lunedì 14 maggio 2012

GERMANIA, UNA GUIDA SENZA APPEAL DI UN'EUROPA CONFUSA

Come ormai constatato da tutti chi è al governo paga pegno. Ora, se questo è comprensibile in paesi come Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e anche Francia dove la morsa del rigore richiesto dalla Germania della Merkel sta provocando i suoi bei dolori, è meno chiaro del perché accada proprio nel paese della Cancelliera di Ferro. Non sono loro che chiedono il rispetto dei bilanci e la stretta vigilanza sui tassi di interesse per evitare il rischio inflazione? Oltretutto, grazie a Schroeder - che ci ha rimesso la poltrona ma ha beneficiato il suo paese - riforme impopolari sul campo del lavoro e previdenziale le hanno già affrontate , il loro export va molto bene e grazie ad esso il PIL sale più che dignitosamente. Quindi la Germania è l'unico paese del Nord Europa e dell'area Euro che si può dire vada più che discretamente (ce ne sono altri che stanno pure bene, ma non usano l'euro, come la Svezia, e, nell'est, la Polonia).
Allora perché la bastonata elettorale nel Land della Renania, dove il partito di governo ha perso qualcosa come 8 punti percentuali?
Leggendo qua e là si raccolgono spiegazioni diverse. Intanto, il Land che ha votato, la Renania, è sempre stato un feudo dei socialdemocratici. Certo, l'affermazione stavolta è stata netta, mentre due anni fa avevano pagato la sconfitta nazionale e costretti a realizzare un governo di minoranza coi Verdi. Causa questa debolezza, ci sono state le elezioni anticipate, e nonostante la crisi fosse stata provocata da un eccesso di debito da parte del Land, la Kraft ha stravinto proprio sbandierando la stessa bandiera, con lo slogan: "meglio più debito oggi, che spendere di più domani per riparare gli errori di un'eccessiva austerità".
In altri paesi uno slogan del genere sarebbe trionfale, e sono certo che molti , in Italia, in Grecia, in Francia , lo copieranno. Però sentirlo in Germania fa strano.
Peraltro, sempre secondo alcuni osservatori, quando si parla di allargare la borsa per la solita Grecia e in prospettiva per aiutare altri paesi del mediterraneo europeo, i tedeschi del NEIN sfiorano il 60%, quindi molti sono socialdemocratici, che i soldi sono disposti magari a spenderli a casa propria ma non per i "fratelli europei".
La situazione è francamente molto seria, perché ormai con la Grecia non si sa più che fare, la Spagna fa i compiti e scopre buchi sempre più grandi, in Italia Monti parla di tensione sociale, cessando di raccontare la storia degli italiani pazienti e consapevoli (in realtà i provvedimenti ancora NON mordevano ! adesso che, dopo gli aumenti di benzina, di tutte le forniture domestiche, la riduzione delle pensioni, arriva l'IMU, la maturità del Paese si è scoperta una speranza retorica).
Il pareggio di bilancio 2013 , che costò la pelle al governo Berlusconi - meglio così, era solo un death man walking - , si comincia a pensare che forse forse, si potrebbe anche posticipare.
Per carità, continuando a fare i compiti !! Però in modo più "lento".
Magari i tedeschi se si fidassero direbbero anche JA.
Ma il problema è che NON si fidano!!
Interessante l'articolo di Ernesto Galli della Loggia che spiega come la Germania, di fatto, è il paese guida della UE, ma è una leadership severa e senza sogni.
Per questo NON piace.
Buona Lettura

FASCINO E LIMITI DI UN'EGEMONIA
L'austerità vuota dell'Europa tedesca
Il voto «antieuropeo», domenica scorsa, di quote importanti (in un caso la maggioranza) dell'elettorato francese, greco e italiano ripropone con forza un problema con il quale il nostro continente è alle prese da un secolo e più: il ruolo della Germania e la natura della sua supremazia.
Un ruolo di potenza-guida costruito su una straordinaria forza economica, che negli ultimi venti anni si è manifestato in una germanizzazione di fatto della costruzione europea. Germanizzazione culminata nell'adozione dell'euro, che non a caso è servita a sancire definitivamente quel ruolo.
È stata la Germania con la sua classe dirigente, infatti, che sempre più ha fornito all'Unione la sua politica economica di fondo, il suo impianto ideologico, i suoi paradigmi sociali e culturali, anche il suo insopportabile «europeisticamente corretto». In specie, a partire dal 2002 (anno di introduzione dell'euro) la macchina di Bruxelles è sostanzialmente una macchina tedesca: al più con le istruzioni per l'uso in francese.
Per l'appunto contro una tale macchina e la sua leadership - di cui la cancelliera Merkel è evidentemente nulla più che un simbolo - si sono espresse in modo massiccio le popolazioni chiamate alle urne da Parigi, ad Atene, a Palermo. Dopo che negli ultimi tempi, peraltro, segnali analoghi non erano mancati anche altrove, e sempre più andavano affiorando perplessità e dubbi sulla guida tedesca anche nelle classi politiche dei Paesi dell'Unione.
In tutto ciò si esprime, a me pare, un fatto di enorme importanza storica. Riassumibile in questi termini: la Germania, pur destinata da oltre un secolo ad un ruolo virtualmente egemonico in Europa, sembra avere, tuttavia, una grandissima e intrinseca difficoltà ad esercitare tale ruolo poggiandolo sulla costruzione di un adeguato consenso. Le risulta assai difficile, cioè, trasformare la propria potenza economica in una dimensione di effettiva e moderna egemonia politica: in altre parole dare vita a una sfera di opinioni e di sentimenti favorevoli alla sua supremazia, e capaci quindi di prendere la forma di un consenso democratico-elettorale. E forse proprio per questa ragione, non a caso, nel corso della sua storia unitaria essa ha ceduto ben due volte alla tentazione di esercitare la propria supremazia imponendola con altri mezzi.
Non penso affatto, sia chiaro, che allora dobbiamo temere che possa esserci una terza volta. Il carattere assolutamente pacifico della Germania odierna non può essere messo in dubbio. Ma dobbiamo prendere atto del problema vero che da tempo sta di fronte all'Europa: la Germania non riesce a fare con il continente ciò che invece riuscì agli Stati Uniti dopo il 1945 con l'intero Occidente: federare e dominare, ma insieme convincere e sedurre. Perché sono diversissime le condizioni storiche, naturalmente. Ma non solo. Molto di più perché mancano alla Germania quelle caratteristiche storico-culturali che hanno reso - e per tanti versi rendono ancora oggi - possibile l'egemonia americana.
Troppo simile a noi, Paesi e culture del resto d'Europa, le manca la capacità di incarnare una way of life libera e accattivante; di produrre universi mitico-simbolici capaci di tenere insieme in modo straordinario la prospettiva del sogno, dell'eterna illusione, e però anche quella del realismo, delle cose dell'esistenza quotidiana; di alimentare l'idea di una ricchezza a disposizione dell'intraprendenza di chiunque; di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy , ariose, disinvolte, aperte all'imprevedibilità delle occasioni. Tutto ciò che viene da lì, insomma, sembra andare - perlomeno nella dimensione dell'immaginario (ma non solo: le istituzioni giuridiche e politiche americane sono una realtà) verso l'individuo e la sua libertà. Cioè verso i due massimi valori dei tempi moderni. Nulla a che fare, come si capisce, con l'intrinseco antiindividualismo, con l'idea e l'immagine «pesanti» di organizzazione e di autorità che emanano, viceversa, dall'immagine della Germania; nulla a che fare con i dilemmi metafisici tanto spesso radicalmente eversivi, con la spiritualità austera e profonda della sua tradizione culturale. Senza contare il rapporto non certo semplice, e tanto meno limpido con la libertà e i suoi istituti che storicamente ha avuto la Germania.
Che cosa c'è di tedesco, insomma, al di là delle opportunità del mercato del lavoro e dello smagliante panorama urbano di Berlino, che possa conquistare l'immaginario di un giovane europeo del tempo presente? Che possa attrarre la fantasia delle masse europee, accenderne le speranze e i sogni? Ma senza queste cose nulla può nascere in politica. Senza queste cose tutto diventa soltanto burocrazia, convegni, «vertici» e tenuta in ordine dei conti. Tutto diventa, per l'appunto, l'Europa attuale, l'Europa tedesca, vuota e ripiegata su se stessa. Che quando la sera si addormenta, l'unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l'attende l'indomani.

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