Beh devo dire che qualche commentatore stamane aveva mantenuto il sangue freddo, di fronte alla tempesta di ieri, con Borse e Spread disastrose dopo il discorso di Draghi che era sembrato , dopo le parole decise e positive della settimana precedente, uno che cercava di rinnovare il miracolo con le PAROLE laddove i mercati a quel punto pensavano ai FATTI.
Che questi mercati siano molto "nervosi" e facili ad agitarsi, mi pare ormai un dato consolidato. La riprova l'abbiamo con queste continue altalenanti saliscendi.
Giuseppe Turani era stato molto caustico oggi (Quotidiano.net) nel commentare la reazione un po' isterica dei mercati :
Bastano due parole per descrivere l’ultima settimana di
Mario Draghi. Giovedì scorso aveva dato l’impressione, a Londra, che la Bce
fosse ormai sul piede di guerra e pronta a tutto pur di salvare la moneta
unica. Per "pronta a tutto" i mercati avevano inteso un fiume di euro
che dalla Bce scendeva verso di loro (un po’ come fa la Fed con i dollari).
Ieri si è arrivati finalmente alla riunione del board della Bce. Si sono
sentite molte parole (l’euro è irreversibile), ma nessuno ha visto nemmeno un
euro.
E i mercati, a quel punto, si sono proprio girati, isterici,
e hanno cominciato a picchiare su tutto. Sembrava di sentire le urla delle sale
operative: "Ci hanno presi in giro". E giù a vendere: titoli
azionari, titoli obbligazionari, forse anche qualche scrivania. Tutto quello
che si poteva vendere è stato offerto. Un disastro epocale, appunto. Colpa di
Draghi? In parte. A Londra, in effetti, aveva sollevato speranze un po’
eccessive. La Bce non è la Fed (che ormai fa persino lo sconto fatture alle
imprese private) e forse non lo sarà mai. Troppe illusioni e niente fatti. Ma
colpa anche dei tedeschi, che hanno insistito fino all’ultimo nel ricordare che
Draghi è loro prigioniero.
E che non può fare quello che gli passa per la testa. Il risultato è che sui mercati si è creata
una situazione insostenibile, con i listini azionari che precipitano e gli
spread che volano. Allora l’Europa è finita, per colpa del combinato disposto
Draghi-Germania, in un vicolo cieco? Forse no. Gli esperti dicono che la
battaglia contro gli spread e contro i mercati non è mai stata roba di un
giorno (ieri) e nemmeno di una settimana. La guerra andrà avanti probabilmente
per tutta l’estate e anche fino alla fine dell’anno. Non è finita ieri (e non
era nemmeno cominciata ieri).
Probabilmente lo sanno anche gli operatori che ieri si sono
divertiti a mandare giù tutto. In America si dice "Don’t fight the
Fed". E qualcosa del genere accadrà anche in Europa. Non appena il forcone
a tre punte (Esfs-Esm-Bce) si metterà in movimento, quelli che ieri sono scesi
orgogliosamente a vendere qualsiasi cosa dovranno ricomprarsi tutto e
rintanarsi nei loro uffici.
Meno colorito, ma ugualmente possibilista nel ritenere che i mercati avrebbero avuto un "ripensamento" dopo la prima reazione da aspettativa delusa, Francesco Daveri , sull'editoriale del Corsera, che a sua volta scriveva :
Con i loro pesanti ribassi le Borse europee accusano il
presidente della Bce di non essere passato dalle parole ai fatti. Ma, in questo
caso, i mercati hanno torto. Draghi ha dato tutto quello che poteva dare,
salvaguardando l’autonomia della Banca centrale europea dati i vincoli politici
e istituzionali dell’Europa di oggi.
Dal Consiglio direttivo della Bce i più ottimisti si
aspettavano un taglio dei tassi di riferimento per i mercati finanziari. Ma
ormai il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale è allo 0,75 per
cento e quello sui depositi delle banche presso la Bce è stato azzerato. Il
rischio di insolvenza che incombe sul governo spagnolo e anche su quello
italiano non deriva quindi dai tassi della Bce ma dallo spread, dalla
differenza tra il tasso che pagano i governi dei Paesi a rischio per
finanziarsi e il tasso che paga il governo tedesco. Un altro taglio dei tassi
non avrebbe nemmeno scalfito lo spread. C’era anche la speranza che Draghi
annunciasse una riedizione del Securities market program dell’estate 2011
quando la Bce di Trichet si impegnò ad acquistare sul mercato secondario, e
quindi a sostenere, il valore di mercato dei titoli dei debiti spagnoli e
italiani.
Ma contro il rischio di insolvenza di un Paese a poco
servono programmi temporanei e di portata limitata, perché i programmi e gli
aiuti finiscono e la situazione torna quella di prima. D’altra parte, però, un
impegno illimitato della Bce a sostenere Spagna e Italia —auspicato dal Nobel
Paul Krugman e da altri autorevoli economisti in giro per il mondo— sarebbe in
contrasto con i trattati europei che vietano alla Bce di finanziare il deficit
pubblico dei Paesi europei sul mercato primario dei titoli pubblici. E poi un
supporto incondizionato della Bce ai governi farebbe sciogliere come neve sotto
il solleone di agosto i piani di rientro dal debito pubblico messi
faticosamente in cantiere nei vari Paesi europei sotto i colpi dello spread. È
il rischio dell’irresponsabilità politica di fronte alla crisi attuale che la
Bundesbank e una gran parte dell’opinione pubblica tedesca paventano quando si
oppongono ad allargare i piani di salvataggio nell’eurozona e a dare la licenza
bancaria al fondo salva Stati di domani. Dell’iniezione di fiducia che tanto
aveva infiammato i mercati dopo il 26 luglio, rimane il tanto o poco già
contenuto nelle parole di Draghi di ieri e di oggi. La Bce farà —in autonomia e
senza subire diktat dai governi—«whatever it takes», tutto quello che serve,
per preservare l’euro. Oggi è troppo poco per i mercati. Ma di fronte agli
ostinati veti di un’Europa politica che non riesce a trovare le ragioni
dell’unità nemmeno sull’orlo del precipizio, la flessibilità discrezionale
proposta da Draghi ha due vantaggi che mercati meno nervosi potrebbero
apprezzare. Prima di tutto, non vincolandosi a interventi specifici, il
presidente della Bce non chiude nessuna porta agli interventi di domani. E poi
ricorda alla politica una verità fondamentale: che la possibilità e la
richiesta dei salvataggi, con le loro conseguenze piacevoli e spiacevoli, non
stanno tanto alla Bce, ma ai governi e ai loro elettori.
Bene, sembrerebbe che i mercati abbiano "accolto" questo invito a "ripensarci" prima di quanto fosse pure auspicabile che accadesse, visto che oggi le borse hanno recuperato tutte le perdite di ieri e lo spread è calato di 40 punti. Il forte rimbalzo rappresenta una ritrovata fiducia nei
confronti di Mario Draghi. Come ha sottolineato un trader: «Dopo un più attento
esame delle parole del presidente Bce, il mercato ritiene forse di averle
interpretate in maniera troppo cruenta». Inoltre, dice un altro operatore,
l'allineamento dell'Olanda e di altri stati su «una politica di maggior tutela
dell'euro e dell'area euro» potrebbe aver dato ulteriore sostegno.
Le osservazioni sono tutte plausibili, anzi valide. Ma la penso come Turani....la guerra sarà lunga, gli interessi in gioco grandi e purtroppo non sempre concilianti.
Per cui reggersi forte, che le montagne russe continueranno.
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