lunedì 16 luglio 2012

DOVE SONO OGGI QUELLI DE "INTERCETTATECI TUTTI !"??

Re Giorgio attacca le toghe
perché lo hanno intercettato

Ve li ricordate? Gli "indignados" ante litteram? Quelli contro la "LEGGE BAVAGLIO"? I dementi dello slogan "INTERCETTATECI TUTTI"?.
Adesso cosa diranno dopo l'attacco lancia in resta della più alta carica dello Stato contro la intercettazioni svolte dalla Procura di Palermo? Dal non avere ancora distrutto gli stralci di conversazione riguardanti una carica Istituzionale, come la legge prevede?
Cosa scriveranno Mauro e Scalfari su Repubblica? Napolitano è il loro Lume, e adesso come si fa a contraddirlo? A dire che la "verità" è al di sopra di tutto? delle leggi, della libertà degli individui, del diritto alla riservatezza? Perché mai il Presidente della Repubblica PRETENDE che le sue conversazioni con l'ex Ministro Mancino siano cancellate ? Ha per caso qualcosa da nascondere???
E si perché questa è la filosofia super etica degli eredi - in demenzialità - del popolo viola!
Chi non vuole far sapere le sue cose private, è una persona poco onesta, mentre LORO, non hanno mai nulla da nascondere . Mi piacerebbe intercettare questi giovanotti/e per una settimana. UNA SOLA. Sai le risate?
Il Prof. Francesco Pizzetti, costituzionalista e penultimo presidente della autorità di garanzia per la privacy durante un suo intervento alla presentazione del libro edito dall'Istituto Bruno Leoni, non a caso titolato "SUDDITI" , provocato da Oscar Giannino su cosa ne pensasse dello slogan del popolo viola, il citato e criticato  "intercettateci tutti", espressione del principio per il quale "Il cittadino per bene non ha nulla da nascondere", ha risposto: il cittadino NON deve essere controllato a priori, in quanto si PRESUME che sia un bravo cittadino. E ciò vale finché non si abbia motivo concreto (e non presunto!!) di credere il contrario.
"non è nemmeno un principio liberale" ha replicato a Giannino " ma semplicemente DEMOCRATICO".
NON HO NULLA DA NASCONDERE è la frase del perfetto cittadino educato dal Nazismo e dal Comunismo sovietico, coreano, cinese.
Lo Stato che ritiene di avere diritto al controllo della vita dei cittadini, e quindi per questo avere accesso a tutte le banche dati esistenti, predisporre intercettazioni a strascico, è piuttosto lontano dal modello non solo di uno stato di diritto ma proprio più generalmente democratico.
Quando la polemica all'epoca riguardò Berlusconi, Presidente del Consiglio, quindi carica istituzionale, e lo sputtanamento mediatico feroce a cui fu sottoposto con la pubblicazione delle intercettazioni sulle feste di Arcore , Napolitano tenne una posizione cerchiobottista. 
Disse che lo strumento delle intercettazioni era prezioso ma bisognava stare attenti a non esagerare. Insomma, una pacca sulle spalle e via andare.
Adesso invece sulla graticola c'è finito lui, e la cosa cambia. Fino ad attivare lo scontro istituzionale.
Viene scomodato Einaudi (di gran moda l'unico  presidente liberale della Repubblica Italiana, mi chiedo come mai ? Forse fu il migliore ?  ) , si citano le norme per le quali il Presidente ha ragione e la Procura ha torto.
Quest'ultima replica che "è tutto secondo le leggi". Stavolta vedremo caro Ingroia. Perché l'osso che hai provato a mordere, è più duro del precedente, e i dentini mi sa che ce li lasci. 
Intanto, niente appoggio dell'Associazione Nazionale dei Magistrati, in passato subito in prima linea per denunciare l'"attacco all'indipendenza e all'autonomia" dei Giudici.
E nemmeno dai partiti di governo. Ok, il PDL era scontato, ma anche il PD è a fianco del Presidente, per non parlare dell'UDC : ''doverosa e ineccepibile iniziativa del capo dello Stato, volta a restituire il giusto ordine dei poteri costituzionali della Repubblica'' sono le parole di Casini.
L'unico a fianco degli ex colleghi, il solito Di Pietro...
Una scontro del genere tra istituzioni io non me lo ricordo, e forse è l'occasione per far tornare certi magistrati nelle loro "caserme" da cui uscirono impropriamente 20 anni orsono. 
Ecco la notizia sul Corriere.it

«Conflitto fra poteri dello Stato»
Napolitano contro la procura di Palermo
Giorgio Napolitano contro i giudici di Palermo. Il presidente della Repubblica ha infatti firmato il decreto con cui affida all'Avvocatura dello Stato l'incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il Quirinale, in altri termini, va all'attacco della procura di Palermo, in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici Loris D'Ambrosio e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e mafia negli anni 90. Durante l'attività d'intercettazione ci sarebbero state anche un paio di telefonate fra Mancino e Napolitano, telefonate che avrebbero dovuto essere distrutte, provvedimento che il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha ancora disposto. A giudicare sul conflitto sarà la Corte costituzionale.
IL COMUNICATO - A spiegare le ragioni della decisione di Napolitano è lo stesso comunicato stampa in cui il Quirinale ne dà notizia: «Alla determinazione di sollevare il confitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo dovere del Presidente della Repubblica, secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi, evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce».

IL DECRETO - Il dispositivo con cui Napolitano dà mandato all'avvocatura dello Stato di sollevare il conflitto di attribuzione è stato pubblicato sul sito del Quirinale. È evidente che l'iniziativa del Colle punta ad evitare che le intercettazioni che coinvolgono il capo dello Stato, ancorché ritenute non rilevanti per i pm, finiscano agli atti del procedimento a disposizione delle parti. «La Procura, dopo aver preso cognizione delle conversazioni, le ha preliminarmente valutate sotto il profilo della rilevanza e intende ora mantenerle agli atti del procedimento perché esse siano dapprima sottoposte ai difensori delle parti ai fini del loro ascolto e successivamente, nel contraddittorio tra le parti stesse, sottoposte all'esame del giudice ai fini della loro acquisizione ove non manifestamente irrilevanti». Il che sarebbe, a giudizio del Colle, una violazione delle prerogative presidenziali: «Le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorché indirette od occasionali, sono invece da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione».

1 commento:

  1. La sensazione è che in questo "STRANO PAESE", falsamente democratico, tutto si può fare tranne che coinvolgere le istituzioni in indagini e responsabilità sui FATTACCI avvenuti a danno della comunità e culminati con la morte di generosi personaggi della magistratura.
    Questo è un pese ridicolo; anche il gradimento di napolitano è in forte discesa.

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