Bello insomma, nella sua particolarità, che qualcuno definirebbe forse "stravaganza".
In realtà lo spazio dedicato alla ristorazione è solo una parte di quanto organizzato da tre giovanotti, non ancora 30enni credo, che nonostante la verde età hanno ben capito che stare lì ad aspettare la mano pubblica non è solo mortificante (ma a tanti piace...) ma è anche diventato inutile, perché il soccorso non arriva.
Così hanno preso in affitto uno enorme spazio a suo tempo sede di un lanificio industriale - da qui il nome - e lo hanno utilizzato in vari modi: uno spazio è dedicato all'organizzazione di feste, eventi, e anche discoteca il fine settimana (serve per fare cassa, mi ha spiegato Giulio, uno dei tre "manager"); un altro per mostre culturali di vario tipo; uno, veramente bellissimo, è stato dato in gestione ad una scuola di ballo (forse anche canto e/o recitazione ma potrei ricordare male) ed è veramente organizzato molto bene. I corsi, per fortuna, sono pieni, e la cosa mi ha fatto molto piacere. Anche il brunch è un grande successo. Sempre pieno e bisogna prenotare con un discreto anticipo.
In questa struttura collaborano diverse persone, a vario titolo, e in cinque anni, quando cioè l'avventura è partita, i sacrifici sono stati tanti e tuttora la strada è in salita. L'impegno di questi ragazzi è praticamente h 24, per curare tutto: promozione, organizzazione, realizzazione. Avere i soldi per iniziare è stato un problema grande. I famosi aiuti per l'imprenditoria giovanile, sia da parte dello Stato che dell'Europa, sono di difficilissimo accesso stante la burocrazia infinita di queste pratiche. Il credito bancario poi non ne parliamo: notoriamente le banche i soldi li danno a chi li ha già, o comunque in grado di prestare garanzie non so quante volte superiori al credito concesso.
Insomma, qualcosa alla fine è arrivato ma briciole a quello che occorreva. I ragazzi però, attingendo un po' a risparmi personali e familiari, un po' magari ottenendo qualche credito e fiducia da persone amiche che hanno creduto nella cosa, sono partiti lo stesso e ora la nave naviga orgogliosa, ancorché restino ancora molte cose, mi spiegava sempre Giulio, da migliorare e altre idee bollirebbero in pentola ma che attendono la liquidità necessaria per poter decollare.
Questa storia la racconto intanto per fare pubblicità a questo posto che veramente merita di essere visitato, poi perché sono rimasto ammirato dal coraggio e dall'iniziativa di questi giovanotti a cui auguro il pieno successo.
Certo non tutti possono essere dotati di questa intraprendenza, capacità e anche spirito di sacrificio (qui non ci sono le 8 ore, i permessi, le ferie, la domenica sacra e così via), però poi, quando queste persone riescono, non è nemmeno giusto chiedere sta grande "redistribuzione del reddito" non vi pare? Togliere a loro oltre il 50% di quello che forse un domani riusciranno a guadagnare, avendo rischiato in proprio e lavorato 18 ore al giorno per sette giorni, per beneficiare di servizi a basso costo quelli che si accontentano del posto fisso, magari part time, per avere più tempo per dedicarsi ad altre cose: famiglia, tempo libero, volontariato. Cose tutte degnissime, per carità. Ma si tratta di SCELTE, che dovrebbero avere dei costi che non credo sia giusto azzerare.
La vicenda del LANIFICIO (via di Pietralata 159, 06 4501384 - lanificiocucina@gmail.com) mi è venuta in mente anche leggendo l'articolo di Rizzo sul Corriere della Sera che rinnova l'annosa polemica sull'incredibile sottoutilizzazione dei fondi europei per lo sviluppo.
Riporto solo alcuni stralci del resoconto del giornalista:
Ricordava soprattutto l'«imbarazzo», Carlo Azeglio Ciampi.
Una sensazione sgradevole che provava quando a Bruxelles, da ministro del
Tesoro, si sentiva dire che fra i Paesi europei l'Italia era quello «più
indietro» nell'uso dei fondi comunitari. ..... Ciampi disse che
era arrivato il momento di voltare pagina, farla finita con le opere incompiute
e mettersi d'impegno per usare i soldi. Perché «ognuno è artefice del proprio
destino».
Parole che potrebbero essere state pronunciate oggi: in
questi dodici anni non è stato fatto neanche un piccolo passo avanti.
Va detto che quelli dell'Europa non sono gli unici denari a
giacere nei cassetti. L'Associazione dei costruttori, per esempio, si lamenta
che da agosto 2011 il Cipe ha stanziato 19 miliardi per le infrastrutture:
tuttora fermi. ........
La massa finanziaria destinata
all'Italia da Bruxelles per il periodo che va dal 2007 al 2013 è imponente: fra
finanziamento comunitario e contributo nazionale ben 59,4 miliardi di euro, di
cui ben 47 destinati al Sud. Ebbene, alla fine del 2010 soltanto un quinto di
quella somma enorme era stato già impegnato. In tutto 12 miliardi, il 18,9% del
totale. Ma i denari effettivamente spesi erano molti, ma molti meno: 5,9
miliardi, ovvero il 9%.
Sulle cause si è discusso a lungo. Spesso si
tira in ballo la scarsa (o scarsissima) capacità progettuale delle
amministrazioni locali o centrali. Ma non c'è dubbio che ci sia anche il
concorso dell'indolenza burocratica e di una certa miopia della politica.
La Corte dei Conti parla di «eccessiva
frammentazione degli interventi programmati e notevolissima presenza di
progetti non conclusi, pari al 35 per cento della spesa certificata»
Non
bastasse, i ricambi ai vertici delle strutture regionali seguiti alle vicende
politiche, «hanno di fatto rallentato la spesa compromettendo l'efficacia del
programma regionale» mentre il livello molto elevato di errori e irregolarità
«denota la carenza dei controlli e una generale scarsa affidabilità degli
stessi».
L'Ifel, il centro studi dell'Associazione dei Comuni,sottolinea
che gli interventi sono spesso troppo frammentati, con una generale
incomprensione fra gestione a programmazione, quando i fondi non vengono
utilizzati per progetti non strategici. L'Anci ha calcolato che i Comuni,
destinatari di una trentina di miliardi per il periodo 2007-2013, hanno messo
in cantiere qualcosa come 2.410 progetti distribuiti per 1.293 municipi. La
dimensione media è infinitesima: il valore del 43,5% delle iniziative non
supera 150 mila euro. Nella sola Calabria si sono mobilitati, sulla carta, 264
Comuni. La dimensione media è infinitesima: il 43,5% delle iniziative non
supera nemmeno 150 mila euro. E poi ci si stupisce che per il 40% dei progetti
non ci sia nemmeno una pagina scritta, né un segno sulla carta.
La conclusione , credo, è che questi fondi finiscano nelle mani sbagliate, di gente, la classe politica nazionale e locale, che saprebbe benissimo DISTRIBUIRLI, ma certo NON INVESTIRLI:
Che è quello che invece viene richiesto.
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