenimenti, in quanto già intuivo i grandi rischi che correvano le donne, malgrado gli slanci iniziali delle varie rivoluzioni. Sono stata criticata da molti, all'epoca, come «uccello del malaugurio». Ma purtroppo gli eventi mi hanno dato ragione, anche se non mi sentirete mai gongolare «ve l'avevo detto!». Avrei di gran lunga preferito sbagliarmi nella mia analisi dei fatti.
  
 Chi non le ha viste, tutte quelle donne coraggiose scese in strada in Tunisia, Egitto, Libia e Yemen, per partecipare alle manifestazioni, reclamare la caduta dei dittatori e dare il loro contributo alla rivoluzione? «Le abbiamo viste», dico, ma è un verbo che va usato al passato. Perché difatti dove sono finite quelle stesse donne, ora che vengono erette le nuove strutture degli Stati, ora che si avverte un estremo bisogno di ascoltare la loro voce e di vedere la loro partecipazione attiva e fattiva nel costruire il futuro di questi Paesi, le loro leggi e i loro valori?
Che razza di rivoluzioni sono queste, se le donne si accontentano di farsi manovrare come pedine, per finire scartate e relegate in un angolo quando viene il momento di prendere decisioni cruciali per il futuro del Paese? Che razza di rivoluzioni sono queste, se non sono riuscite a rovesciare i tavoli del patriarcato sulla testa degli oppressori e se promettono una nuova forma di arretratezza - l'estremismo religioso - per sostituire quella appena abolita?

E chi sarebbe il vincitore in un gioco che vede metà della popolazione ridotta a una schiera di spettatrici mute - e imbavagliate?

Non fraintendetemi: con queste mie parole non intendo affatto tessere una lode ai dittatori e alle dittature. Ma non posso non essere preoccupata dalla crescente influenza dell'estremismo islamico negli ultimi anni in Medio Oriente (tanto nel ramo sunnita che in quello sciita). Non posso non essere preoccupata dal fatto che questo Islam fanatico alimenta la causa dell'estremismo di destra in Occidente. Non posso non preoccuparmi del destino della regione, e specialmente delle donne della regione, se quello che viene dopo la dittatura equivale a una nuova dittatura, ovvero, un regime fondamentalista arretrato che si fonda, tra varie atrocità, su un rincaro di misoginia, violenza, patriarcato, segregazione e intolleranza nei confronti delle donne.

Troppo spesso noi arabi siamo costretti a scegliere tra due mostri, e per quanto mi rallegri che il mostro della dittatura sia stato eliminato, vedo con sgomento un nuovo mostro che alza la testa e si prepara a prendere il potere. È fondamentale sbarazzarsi dei dittatori, ovviamente. È importantissimo combattere la fame e l'ingiustizia, non c'è alcun dubbio. È di vitale importanza mettere fine alla corruzione.

Ma è altrettanto importante combattere l'estremismo religioso, come pure rispettare e legittimare i diritti e la dignità delle donne, e questo vuol dire sbarazzarsi degli strumenti e dei sistemi del patriarcato che fingono di proteggere le donne e che sfruttano questa cosiddetta protezione al fine di giustificare l'oppressione. 

Anzi, ciò che aggrava la situazione è sentir dire da alcune donne che essere trattate con tanta superiorità fa parte delle loro «scelte». Potrebbe anche darsi, se per scelta esse intendono «annientamento» o «lavaggio del cervello». Perché come si può mai parlare di scelta quando non esistono alternative? O quando l'alternativa è finire ostracizzate, o aggredite, o imprigionate, o persino uccise?
* * *Tra i libri di Joumana Haddad pubblicati in Italia, «Ho ucciso Shahrazad. Confessioni di una donna araba arrabbiata» (Mondadori, 2010). Nel 2008 ha scosso il mondo arabo fondando la rivista erotica «Jasad» (foto)

Pertanto mi chiedo se le rivoluzioni che si sono verificate e che si stanno ancora verificando nel mondo arabo possano definirsi anche rivoluzioni delle donne: in questo senso, si tratta di vere rivoluzioni? Sotto i perfidi regimi arabi (quelli rovesciati e quelli che a breve cadranno, senza ombra di dubbio), fondati per la maggior parte sul disprezzo della donna e sulla negazione dei suoi diritti, non posso fare a meno di chiedermi: quando verrà il giorno in cui la donna del mondo arabo si stancherà di invocare «datemi i miei diritti» per urlare «i miei diritti me li prendo con le mie stesse mani»? Quando capirà che i suoi diritti non sono un lusso, ma la chiave di volta di tutto? Quando capirà che non è nata per sposarsi, fare figli, obbedire, nascondersi e servire i maschi della famiglia? Quando capirà che tutti i discorsi di democrazia sono chiacchiere vuote senza l'affermazione della sua uguaglianza con gli uomini? E che tutti i discorsi di libertà sono scempiaggini se le sue libertà civili non vengono rispettate? E che tutti quei discorsi di cambiamento e modernizzazione non valgono un fico secco se la sua situazione, la sua posizione e il suo ruolo non vengono rivalutati? Quando comincerà a infuriarsi per le offese e le ingiurie che le sono rivolte a ogni istante e che mirano ad annientarla giorno dopo giorno, in ogni ambito della vita? E quando, infine, la smetterà di contribuire al rafforzamento del sistema patriarcale, con i suoi valori retrogradi?

In breve, quando esploderà la «bomba» delle donne arabe? E mi riferisco alla bomba delle loro capacità, ambizioni, libertà, forze e fiducia in sé stesse; la bomba della rabbia per tutto quello che è stato loro imposto, e che spesso esse accettano senza osare criticare.

* * * 

Le donne che vivono nella nostra parte del mondo sono gravemente discriminate in tanti modi che costituiscono vere e proprie violazioni dei diritti umani, dai delitti d'onore al matrimonio delle bambine, dal test di verginità alle mutilazioni genitali, dal divieto all'istruzione alle limitazioni alla libertà di movimento fino alla posizione di inferiorità in campo sociale, economico e formativo, e via dicendo. Ma la difesa delle donne non deve limitarsi a diventare uno slogan esclusivamente femminile. Gli uomini sono i compagni indispensabili nella lotta contro le ingiustizie inflitte alle donne che nascono da un'arretratezza in vari ambiti, politici, militari ma soprattutto religiosi, contesti e sistemi che, proprio come la mitica idra, fanno man mano spuntare nuove teste per ognuna delle vecchie che viene recisa.
Per questo motivo ci occorre un nuovo tipo di uomo, l'uomo che non ha bisogno di opprimere le donne, negare i loro diritti e disprezzare i loro sentimenti per sentirsi «virile». Ma ci occorre anche un nuovo tipo di donna, quella donna che saprà lottare con le unghie e con i denti per ottenere i suoi diritti senza dover ricattare o cancellare gli uomini. Vogliamo donne che non si limitino a sostituire il patriarcato con il matriarcato, ma che aspirino a una vera collaborazione e solidarietà con il genere maschile.

«Primavera araba», davvero? Per quanto ne so io, ci si prospetta un nuovo inverno, oppure una primavera semplicemente cosmetica. La soluzione? Ce n'è una sola. Non si tratta di rappezzare il muro che abbiamo davanti, non si tratta di augurarsi che sparisca di colpo. Non si tratta di negare la sua esistenza, né di pregare per la sua distruzione. La soluzione è distruggere, distruggere e distruggere. E ricostruire. Ricostruire insieme, uomini e donne, mano nella mano.

È questa la vera battaglia di cui abbiamo bisogno. È questa la vera rivoluzione che ci meritiamo.

1 commento:

  1. Ma perché dichiarare di essere anti femministi se il mondo, fin dalla sua nascita, è stato governato così male dal maschio! Ne vediamo le conseguenze nel modo in cui, sotto tutte le latitudini, viene trattata la donna. Noi, ad esempio, ne uccidiamo un centinaio l'anno.
    Forse varrebbe la pena tentare di affidare a loro (o almeno condividere in modo paritario)tutti i poteri che ci siamo prepotentemente presi. Sorriso amarissimo. UNCLE

    RispondiElimina